Si discute di Mini-Bot e Ccf (Certificati di credito fiscali), strumenti finanziari per ridurre il debito e creare liquidità. Di fatto sarebbero una moneta alternativa all’euro e altro debito per lo stato. Esperimenti destinati a fallire come nei casi passati.
Nell’intento di escogitare soluzioni per ridurre più rapidamente e consistentemente il rapporto debito/Pil, il cui livello così elevato indebolisce la percezione internazionale del paese e ostacola il rafforzamento della ripresa economica, sorgono periodicamente proposte che illudono di poter magicamente accelerare un processo di per sé lungo e non semplice.
Cosa sono i mini-Bot
Rientra in tale ambito l’ipotetica emissione di cosiddetti mini-Bot, con la finalità, da un lato, di ridurre il debito pubblico e, dall’altro, favorire le imprese che vantano crediti verso la pubblica amministrazione e ridurre il carico fiscale. In realtà i dettagli tecnici non sono stati puntualmente descritti, per cui le interpretazioni che ne sono state date potrebbero non collimare perfettamente con le caratteristiche esatte dello strumento; almeno alcune, tuttavia, dovrebbero corrispondere a quanto emerso dal dibattito, altrimenti le finalità stesse della proposta verrebbero meno. Con questa doverosa premessa, analizziamone almeno le criticità più evidenti.
- I mini-Bot costituirebbero debito a tutti gli effetti. Ogni emissione di titoli pubblici rappresenta debito, indipendentemente dalla durata e dalle caratteristiche finanziarie. Tuttavia, si obietterà, viste le peculiarità dello strumento, difficilmente i mini-Bot potrebbero essere classificati come titoli: sarebbero emessi alla pari, non avrebbero scadenza, sarebbero al portatore in forma cartacea, in piccoli tagli con l’indicazione del loro valore. Queste caratteristiche li assimilano pienamente alle banconote, facendoli rientrare nella categoria “currency”, anch’essa una voce di debito.
- Rappresentando una moneta alternativa, si metterebbero immediatamente in contrasto col Sistema monetario europeo, di cui l’Italia fa parte, in violazione dell’art. 128 del Trattato dell’Unione Europea e dell’art. 10 del Regolamento CE/974/98: “…le banconote in euro sono le uniche aventi corso legale negli Stati membri partecipanti”.
- I mini-Bot potrebbero circolare solo in Italia e sarebbero utilizzati per pagare i fornitori della pubblica amministrazione. In questo modo, i fornitori non potrebbero impiegarli per regolare transazioni con controparti non italiane. Questo, al di là del valore nominale riportato sul titolo, ne farebbe ridurre notevolmente il valore effettivo, rendendo poco gradita questa forma di pagamento. Dovrebbero, allora, essere almeno accettati come moneta fiscale per il pagamento delle imposte; in tal caso, però, non solo lo stato aumenterebbe il suo debito finanziario per l’emissione dello strumento, ma vedrebbe altresì ridurre i propri introiti fiscali, che dovrebbero essere compensati da un maggior ricorso al mercato. Si determinerebbe quindi un effetto moltiplicatore del debito, in totale contrasto con l’obiettivo dichiarato.
La variante Ccf – Certificati di credito fiscali
Una variante di questa proposta sono i Ccf (Certificati di credito fiscali), che lo stato dovrebbe emettere per riceverli poi in pagamento delle imposte due anni dopo. Secondo i proponenti avrebbero un mercato, sarebbero negoziabili e potrebbero essere accettati in pagamento di normali transazioni commerciali, ma non rientrerebbero nel debito di Maastricht in quanto classificabili da Eurostat come “non payable deferred tax-assets”, cioè imposte non maturate e quindi praticamente inesistenti. Tuttavia, una volta emessi, esprimono un impegno dello stato a riconoscerne il valore e quindi si connotano come debito finanziario. Anche volendo ipoteticamente assimilarli ai debiti commerciali (che non rientrano nel debito di Maastricht), appena usati come mezzo di pagamento diventerebbero debito finanziario, così come accade quando un debito commerciale viene ceduto in banca per essere almeno in parte monetizzato. Inoltre, se, come sembra nelle intenzioni dei loro fautori, fossero elargiti in pagamento aggiuntivo a dipendenti pubblici o utilizzati per pagare maggiori investimenti pubblici al fine di accrescere la domanda interna, il loro controvalore aumenterebbe all’istante anche il deficit. Infatti Eurostat registra per competenza economica i flussi delle transazioni ai valori e nel momento in cui queste si perfezionano, anche se non si verifica l’effettivo scambio monetario. Quindi sarebbe addirittura il deficit annuo a innalzarsi in misura corrispondente. Ove, invece, non finanziassero spese aggiuntive, la riduzione di entrate fiscali si registrerebbe immancabilmente due anni dopo. Peraltro, come nel caso dei mini-Bot, essendo nella sostanza mezzi di pagamento, è altamente probabile che Eurostat li classificherebbe come moneta e si replicherebbero tutte criticità già evidenziate per i mini-Bot.
Fallimenti internazionali
Per concludere, non si può non rilevare che le rare esperienze internazionali di misure del genere qui considerato si sono rivelate dei fallimenti (Germania del 1933, Argentina, California), mentre i casi di mera, esplicita doppia circolazione di moneta sono relegati a paesi caratterizzati da sottosviluppo e/o carenza di democrazia.
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Mario Angli
L’esperimento tedesco del 33 è stato tutt’altro che un fallimento dal punto di vista economico, visto il rimbalzo dell’economia tedesca, piena occupazione, tassi di crescita elevatissimi. Se quello è un ”fallimento” allora c’è da dubitare fortemente delle conclusioni dell’articolo e delle critiche a riguardo, visto che dati alla mano comparati non sostengono tale argomento. Saluti.
Luca Morandini
il “rimbalzo” ha si’ permesso di riassorbire la disoccupazione, ma al prezzo di militarizzare l’economia, con controllo dei prezzi, congelamento dei salari, stretto controllo sulle importazioni, ed imposizone di prodotti autarchici. In pratica il tedesco della strada aveva si un lavoro, ma i suoi risparmi non potevano essere spesi perche’ c’era poco da comprare in quanto la produzione era stata riorientata al riarmo (pero’ gli era imposto di prestare soldi allo stato, con titoli -come quello per l’acquisto delle Volkswagen- che sono poi diventati carta straccia). In quanto ai MEFO, essi erano dei “paghero”” che sono stati rimborsati solo nel ’38 (in precedenza rinnovati forzosamente), aprendo un “buco” considerevole nelle finanze del Reich, buco che fu ridotto grazie all’invasione dell’Austria e della Cecoslovacchia, e al saccheggio delle loro banche centrali. Se la Germania non avesse scatenatto la II Guerra Mondiale, la sua economia di carta basata sui MEFO sarebbe implosa, lasciando i tedeschi peggio di prima, ma con tanti bei carri armati e le autostrade per farli circolare. Per approfondire; Adam Tooze “Il prezzo dello sterminio”.
Mario Angli
Il progetto originale dei MEFO di Schacht prevedeva comunque un ruolo di temporaneità e quindi scomparsa dalla circolazione. Hitler poi esautorò Schacht e ne fece usi personali. Tutto ciò che hai menzionato può anche essere vero, ma non cancella il fatto che MEFO, al contrario di quanto sostenuto dall’articolo, funzionarono; che poi siano stati ”coperti” con invasione e saccheggio è un altro discorso. In ogni caso, meglio delle ricette di austerità di SPD e CDU del tempo, che distrussero l’economia tedesca causando appunto l’avvento del nazismo: pensi che il lavoratore tedesco preferisse essere disoccupato e sul lastrico, o occupato e senza risparmi? Le ricette ”tradizionali” li avevano ridotti alla disperazione. Cosa che vorrebbe fare tra l’altro Cottarelli, magari con gli stessi risultati dal punto di vista della tensione sociale. Ovviamente tutta colpa degli italiani sfaticati che non vogliono fare i sacrifici. Come non imparare assolutamente nulla dalla storia.
Luca Morandini
Le politiche economiche vanno giudicate nella loro interezza, non solo dai loro effetti iniziali, altirmenti anche l’Antonianus di Caracalla puo’ sembrare una buona idea. I MeFo “funzionarono” per alcuni anni, ma nel ’38 il deficit da essi mascherato esplose comunque (i tedeschi avevano cominciato a subodorare il “bluff” di pezzi di carta emessi da una societ’a fantasma) e avrebbe portato alla bancarotta, o meglio, ad una inflazione galoppante, Di fatto, la quantita’ di ReichsMark in circolazione negli ultimi nove mesi del ’38 aumento’ da 5.278, a 8.223 milioni, e solo la guerra salvo’ l’economia tedesca da una crisi iper-inflattiva analoga a quella del ’23 (Schacht oso’ dirlo ad Hilter, e per questo venne licenziato). Nonostante la loro ingegnosita’, alla fine i MeFo si riverlano per quellio che erano: debito statale da rimborsarsi stampando banconote.
shadok
Cioè, sul serio qualcuno propone quello dei mefo come un caso di studio di successo?!? Considerando che sono stati introdotti nel 1934 e dopo 5 anni la Germania è entrata in un conflitto che l’ha portata alla rovina… se pensiamo di trasporre questo virtuoso esempio in Italia nel 2023 chi invadiamo, san Marino o il vaticano?
Stefano Sylos Labini
Per prima cosa la Cannata dice il falso quando afferma che in Germania nel 1933 la moneta fiscale si rivelò un fallimento: un’ignoranza mostruosa. Poi è sbagliato quando dice che “non rientrerebbero nel debito di Maastricht in quanto classificabili da Eurostat come “non payable deferred tax-assets”, cioè imposte non maturate e quindi praticamente inesistenti”: si tratta di un impegno che non implica un trasferimento di denaro alla scadenza e cioè i CCF non sono rimborsabili in euro. Per questo non vanno conteggiati come debito finanziario all’emissione secondo le regole Eurostat. Comunque tra breve risponderemo in modo più articolato.
Federico Cattaneo
Credo (mia personalissima opinione) che sul successo del progetto MEFO si vada coi piedi di piombo perché legato ad un’economia che per ripartire punto alla grandissima sull’industria bellica.
Andrea
L’industria militare rientra mica nelle odierne “infrastrutture”?
Paolo Bianco
sono interessato alla questione storica. in quasi tutti i siti del web l’esperienza delle MEFO della germania nazista viene raccontata come un grande successo (ed anzi la base su cui si fondò la ritrovata potenza tedesca e permise a hitler il consolidamento del proprio potere). qui la si liquida sbrigativamente come un fallimento, vorrei capirne di più (i dati sull’azzeramento sostanziale dei disoccupati nella germania di quegli anni paiono assodati).
se possibile, grazie.
Maurizio Bertini
Grande successo? Perfino in , voce criticata internamente perché nettamente apologetica, leggo tra le misure:
– l’inconvertibilità della moneta nazionale sui mercati valutari (poi mi spiega come comprare la benzina o perfino il biglietto di Ryanair – mi ricordo dei tempi in cui si potevano cambiare max. 400.000 lire all’anno e non li rimpiango per niente),
– la produzione autarchica di beni di consumo (dove sono gli smartphone made in Italy e quanto costerebbero?)
– l’obbligatorietà per tutti i giovani in età scolare di due mesi estivi di lavoro non retribuito (sento già le urla di gioia dei quindicenni italiani)
– l’abolizione del diritto di sciopero, compensato con l’impossibilità di licenziamento dei lavoratori (chissà cosa dirà il mio amico, dirigente di una stazione dei vigili urbani, che già adesso dice “Qui da me un quarto dei vigili non fa un c**** e io non posso farci niente.”
Ammetto che mandare in campi di concentramento zingari, ebrei, avversari politici ecc. aiuta a ridurre il numero di potenziali lavoratori e quindi di disoccupati. È questo il “grande successo” che vuole?
Maurizio Bertini
Vedo che il nome dell’articolo non appare. Cerchi “Metallurgische Forschungsgesellschaft” in Wikipedia e lo legga, in particolare le misure adottate.
Giuseppe Floris
Vabbè, articolo scritto da colei che faceva parte del sistema. Perché non ci parla un po’ fei derivati in pancia allo ststo?
Fabrizio
Articolo molto interessante, complimenti. Non mi è chiaro solamente, all’interno del punto 3, il passaggio in cui si parla di “effetto moltiplicatore del debito”: se l’Amministrazione Pubblica spende oggi 120 a fronte di un introito fiscale di 100, finanziando la differenza di 20 in mini-BOT, chiude l’esercizio con un debito pari a 20 (cioè l’emissione di mini-BOT). Assumendo che, allo stesso modo, nel periodo successivo l’AP spendesse 100 a fronte di un introito fiscale di 120 (accettando i 20 mini-BOT come mezzo di pagamento), lo stato patrimoniale dell’AP risulterebbe chiuso finanziando la spesa per il valore di 80 in moneta circolante (euro) e per il valore di 40 in mini-BOT, avendo chiuso l’esercizio con una perdita di 20 che, sommata alla precedente, restituirebbe un debito di 40. In questo senso, l’emissione di mini-BOT mi sembrerebbe apparire come del tutto analoga al finanziamento del deficit ricorrendo al debito ordinario, e pertanto non riesco a comprendere come dovrebbe agire “l’effetto moltiplicatore del debito”. La ringrazio anticipatamente per la risposta, e le rinnovo i complimenti per l’articolo!
Michele
Pie illusioni. Non esistono scorciatoie alla riduzione del debito pubblico per vie fisiologiche, grazie cioè a surplus di bilancio e/o una crescita del GDP superiore al costo medio del debito. Anche la vendita di asset ormai è una strada che non porta lontano. Queste misure così come la flat tax, l’uscita dall’euro, due valute in contemporanea etc fanno tutte parte di un certo avventurismo molto di moda di questi tempi. Improvvisati economisti da talk show ne parlano senza rendersi conto che giocano con la vita altrui. Certamente però neanche i competenti ed esperti che li hanno preceduti al governo negli ultimi 25 anni hanno saputo fare meglio, anzi sono proprio loro la causa dei problemi più difficili
Marco Cattaneo
Da parte di: Biagio Bossone / Marco Cattaneo / Massimo Costa / Stefano Sylos Labini (il “Gruppo della Moneta Fiscale)
In questo link https://bastaconleurocrisi.blogspot.it/2018/05/ccf-moneta-fiscale-risposta-allarticolo.html le nostre risposte a quanto affermato nell’articolo con riferimento al progetto CCF.
Federico Cattaneo
Risposta interessante su molti punti, posso solo chiedervi, dato che ad uno dei punti ovviamente dite che “sarebbero emessi solo a chi li accetterebbe”, e ovviamente avrebbero portata minore (a livello sia di volumi che di valore) del programma MEFO: quanto stimate (in linea di massima, chiaramente) potrebbe impattare questa misura nel breve periodo?
Siamo tutti interessati a proposte alternative di cui discutere seriamente, mi preoccupa solo il fatto che si rischi di “sperare” in una crescita in un outlook biennale, senza che la misura sia altresì impattante come desiderato. Complimenti per la proposta.
Maurizio Cocucci
Analisi impeccabile che non esprime interpretazioni oppure opinioni personalì bensì fa riferimento a regole contabili universalmente utilizzate, ad esempio: “Eurostat registra per competenza economica i flussi delle transazioni ai valori e nel momento in cui queste si perfezionano, anche se non si verifica l’effettivo scambio monetario.”. O si è in grado di smentire questa affermazione oppure soluzioni di questo genere non si discosterebbero dall’emissione e consegna diretta di titoli di Stato “zero coupon” e prezzo di collocamento pari al nominale, ergo a zero rendimento.
Per quanto riguarda l’esperienza dei MEFO del 1933 (e anni seguenti) da un lato è vero che hanno visto seguire un esito positivo dal lato dell’economia e dell’occupazione, ma occorre considerare il contesto ed in particolare tutto ciò in termini di leggi e divieti che hanno ruotato attorno e che nel caso dei CCF non sarebbe minimamente possibile anche solo proporlo. Ovvero a diversi (e di molto) contesti il risultato sarebbe con ogni probabilità ben differente.
Biagio Bossone
Gentile Maurizio Cocucci, lo ripetiamo:
i CCF non soltanto non prevedono scambi monetari ma neppure i “flussi di transazioni” cui si riferisce il passaggio da lei richiamato.
E’ per questo che, in quanto Deferred Tax Credits, Eurostat stabilisce che i CCF emessi non vadano iscritti in bilancio se non quando maturano i diritti in essi incorporati (il che, in base alla proposta, avviene a partire dai due anni successivi all’emissione). Di essi si terrà conto soltanto nelle Note al bilancio. Per quanto riguarda le previsioni di bilancio, alle riduzioni di entrate dovute all’escussione dei titoli dovranno essere algebricamente sommate le maggiori entrate corrispondenti alla crescita del PIL resa possibile dalla maggiore spesa. Laddove, ex post, le maggiori entrate non risultassero sufficienti (e il deficit superasse l’obiettivo del Fiscal Compact) scatterebbero le misure di salvaguardia. La manovra è priva di rischi? No di certo. Ma in alternativa cosa facciamo: continuiamo ad accettare un’economia bloccata da un debito enorme, che non dispone di alcuna leva macroeconomica e che cresce soltanto se trainata dagli altri paesi e sino a quando la BCE le dà ossigeno? Forse le critiche (sempre legittime) andrebbero finalmente accompagnate da qualche proposta costruttiva. OK, non le piace la moneta fiscale, seppure le obiezioni sollevate si dimostrano infondate (v. link di M. Cattaneo). Ma cos’altro propone: le solite lacrime e sangue oggi e domani ancora altre? Con quali prospettive?
Maurizio Cocucci
Prendo atto della sua precisazione ma a mia volta faccio presente che il mio riferimento era relativo alla seconda parte riportatata dall’autrice, ovvero nel caso questi CCF fossero utilizzati per pagare stipendi e/o maggiori investimenti pubblici. Ma al di là delle definizioni tecniche e attribuzioni statistiche io colgo l’invito a focalizzare l’attenzione sulla utilità di tale proposta, ovvero se davvero può sostenere l’economia. Io ritengo che proposte di questo genere possano dare uno slancio solo in un primo momento per poi attenuarsi e che contestualmente aggravino, sempre nel medio e lungo periodo, il peso del debito in quanto il debito che prima o poi verrebbe a generarsi aumenterebbe più della ricchezza prodotta. Bisogna quindi orientarsi su soluzioni più incisive perché l’economia è come una automobile che è rimasta ferma. Se è dovuto alla batteria scarica ma tutto il resto è efficiente basta una spinta e una volta in moto prosegue. Se però le manca la benzina la si può spingere quanto si vuole ma una volta cessata l’azione di forza questa proseguirà per un po’ per inerzia per poi fermarsi di nuovo. La benzina è la domanda privata, sia da parte delle famiglie che delle imprese (investimenti) e dal lato del settore pubblico gli investimenti. Questa è andata via via attenuandosi per il progressivo aumento della pressione fiscale effettiva che supera metà del reddito (PIL) se teniamo conto che il PIL stesso stimato dall’Istat include un 14% di attività sommersa.
Stefano Sylos Labini
Visto l’interesse sulle cambiali MEFO che funzionarono come una moneta parallela al marco a circolazione interna ed alcune opinioni un po’ confuse segnalo quanto scrisse John Kenneth Galbraith sui risultati ottenuti dalla Germania: “…L’eliminazione della disoccupazione in Germania durante la Grande Depressione, senza produrre inflazione – e facendo inizialmente affidamento sulle sole attività civili – fu una conquista straordinaria. E’ stata raramente encomiata e non molto sottolineata. L’idea che da Hitler non potesse venire niente di buono si estende alle sue politiche economiche, così come, più plausibilmente, ad ogni altra cosa”.
La politica economica del regime hitleriano, prosegue Galbraith, comprendeva “prestiti su larga scala per la spesa pubblica, all’inizio principalmente per opere civili: ferrovie, canali e le Autobahnen [la rete autostradale]. Il risultato fu un attacco alla disoccupazione che si rivelò molto più efficace che in qualsiasi altro paese industrializzato”. [1]
“Alla fine del 1935”, scrive ancora Galbraith, “la disoccupazione in Germania non esisteva più. Nel 1936 gli alti profitti facevano già salire i prezzi o rendevano possibile alzarli… Alla fine degli anni ’30, la Germania era un paese a piena occupazione e con prezzi stabili. Si trattò, nel mondo industrializzato, di un risultato assolutamente unico”. [2]
La Moneta Fiscale ci può dare il modo di recuperare capacità di intervento senza uscire dall’euro e senza violare le regole dell’eurozona. E il nostro riferimento è proprio la politica economica della Germania nazista. Tranquilli, non vogliamo fare la guerra.
1. J. K. Galbraith, Money (Boston: 1975), pp. 225-226.
2. J. K. Galbraith, The Age of Uncertainty (1977), pp. 214.
Luca Morandini
Sarebbe il caso di aggiornare la sua biblioteca sull’argomento, magari con la pregevole opera di Adam Tooze. L’analisi di Galbraith di quattro decadi fa e’ stata ampiamente superata nel dibattito sull’economia nazista.
Francesco Chini
Mi scusi ma guardi che qui non si sta parlando dell’ “economia nazista” in senso ampio, ma semplicemente di come la Germania riusci allora a “superare” dei vincoli di tipo meramente contabile imposti con il Trattato di Versailles attraverso l’emissione di uno strumento monetario “ad hoc” ossia i MEFO i quali presentano importanti analogie con la “Moneta Fiscale”. E, a questo proposito, penso sia utile citare cosa affermò, in merito a tale meccanismo (dei MEFO cioè), lo stesso John Maynard Keynes il quale scrisse che «il fatto, che tale metodo sia stato usato a servizio del male, non deve impedirci di vedere il vantaggio tecnico che offrirebbe al servizio di una buona causa».
Luca Morandini
Guardi, se si dara’ la pena di leggere gli altri miei interventi, vedra’ che io mi riferisco proprio ai limiti economic dei MeFo, non ai regime di cui furono strumento. E, per favore, lasciamo perdere vecchie citazioni da Keynes e Galbraith, e riferiamoci invece all stato dell’arte del dibattito storico (Tooze, ma non solo).
Marcomassimo
Credo che la gravità della situazione politica ed economica sfugga ai più: siamo in guerra e in tempi di guerra si dona la Patria prima che la Patria collassi; non si tratta di donare le fedi nuziali ma parte dei patrimoni di cui comunque gli italiani sono ricchi; il prestito forzoso è l’unica soluzione.
Stefano Sylos Labini
Visto che con i ragionamenti, con la razionalità, con la discussione non si va da nessuna parte allora è bene ricordare quello che disse Schaeuble durante la crisi greca: Greece may have to invent a ‘parallel currency’. E se l’ha detto Schaeuble allora la moneta parallela si può fare. Inoltre i CCF – oltre a rispettare le regole europee come abbiamo inutilmente cercato di spiegare – sono molto più sicuri degli Iou che devono essere rimborsati in euro alla scadenza: lo Stato potrebbe non avere gli euro in cassa mentre i CCF sono sconti fiscali e arriverà sempre il giorno in cui bisognerà pagare le tasse. Capisco che nel caso della Grecia la “moneta parallela” era concepita con l’obiettivo di buttarla fuori dall’euro, mentre nel caso dell’Italia nessuno vuole l’exit perché ciò porterebbe alla disintegrazione dell’euro e quindi a una crisi finanziaria planetaria. Ma noi abbiamo pensato alla moneta fiscale non per uscire dall’euro ma per dare uno stimolo forte e duraturo alla ripresa dell’economia italiana evitando di chiedere soldi sui mercati.
http://uk.businessinsider.com/german-finance-minister-says-greece-may-have-to-invent-a-parallel-currency-2015-5?IR=T
Alberto
Mah! Con tutto il rispetto chi è stato coartefice della vicenda dei derivati Morgan Stanley che ci sono costati oltre 4 miliardi di euro dovrebbe essere un pò piu cauta e documentata. I MEFO e la politica finanziaria economica di Schacht furono un indubbio successo economico/politico sotto tutti i punti di vista che consentirono anche l’approvigionamento di materie prime estere nonostante l’isolamento tedesco. Non vedo il nesso con campi di concentramento deportazioni etc, non mi pare che nessuno mai parli della FED e citi Guantanamo, i milioni di morti in Vietnam etc,. Se si vuol dire che il successo dei MEFO è dovuto oltre alla genialità di chi li invento anche alla particolarità del popolo germanico e della situazione politica del 1933 allora si può discutere, ma questo è un concetto che va applicato a tutte le situazioni infatti ad esempio qualcuno pensa che nel 2018 il Gold standard possa essere un sistema attuale?
Davide Mastrocola
Il principale tra i tanti problemi che affliggono l’Italia, Europa o non Europa, è il debito pubblico. Io credo che si debbano prendere in considerazione tutte le possibili alternative utili a rinegoziare il debito pubblico con gli obiettivi di: 1) liberare risorse per abbassare la pressione fiscale e ridare competitività alla nostra economia; 2) riportare il debito (e i connessi interessi) in mani italiane; 3) rispettare gli impegni europei. Soluzioni quali i voucher fiscali – emessi per rimborsare oggi una quota significativa del debito e spalmarla su un orizzonte di 20/30 anni – possono rappresentare la via più corretta ed equa per l’Italia. Corretta perchè garantirebbe il rispetto degli impegni presi dallo Stato nell’alveo delle regole nazionali e internazionali, equa perchè chiamerebbe i risparmiatori italiani di oggi a dare una mano al paese di domani. Non è infatti giusto che l’onere del servizio del debito – di cui hanno indiscriminatamente goduto solo alcune classi di italiani – ricada sulle future generazioni. L’Europa ci aiuterà.
Alessandro Caneve
Dall’articolo sembra trasparire l’idea che i mini-bot equivarrebbero, sostanzialmente, a creazione di nuovo debito. Ritengo che questa visione sia errata. Nella loro essenza economica, i debiti della pubblica amministrazione nei confronti di soggetti privati sono gia’ debito pubblico, anche se non figurano formalmente nei famosi “duemilatrecento miliardi” secondo le classificazioni europee. I debiti, quindi, sono gia’ in essere, e finanziari, e muterebbero solamente forma – si tratta essenzialmente di una cartolarizzazione.
Ecco quindi che al punto 3 appare una contraddizione: non solo lo stato starebbe emettendo nuovo debito, ma vedrebbe ridurre altresi’ i propri introiti futuri. Questo e’ vero solo se si assume o, erroneamente, che i debiti stiano aumentando, o (peggio) che la pubblica amministrazione dovrebbe continuare a non pagare i debiti in essere per permettere maggiori entrate monetarie in futuro. La fallacita’ di questa logica e’ evidente se si considera che, dai punti espressi nell’articolo, allungando i tempi di pagamento della pubblica amministrazione (con una similitudine presa a prestito dalla finanza aziendale) lo Stato “aumenterebbe gli introiti”, nel gergo dell’articolo, e “potrebbe ridurre il debito pubblico” (anche qui, solo quello in forma di titoli quotati!). Personalmente non vedo come una cartolarizzazione del genere possa avere una criticita’ come quella del punto 3. Infine, se non avesse corso forzoso, potrebbe veramente essere considerata moneta?
Davide
@Alberto
ESATTO.
Flavio Pressacco
Azzeccato il commento di federico cattaneo 28/5. Vi sono variabili più esplicative di altre!!
Stefano Sylos Labini
L’impegno a ridurre le tasse nel futuro attraverso gli sconti fiscali a scadenza di due anni non rimborsabili in euro può essere considerato al massimo come debito implicito. Il debito implicito è l’insieme degli impegni futuri, in valore attuale e a legislazione vigente, presi dallo Stato in termini di prestazioni pensionistiche, sociali e sanitarie al netto dei contributi. Dunque il debito implicito è quello che avremo in futuro e non viene contabilizzato come debito pubblico che è il debito esplicito ereditato dal passato. Se gli impegni di spesa futuri per le pensioni venissero conteggiati, il valore medio del debito nell’eurozona sarebbe 266 % del Pil, con punte del 592 per la Spagna e del 291 per la Francia. La Germania è al 149%, mentre, l’Italia avrebbe il 57%. Ma se la crescita riparte tutto cambierebbe in meglio.
http://www.lastampa.it/2017/01/16/economia/perch-litalia-vuole-parlare-del-debito-pubblico-implicito-per-riscrivere-la-classifica-dei-conti-in-europa-H4V77ylXkR0EjH3yCuhNcN/pagina.html
Andrea Griseri
Un articolo che esprime solo un disperato attaccamento alle regole ordoliberiste. Oggi in tempi di coronavirus con un’Europa che è tutto fuorché una vera Unione ( ci vorrebbe un secondo congresso di Vienna e un nuovo Metternich per ridare un assetto a un continente che rischia di scivolare nell’anarchia ) l’unica soluzione per fare pressioni sugli altri attori da parte dei paesi del Sud è proprio seguire la recentissima proposta di Galbraith: moneta parallela sotto forma di CCF