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Ma i tedeschi non sono masochisti

Lo schema di mutualizzazione del debito è un meccanismo finanziario inutilmente complicato, poco trasparente e a tratti immotivato, che comporta una gigantesca assunzione di oneri e rischi da parte dei tedeschi. Come tale, non ha alcuna possibilità di essere realizzato. Ed è meglio così per tutti.

In questo articolo espongo i miei commenti alla proposta presentata  nell’articolo precedente. Sosterrò che  il piano comporta enormi costi per il contribuente tedesco, a fronte di vantaggi molto incerti. È semplicemente irrealistico pensare che qualsiasi politico tedesco che non abbia tendenze auto-lesionistiche  possa sostenerlo.

Per fissare le idee farò l’ipotesi semplificatrice  che il debito pubblico tedesco sia perfettamente privo di rischi, e paghi quindi  il tasso di interesse ”risk-free”, diciamo l’uno per cento. Il tasso di interesse pagato dall’Italia è invece il 3 percento, e incorpora (con alcune semplificazioni) un rischio di default del 2 percento all’anno. Sempre per dare un’idea delle grandezze,  ricordiamo che il debito pubblico italiano è attualmente pari a circa 2.300 miliardi.  Per fare cifra tonda e facilitare i calcoli, assumerò che sia di 2000 miliardi.

È anche utile dividere la proposta in tre fasi. Nella fase 1 (primi dieci anni), il debito italiano che scade viene sostituito  con debito garantito dall’MSE contro pagamento di un premio assicurativo da parte dell’Italia.. Se  per semplicità si assume che ogni anno scadano esattamente 200 miliardi, tra dieci  anni  tutto il debito italiano oggi esistente  sarà garantito. La fase 2 inizia nell’anno 11. Ora il debito garantito in scadenza viene progressivamente sostituito da Eurobond, cioè da debito mutualizzato.  Assumendo che il debito garantito emesso dall’EMS nella fase 1 abbia anch’esso scadenza decennale, nell’anno 20 tutto il debito dei paesi dell’Eurozona sarà costituito da Eurbond. La fase 3 inizia nell’anno 21. Ora tutto il debito esistente è nella forma di Eurobond, e l’Italia cessa di pagare premi assicurativi su debito garantito.  

Dietro l’MSE c’è la Germania

In questa proposta l’MSE gioca un ruolo molto importante. È fondamentale però comprendere che dietro l’MSE ci sono i paesi dell’Eurozona, che per semplicità qui assumiamo essere solo due, Italia e Germania: il capitale dell’MSE è versato dai contribuenti italiani e tedeschi (in proporzione al Pil del paese, quindi 3/8 e 5/8 rispettivamente), che in ultima analisi ottengono i  guadagni dell’MSE e ne sopportano le perdite. Lo stesso vale per la BCE.

Con questa premessa, il   piano di mutualizzazione è chiaramente nient’altro che  un meccanismo per cui la Germania assicura il debito italiano dal rischio di default. Perché la Germania dovrebbe volerlo fare? Perché un default italiano comporta dei costi anche per la  Germania, per esempio a causa degli sconvolgimenti dei mercati finanziari o a causa della uscita dell’Italia dall’euro che ne conseguirebbe.

L’MSE assicura l’Italia a un prezzo “fair”, cioè il premio richiesto da un  assicuratore “neutrale al rischio”: poiché l’Italia ha una probabilità di default del 2 percento, approssimativamente il prezzo dell’assicurazione è di 2 centesimi per ogni euro di debito assicurato. Se il contribuente tedesco fosse neutrale al rischio, a questo prezzo sarebbe già disposto ad assicurare il debito italiano. In più, l’assicurazione elimina la possibilità di default italiano con i costi di sconvolgimento finanziario ad essa associato, quindi questo è un ulteriore motivo per il contribuente tedesco di aderire a questo piano.

Un pessimo affare per il contribuente tedesco

Poiché come abbiamo ipotizzato ogni anno l’Italia emette debito per 200 miliardi in sostituzione di quello che scade, e la probabilità di default  il 2 percento, l’Italia paga un premio assicurativo di 4 miliardi (il 2 percento  di 200 miliardi) il primo anno. Nel secondo anno l’MSE garantisce altri  200 miliardi di debito italiano e l’Italia paga 8 miliardi di premi, e meno se si dovesse ridurre il rischio di default. In compenso il tasso di interesse pagato dall’Italia si riduce all’1 percento,  l’Italia risparmia 4 miliardi di interessi il primo anno, 8 miliardi il secondo e così via.  In più  ha messo in sicurezza il proprio debito.

Fin qui, sembrerebbe un accordo dal quale tutti guadagnano. Nella realtà, la Germania non vorrà mai partecipare.  Ecco perché

  1. Il premio assicurativo pagato dall’Italia viene incassato dall’MSE, non dalla Germania. Quest’ultima sopporta tutti i costi di un default italiano, ma riceve solo i 5/8 dei premi assicurativi pagati dall’Italia, perché possiede solo i 5/8 dell’MSE. Un assicuratore neutrale al rischio assicurerebbe l’Italia se ricevesse tutto il premio, non 5/8 del premio.
  2. Per il punto 7 della proposta, ogni anno l’MSE emette debito pari ai premi ricevuti dall’Italia, e investe il ricavato in infrastrutture in Italia. Di conseguenza, oltre a ricevere, come abbiamo visto, solo i 5/8 del premio che dovrebbe ricevere per assicurare il debito italiano, il contribuente tedesco è quindi chiamato anche a garantire i 5/8 degli investimenti dell’MSE in Italia.
  3. Ma c’è di più. Default sul debito e sulla spesa per investimenti non sono indipendenti. Se l’Italia fa default sul proprio debito, quasi certamente farebbe default anche sulla propria quota di 3/8 per ripagare il debito emesso dall’MSE per pagare investimenti in Italia. In caso di default italiano il contribuente tedesco incassa sì tutti i premi finora pagati dall’Italia (punto 4 della proposta), ma li perde subito per ripagare il debito per infrastrutture non pagato dall’Italia. La Germania sta quindi assicurando l’Italia contro il rischio di default gratis!
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Tre ipotesi mooolto irrealistiche: la Germania ha “tasche profonde”……

Ma vi sono altri  motivi per cui la  Germania non vorrà partecipare.  Per comprenderli, è necessario partire dalle tre assunzioni implicite nello schema. La prima è che la Germania abbia “tasche profonde”. Questo significa che,  nell’ipotesi pur remota che l’Italia dovesse fare default su tutti i 2000 miliardi di debito che ha assicurato alla fine della fase 1,  la  Germania deve essere in grado di  ripagare i detentori di titoli di debito italiano. È in virtù di questa ipotesi che alla fine della fase 1 il tasso d’interesse su tutto il  debito italiano sarà  quello “risk free” pagato dalla Germania. Tuttavia, la Germania è grande e potente, ma – e dovrebbe essere ovvio –  non ha tasche così profonde. Alla base c’è un equivoco di fondo sul ruolo dell’assicurazione tra paesi.

Normalmente, un assicuratore che vende polizze  auto si basa sulla legge dei grandi numeri. Se la probabilità che un individuo abbia un incidente in un anno è del 5 percento, su un milione di assicurati il numero effettivo di incidenti non sarà mai molto distante da 50.000 ogni anno. Se ogni incidente costa 1000 euro, l’assicuratore dovrà sborsare circa 50 milioni all’anno. Se il  premio assicurativo è di  50 euro,  incasserà 50 milioni di premi ogni anno, e quindi è in pari.   Se un anno gli incidenti effettivi sono 51.000 invece di 50.000, con un piccolo capitale di 1 milione l’assicuratore potrà pagare i 1.000 incidenti in più rispetto ai 50.000 attesi.

Ma nel caso di un assicuratore che vende una polizza contro un rischio enorme di una singola entità, come è il default su 2000 miliardi di debito italiano, questo ragionamento non si applica. Anche se il rischio ogni anno è minimo, quell’unica volta che si realizza l’assicuratore è chiamato a sborsare una somma enorme, molto maggiore del suo capitale. Nemmeno la  Germania può  permettersi questa cifra, né economicamente né politicamente di fronte ai propri elettori. La garanzia che la Germania offre attraverso l’MSE non ha dunque valore.

….. il contribuente tedesco è indifferente al rischio …

 La seconda assunzione irrealistica è che il contribuente tedesco sia neutrale al rischio. Nessuno di noi lo è, men che meno di fronte al rischio di un default da 2000 miliardi. Senza questa assunzione,  per assicurare l’Italia la Germania  pretenderà un premio assicurativo  maggiore del 2 percento che abbiamo ipotizzato finora.

…… e non c’è problema di azzardo morale.

La terza assunzione implicita è che il rischio di default italiano rimanga costante prima e dopo l’attuazione del piano di mutualizzazione. Semplicemente, la proposta ignora il problema dell’ ”azzardo morale”. Banalmente, una volta che ho assicurato la mia casa contro il rischio di incendio, avrò meno incentivi ad esercitare tutte le cautele che minimizzano il rischio di incendio. I commentatori sud europei tendono a considerare il problema dell’azzardo morale una tipica fissazione tedesca. Sbagliano. L’azzardo morale in questo campo è un problema concreto ed enorme.  Una volta garantito il debito, i politici italiani avranno un enorme incentivo a fare default, perché paga la Germania. La storia dell’estate 2011, quando il governo italiano rinnegò la promessa di un taglio al disavanzo di poche centinaia di milioni appena dopo che la BCE intervenne per comprare titoli italiani per pochi miliardi, dovrebbe insegnare qualcosa. E in questa proposta parliamo di centinaia di miliardi.

La proposta prevede regole molto strette su quali default sui titoli garantiti sono consentiti: essenzialmente solo quelli che  non dipendono dalle azioni del governo, cioè quelli che avvengono per “cause di forza maggiore”. Il problema, ovviamente, è che è molto difficile distinguere tra un default consentito e uno non consentito, cioè tra un default in buonafede e uno in malafede. Se decide di fare default, l’Italia affermerà sempre che è dovuto a cause di forza maggiore.

Ma vediamo come cambiano gli incentivi a fare un default non consentito. Se l’Italia fa default perde i 3/8 dei premi versati che le spetterebbero, ma li recupera facendo default anche sulla sua quota di debito MSE garantito dai premi: tale quota è esattamente i 3/8 dei premi totali emessi. Se non fa default, recupera i 3/8 dei premi versati ma deve pagare i 3/8 del debito MSE.  Con o senza default quindi l’Italia di fatto non paga il premio; ma ovviamente con default non deve più pagare la sua quota del debito. Quindi c’è un enorme incentivo a fare default.

Gli Eurobond: zero probabilità di essere attuati, e pour cause

Nella fase 2, il debito viene  mutualizzato: il nuovo debito emesso è non è più debito italiano garantito o debito tedesco, ma solo Eurobond emessi dall’MSE, cioè dei titoli per il cui intero pagamento è responsabile ciascun paese: se l’Italia non paga, paga la Germania. Dietro  questi Eurobond ci sono quindi gli introiti fiscali di ogni paese europeo. L’Italia può fare default su questo debito? Sì. Semplicemente, non manda più i propri introiti fiscali all’MSE per pagare gli interessi ed, eventualmente,  il principale. E si noti che con la fase 3  l‘Italia non paga nemmeno più il premio assicurativo!

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Innumerevoli articoli di cui i è stata inondata la stampa italiana negli ultimi anni si limitavano a proporre emissioni di Eurobond per qualche centinaio di miliardi. Proposte già  irricevibili dalla Germania, che ha tutto da perdere e niente da guadagnare. Ma questa proposta si spinge più in là: ora si tratta  di mutualizzare l’intero debito pubblico italiano.

L’unico modo per evitare un colossale incentivo italiano a non pagare la propria parte è se l’Italia perde autonomia nel gestire il proprio gettito fiscale: gran parte o tutte le tasse pagate dai contribuenti italiani vengono automaticamente versate sul conto europeo comune, senza possibilità per il governo italiano di dirottarle. Ma non basta. La proposta implica anche una completa esautorazione del governo italiano nello stabilire le aliquote delle tasse e i livelli di spesa per pensioni, sanità, stipendi pubblici, etc., cioè l’intera politica di bilancio. Altrimenti l’Italia stabilirà aliquote basse e spesa pubblica alta, e farà pagare il conto alla Germania.

Si può obiettare che questo è uno scenario apocalittico. Con gli Eurobond i tassi di interesse scenderanno drammaticamente, l’Italia non avrà difficoltà a pagare la sua quota di interessi e finché il mercato rinnova il suo debito a scadenza sarebbe insensato fare un default, per risparmiare pochi miliardi di interessi contro i costi enormi di una uscita dall’Euro. Ma supponiamo che il mercato cominci a dubitare della capacità o volontà della Germania di pagare il debito, come è inevitabile che sia. In questo caso anche gli Eurobond possono soffrire una classica crisi del debito, come e più grave di quella del 2011. I tassi di interesse saliranno, e si tratterà quindi di pagare tassi di interessi molto alti o fare default. La seconda possibilità diventa molto più realistica.

Un meccanismo complicato, ingiusto, irrealistico, politicamente infattibile …. e non necessario!

L’ironia di questa complicatissima architettura finanziaria è che essa è completamente inutile. Come abbiamo visto, essa comporta degli svantaggi  enormi per il contribuente tedesco. La proposta assume che, nonostante questo, il contribuente tedesco possa accettarla, per due motivi: (i) il costo di un default italiano è  troppo elevato anche per la Germania; (ii) il piano innesta un circolo virtuoso di bassi interessi e alta crescita in Italia, che va a beneficio della stessa Germania.

Ma se le cose stessero  veramente così, non ci sarebbe alcun bisogno di questo meccanismo!  Il contribuente tedesco (tramite il suo governo)  sarà disposto ad offrire spontaneamente centinaia di miliardi per evitare un default italiano e per innestare il circolo virtuoso. Il fatto che finora la Germania non abbia offerto nemmeno un miliardo dovrebbe di per sé suggerire che sarà difficile convincerli.

La proposta assume che gli investimenti pubblici in Italia abbiano un moltiplicatore così elevato che si pagano da soli. Ma se è così ovvio che questo è il caso, perché la Germania dovrebbe opporsi già ora a consentire all’Italia un aumento della spesa per investimenti pubblici oltre i limiti del fiscal compact? E perché già ora non compra titoli emessi dallo stato italiano per finanziare investimenti pubblici in Italia? Sarebbero un affare per la Germania (che si finanzia a un tasso negativo, e investirebbe il ricavato in titoli ad alto rendimento e molto sicuri).

La proposta inoltre assume che la garanzia dell’MSE nella fase 1 consentirebbe all’Italia di ridurre enormemente la spesa per interessi, riducendo anche i tassi che le aziende italiane pagano alle banche,  e innestando così un circolo virtuoso di bassi tassi di interesse e alta crescita per tutta la zona Euro. Ma se è così ovvio, perché già ora la Germania non offre garanzie sua sponte, invece di aspettare questo complicato meccanismo?

In questi anni, abbiamo visto decine di schemi fantasiosi per assicurare i paesi dell’Eurozona. Tutte queste proposte, nessuna esclusa, avevano un piccolo difetto: erano strumenti per estorcere soldi, tanti soldi, al contribuente tedesco, Nessuna ha mai spiegato perché quest’ultimo dovrebbe acconsentire. Questa proposta non fa eccezione.

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28 commenti

  1. Caro professore, lei scrive:
    “La proposta assume che, nonostante questo, il contribuente tedesco possa accettarla, per due motivi: (i) il costo di un default italiano è troppo elevato anche per la Germania; (ii) il piano innesta un circolo virtuoso di bassi interessi e alta crescita in Italia, che va a beneficio della stessa Germania.”

    “La proposta assume che gli investimenti pubblici in Italia abbiano un moltiplicatore così elevato che si pagano da soli. Ma se è così ovvio che questo è il caso, perché la Germania dovrebbe opporsi già ora a consentire all’Italia un aumento della spesa per investimenti pubblici oltre i limiti del fiscal compact?”

    Però il fatto che i tedeschi non ci credano NON implica che non sia davvero così. Se partiamo dall’idea che i nostri investimenti pubblici non avranno mai un alto moltiplicatore, allora possiamo anche chiudere bottega. Mi pare che Tria invece, in modo ragionevole, abbia suggerito di scomputare gli investimenti pubblici dal calcolo del deficit ai fini delle regole di bilancio UE, ovvero la classica golden rule keynesiana. Forse così potremmo dimostrare ai tedeschi che gli investimenti in Italia possono essere remunerativi.

    P.S. non sono un sostenitore né della proposta Minenna né di questo governo grazie al quale stiamo pagando più tassi di interesse.

    • Henri Schmit

      Carlo Cottarelli ieri l’altro su La Stampa spiega perché la tesi del ministro Tria relativa all’esclusione (da che cosa?) degli investimenti pubblici non è convincente e rischia di essere l’ennisima illusione di un paese sconnesso dalla realtà circostante.

    • Saverio Nardini

      Guardi che le regole di bilancio UE prevedono già da tempo una differenziazione fra il limite dello 0,5% per la spesa corrente e del 3% per gli investimenti. I problema grosso è che non solo abbiamo dato finora prova di non saper e non voler investire (per cortesia non chiamiamo “investimenti” le spese in edilizia nel 2018 che ci facciamo ridere dietro anche dai coreani), ma di essere intenti persino a DIS-investire (ad es svendendo immobili per poi doverli affittare, o subappaltando servizi sanitari a privati che ne raddoppiano il costo, o parliamo di tutti gli appalti senza gara e quelli irregolari? dei moltiplicatori invidiabili, sicuramente etc…). Cominciamo intanto a farlo il 2,5% di investimenti, DOPO eventualmente potremo parlare di andare oltre, farlo ora sono chiacchiere.

  2. raffaele Principe

    E’ chiaro che la migliore proposta è quella di non aumentare lo stock di debito, spostando risorse dalla spesa agli investimenti, soprattutto al Sud per sostenere, la ripresa. Ma se ciò è complicato, si potrebbe pensare di spostare annualmente un piccolo stock di debito, più o meno il 5%, in un fondo europeo, garantito da tutti gli Stati dell’area Euro, con garanzie reali (beni alienabili tipo aeroporti, porti, oro della Banca d’Italia ecc.) da parte dello stato debitore. D’altronde è quello che è successo in Grecia, dopo l’intervento della Troika, a prezzi da realizzo, mentre se dati a garanzia prima, si potrebbero stimare a prezzi di mercato, magari rivalutabili.

  3. Henri Schmit

    Grande analisi che arriva forse ancora in tempo per interrompere un dibattito pubblico fantasioso sconnesso dalla realtà. Il problema profondo può essere riassunto nella seguente antinomia: gli altri contribuenti ed investitori dovrebbero assicurare un rischio votato esclusivamente dai contribuenti italiani e dai loro affabulatori più o meno eletti che decidono della politica fiscale italiana.

  4. Bruno Puricelli

    Con il coinvolgimento dei cittadini italiani che, anzichè pagare subito in euro una qualsivoglia forma di tassazione temporanea, diciamo fino a 30 anni, sottoscriverebbero il debito con dei “pagnerò” a 30 anni, lo Stato si creerebbe il booster di 400 mlds sul sottostante costituito da tale credito nei nostri confronti. Si tratterebbe di pseudo Cdf a noi intestati per rafforzare il nostro coinvolgimento e, grazie a tale escamotage, i conti dimostrano che otterremmo circa 1500 mlds gratis in 30 anni. Il rischio vero connesso alla nostra partecipazione è praticamente zero. Da subito il debito scende di 400 mlds con tutto quel che segue… Attendo commenti al riguardo

  5. Aldo

    Grande professore Perotti! Per fortuna che c’è e scrive per noi queste difficili verità!
    Aldo da Parma

  6. Antonio

    Tutto eventualmente vero ma l’analisi pecca di un piccolo particolare: l’italia e la Germania non sono operatori privati ne’ tantomeno assicuratori, sono stati appartenenti ad un Unione Económica e Monetaria.

    • Henri Schmit

      Appunto. Gli Stati, debitori sovrani nei limiti del patto di stabilità, decidono, in rappresentanza dei loro contribuenti e elettori, delle regole di funzionamento dell’eurozona, anche di un’improbabile riassicurazione reciproca dei debiti nazionali, prodotti da politiche fiscali nazionali, decise da governi legislatori (presunti) eletti dai contribuenti nazionali.

  7. Mario Angli

    ”Nessuna ha mai spiegato perché quest’ultimo dovrebbe acconsentire”
    Perché a) Trump ormai vuole la guerra commerciale, a causa degli squilibri causati dall’Euro. b) l’Eurozona così com’è non va bene per l’Italia a breve o lungo termine. Quindi salta tutto, i tedeschi tornano ad una moneta rivalutata, si beccano probabilmente una recessione, salta Deutsche Bank con ovvio bailout dal governo tedesco (e vedi come salta il rapporto debito/PIL con quello). Sicuri che i costi di questo scenario siano minori?

  8. Umbe

    Troppi condizionali sia nella proposta dei 4 sia nel suo commento.
    Stando così le cose, tutto rimarrà com’è.
    Non sono logica e razionalità a guidare politica ed economia.
    Basterà uno starnuto dei mercati e…addio Italia, Germania, Francia.

  9. Pier Giuseppe Fontanili

    In sostanza i nostri debiti ce li dobbiamo pagare noi, come è giusto che sia

  10. Giovanni Vadalà

    Egregio professore non pensa che abbiamo coltivato nell’opinione pubblica l’illusione che ci sia in un “altrove” un “Panralone che paghi per noi? In fondo è questa la convinzione pre politica e preeconomica che muove tutte le proposte degli scienziatoni. La buona economia del buon padre di famiglia NO! Grazie per il chiaro parlare.

  11. Federico Leva

    È evidente che un assicuratore deve avere un premio superiore al rischio, però non è vero che non si possano assicurare singoli eventi disastrosi e rarissimi. Per esempio, Berkshire funge da riassicuratore delle assicurazioni USA contro gli uragani e dice di poter sopportare 400 G$ di danni:
    https://www.reuters.com/article/us-berkshire-buffett-insurance-idUSKCN1G80RA

    Ovviamente 2000 G€ di default sono un rischio un ordine di grandezza superiore e quindi servono dimensioni almeno proporzionalmente maggiori. Mi chiedo allora se abbia senso il presupposto scolastico di questo articolo che in UE esistano solo Italia e Germania: la potenza dell’Eurosistema e dell’UE è appunto il fatto di essere ben piú vasti di questi due paesi tutto sommato piccoli.

  12. Maurizio Cocucci

    Questo articolo conferma quelle che erano alcune mie perplessità scaturite da anticipazioni ascoltando Marcello Minenna in alcuni interventi oltre al servizio della giornalista Milena Gabanelli. Insistere nel richiedere alla Germania la condivisione di rischi così come adottare eurobond è inutile perché non è (solo) una mera questione politica, bensì di vincoli costituzionali. La Legge Fondamentale tedesca (in sostanza la Costituzione) vieta espressamente la condivisione di rischi e l’esposizione a passività che non siano approvate dal Bundestag. Secondo l’art.38 la sovranità compete ai cittadini i quali sono rappresentati dai membri del Parlamento, pertanto nel caso delle finanze pubbliche ogni singolo euro che il governo spende deve essere tassativamente approvato. Gli articoli poi dal 104 al 115 sono in qualche modo più espliciti perché trattano appunto il tema finanze pubbliche ma a questo proposito è più indicativo leggere alcune sentenze della Corte Costituzionale di Karlsruhe, ad esempio quella del 7.09.2011 (v.”Bundesverfassungsgericht BvR 987/10″ – disponibile anche in inglese) a seguito del ricorso presentato da alcuni cittadini contro le misure di salvataggio adottate dal governo tedesco a favore della Grecia anche se approvate dal Bundestag. In quella sentenza la Suprema Corte ha affermato che la misura rientra nella Legge Fondamentale ma ha anche aggiunto come sia incostituzionale la condivisione dei rischi e l’esposizione a passività derivanti da altre nazioni.

  13. Claudio

    Lo spread è in sè stesso indice di criticità e di probabilità di default. Più è alto lo spread e più è probabile l’avverarsi del default stesso. La Germania non è certo masochista, masochista e senza una visione è chi si è inventato il giocattolo dell’euro. Ma il giocattolo dell’euro sta arrivando a finne corsa..

  14. bob

    caro professore apprezzo la sia analisi ma gli Stati non sono sono soggetti privati a cui possiamo applicare esempi dell’assicuratore con l’assicurato, questo può farlo una compagnia privata ad un soggetto privato. Gli Stati sono entità politiche e non si può prescindere dalla politica nell’analisi che lei illustra. Un “malato” si cura andando ad analizzare il’ origini del suo male. Se ho un tumore ai polmoni il medico per prima cosa mi domanda se nella vita ero un fumatore. Vogliamo analizzare chi ha creato questo enorme debito? Vogliamo, anche considerando periodi storici diversi, perchè l’ Italia fino a certi anni, non solo cresceva, ma non aveva un debito così elevato? Poi non solo stagnava ma esplodeva il debito pubblico? Abbiamo prima di tutto la capacità e l’ onesta intellettuale di fare una analisi politico-storica critica come lei ha fatto una analisi di numeri? Forse allora potremmo capire perchè i tedeschi si tengono alla larga da noi, giustamente! La Germania è una Nazione, ragiona da Nazione, si comporta da Nazione perchè mai si dovrebbe confrontare con una accozzaglia multiforme di soggetti localistici regionali in cui ognuno tira a campare per se. Ha ragione il tedesco cittadino di una Nazione a non assumersi il debito di un Paese fatto di mille tribù come il nostro

  15. amadeus

    L’analisi può essere interessante, ma il problema centrale, peraltro ben evidenziato dal prof. Perotti è sempre quello: il moral hazard. Anche ammesso che i tedeschi siano disposti a qualche concessione, magari non così ampia come la mutualizzazione del debito, come fanno a fidarsi in merito alla efficiacia di un simile contratto e alla sua opponibilità nei confronti dei futuri governanti italioti che non lo hanno firmato ? Se basta un Salvini per minacciare di far saltare il banco e tutto il resto ? In fondo basta il precedente storico: l’Italia, grazie all’euro, ha goduto per un decennio di uno spread quasi azzerato nei confronti della Germania: con quali risultati ? Perchè questa volta dei politici italiani, liberi di decidere, dovrebbero comportarsi in modo differente ?

  16. Paolo M88

    A mio parere il problema fondamentale, al di là degli aspetti tecnici e delle implicazioni della proposta di Minenna e degli altri economisti, è quello evidenziato nella conclusione dell’articolo. Si tratta cioè di capire se e perché il contribuente tedesco dovrebbe accettare questa o altre forme di trasferimento verso i paesi del Sud Europa. La risposta, ovvia ma dalle implicazioni non banali, è che un’unione monetaria non può funzionare senza trasferimenti dai paesi forti verso i paesi deboli. Se la Germania non è disposta a pagare alcun tipo di costo per restare nell’Euro allora dovrebbe prendere in seria considerazione l’ipotesi di abbandonare l’Euro. Così facendo non dovrebbe più preoccuparsi delle innumerevoli proposte finalizzate ad estorcere “soldi, tanti soldi, al contribuente tedesco”. Ma dovrebbe accettare, al contempo, di perdere i benefici della partecipazione alla moneta unica, ovvero accettare la rivalutazione del Marco e i danni che questo causerebbe alle esportazioni. Si può ritenere che la proposta di Minenna e degli altri economisti sia troppo onerosa per il contribuente tedesco. Ma il problema fondamentale non è che “il contribuente tedesco (tramite il suo governo) non sia disposto ad offrire centinaia di miliardi” ma il fatto che “finora la Germania non abbia offerto nemmeno un miliardo”. I tedeschi non saranno masochisti, ma non possono continuare a volere la botte piena e la moglie ubriaca.

    • Henri Schmit

      La questione è quali squilibri o squilibri causati da quali cause giustificherebbero questi trasferimenti. Non è solo la Germania che è reticente, ma altri 17 paesi che più o meno tutti pensano che prima debbano convergere le politiche fiscali nazionali e l’efficienza nella loro attuazione gestita dai singoli governi.

      • Paolo M88

        I trasferimenti sarebbero giustificati semplicemente per sanare l’asimmetria dell’unione monetaria, che attualmente offre solo vantaggi al paese più forte. Ho commentato l’articolo perché mi pare che la posizione dell’Autore, espressa anche oggi su Repubblica, sia invece che i trasferimenti non solo siano ingiustificati ma addirittura dannosi. A mio parere però il paragone utilizzato per supportare questa tesi, cioè quello degli Stati Europei come inquilini di uno stesso condominio, è sbagliato. Se un inquilino virtuoso si trova a fronteggiare delle richieste troppo penalizzanti da parte degli altri condomini può decidere di cambiare casa senza pagare alcun costo. Se la Germania abbondonasse l’Euro dovrebbe invece pagare, come scritto nel commento precedente, un costo molto alto. E questo significa che la permanenza nel condominio offre un grande vantaggio, a fronte del quale però la Germania non è disposta a concedere nulla in cambio agli altri condomini. D’altra parte, se tornare al Marco non fosse ritenuta un’opzione penalizzante, non si capisce come mai la Germania non sia già uscita dalla moneta unica. In sostanza io penso che la Germania dovrebbe concedere qualcosa ai Paesi del Sud e, da questo punto di vista, la proposta di un sussidio di disoccupazione europeo è forse più ricevibile rispetto alle proposte di mutualizzazione del debito. Ma su qualche cosa i tedeschi devono cedere. Come già scritto, non possono continuare a volere la botte piena e la moglie ubriaca.

    • mariorossi

      Chiedere alla Germania di uscire dall’Euro e’ equivalente a chiedere alla Germania di pagare il debito dei paesi del Sud. Per esempio il sistema bancario tedesco vanta 800bn di attivo sul ECB attraverso la bilancia target 2. Se la Germania laciasse l’Euro questi saldi verrebbero immediatamnete convertiti in una riserva che si deprezzerebbe piu’ o meno instantaneamente. Quindi in pratica la Germania regalerebbe qualche 100-300bn (una svalutazione dei 20% mi sembra quasi certa, il 50% possibile) ai paesi debitori…

      Secondo me sarebbe molto meglio cercare di spingere la politica monetaria verso un paradigma molto meno rigoroso, alzare il target dell’inflazione o aggiungere una componente di full employment come negli USA. In questo modo si potrebbe far passare il costo dai Paesi del Nord ai detentori del debito nominale, che mi sembrano un target molto piu’ fair: non vedo perche un operaio tedesco debba pagare piu’ tasse per evitare ai ceti abbienti italiani di pagare meno tasse…

  17. Paolo

    Ma all’Italia o ai paesi che non ce la fanno crea una limitazione alla sovranità non a favore della UE ma a favore della Cancelleria tedesca? O mi sbaglio proprio? Per me, dato che l’UE non è integrata fiscalmente, vizio iniziale già evidenziato fin dai tempi della Costituzione Europea e mai approvata, occorrerrebbe dotare l’Unione di un sistema fiscale che le permetta, in coordinazione con le politiche monetarie della ECB di affrontare con tutti gli strumenti di tipo macro le questioni dei bilanci dei paesi UE senza imporre nuovi vincoli, costrizioni o forzature che danneggiano la loro crescita economica o le loro possibilità produttive. No di certo alle Salviniane o Leghiste svalutazioni concorrenziali, che non hanno senso nei paesi area Euro e danneggiano il potere di acquisto dei salari interni delle nazioni che svalutano.

    • Serendippo

      Però Perotti ammette che con gli eurobond i tassi di interesse sarebbero – con altissima probabilità – molto bassi, favorendo la crescita e rendendo un default altamente improbabile.
      Quindi perché no? Esiste ancora la politica? Vagheggiamo un mondo a rischio 0 quando in realtà incombono su di noi catastrofi ambientali, demografiche e nucleari; e i mercati non sarebbero in grado di reggere un piccolo rischio calcolato come gli eurobond?

      • Henri Schmit

        Il rischio non sono gli eurobond ma è l’Italia, i suoi politici, i discorsi pubblici e i programmi elettorali, le sue politiche fiscali.

  18. Nell’idea di una UE coesa e integrata, l’assicurazione comune del debito è giustificata dalla solidarietà alla base di qualsiasi modello welfarista onde colmare asimmetrie strutturali. In particolare, la Germania si avvale di surplus commerciali che già basterebbero a giustificare una redistribuzione, ma anche della sua cintura di paesi slavi dove delocalizza a basso costo con politiche fiscali compiacenti. L’offerta tedesca è la domanda degli altri paesi europei; l’uno non esiste senza l’altro, oppure il mercantilismo è davvero ancora l’idea di economia che abbiamo? (sapore di ortodossia neoliberale). Ricordo inoltre, insieme a PaoloM88, il vantaggio dell’euro che non subisce i normali aggiustamenti di mercato.
    Stesso motivo per cui l’Olanda, che ha scelto la via del dumping fiscale, dovrebbe partecipare alla redistribuzione. Altrimenti il dumping e gli eccedenti strutturali vanno vietati.
    L’Unione Europea avrà un futuro politico (e non meramente “economico”) se non si ridurrà al giardino del potente di turno, ma se invece riuscirà a stabilire una solidarietà duratura – fiscalità, lotta al dumping, copertura.

  19. Francesco

    Non sono economista, ma credo che il problema del debito pubblico non sia più tanto una questione economica, ma una questione politica sul futuro dell’UE.
    L’Unione Europea è un progetto politico, lanciato dopo gli orrori dell’ultima guerra mondiale, al fine di evitare nuovamente queste catastrofi. Su questo l’Unione ha raggiunto quell’obiettivo. Eppure dovremmo sempre tenere a mente che nulla è scontato.
    Secondo, la storia di Paesi “bravi” e di “monelli” sia falsa. Le colpe dell’Italia sono indubbie. Ma la Germania guadagna eccome dall’UE e non rispetta affatto tutte le regole dell’UE (vedi surplus commerciale); è piuttosto assodato che la crisi greca ci sia costata moltissimo perché è stata gestita più nell’interesse di Francia e Germania che della Grecia. L’Italia rappresenta un ottimo mercato per i suoi partner UE, e finora non riceve soldi dall’Europa, ma paga sia per il budget UE che per i suoi vicini in crisi. Quindi non rappresentiamo ancora tutto questo “peso” per gli altri.
    Oggi l’Unione soffre effettivamente una grande crisi, anche per ragioni economiche. Solo la volontà politica dei nostri governi potrà scongiurare la sua rottura. Credo che ogni decisione capace di salvare il progetto europeo avrebbe un valore inestimabile e non quantificabile in €, anche se la ricetta adottata non fosse “finanziariamente” condivisa da alcuni economisti.
    Oggi quindi all’UE servirebbe più visione politica e meno contabilità: ne gioveremmo tutti. E non solo economicamente.

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