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Il Var fa bene al calcio

Nel campionato di calcio 2017-2018 il Var ha avuto effetti molto positivi: ha evitato errori arbitrali e limitato le influenze esterne. Dai dati sulla durata delle partite, sul numero di rigori ed espulsioni non sembra aver snaturato il gioco del calcio.

I numeri del Var

Per la prima volta nel campionato di serie A 2017-18 è stato introdotto il Var (video assistant referee), un sistema tecnologico di supporto alle decisioni dell’arbitro in campo, in cui due ufficiali di gara esaminano le situazioni dubbie della partita di calcio – con l’ausilio della moviola – e comunicano con il direttore di gara per correggere eventuali errori. Il Var può essere usato solo in quattro casi specifici: convalida di gol; rigori; espulsioni dirette; scambio di identità.

Secondo il rapporto ufficiale della Figc (Federazione italiana gioco calcio) e dell’Associazione italiana arbitri, in totale ci sono stati 2023 controlli (in media 5,1 a partita), in circa la metà dei casi per controllare i gol e nel 27 per cento i rigori. Si sono registrati 117 cambi di decisione (0,29 a partita). Il tempo di recupero totale è aumentato di 13 secondi (da 5’ 29’’ a 5’ 41’’), ma il tempo effettivo di gioco è aumentato di 43 secondi (da 50’30’’ a 51’ 13’’).

Il principale problema relativo alle decisioni arbitrali è l’influenza del pubblico casalingo: un’ampia evidenza empirica ha mostrato che esiste favoritismo degli arbitri per le squadre di casa (in Spagna (qui), in Germania (qui e qui), in Italia (qui e qui)), in Inghilterra (qui). Sembra invece non confermato nei dati il favoritismo per le grandi squadre (“Calciopoli” a parte).

Analisi di undici campionati

Usando i dati degli ultimi undici campionati (si parte dalla stagione 2007-08) su gol, rigori, espulsioni e ammonizioni, abbiamo cercato di capire se l’introduzione del Var ha modificato il vantaggio di giocare in casa, che ovviamente non dipende solo da eventuali favori dell’arbitro, ma anche dal sostegno del pubblico, dalla maggiore familiarità con il campo, dal fatto che la squadra di casa non debba spostarsi e altri fattori ancora.

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Consideriamo innanzitutto i rigori. Mentre il loro numero complessivo è in linea con quello degli altri anni (0,16 a squadra per partita), si è registrato un drastico cambiamento: prima del Var le squadre di casa ottenevano in media 0,20 rigori a partita e le squadre in trasferta 0,12; con il Var, i rigori concessi alle squadre di casa sono scesi a 0,17 mentre sono saliti a 0,16 i rigori per le squadre in trasferta. In pratica, sorprendentemente, nell’ultimo campionato è quasi scomparsa la differenza tra numero di rigori “casalinghi” e non.

Al contrario, non si registrano effetti del Var sulle ammonizioni (per le quali la tecnologia non poteva essere usata). Complessivamente sono diminuite (da 2,26 a 2,03 per squadra per partita), con una differenza di 0,25 ammonizioni in più per le squadre in trasferta, che è rimasta immutata.

Non si registrano nemmeno effetti sulle espulsioni: diminuisce il numero totale – da 0,15 a 0,12 – ma rimane una differenza contro le squadre in trasferta di 0,04. Probabilmente questo è dovuto al fatto che buona parte degli allontanamenti dal campo è dovuta alla doppia ammonizione.

Per una valutazione complessiva bisogna però analizzare l’effetto sul risultato finale, sia perché riflette le decisioni sui gol concessi e annullati, sia perché indirettamente è influenzato da tutte le scelte arbitrali durante la partita.

Come è cambiato complessivamente l’equilibrio delle squadre in campo? I punti a partita fatti in media dalle squadre di casa nei dieci campionati prima del Var sono stati 1,66, mentre i punti delle squadre in trasferta sono stati 1,07, con una differenza di 0,59.
Nella stagione 2017-18 con il Var, i punti ottenuti in casa sono 1,51, mentre quelli in trasferta in media sono 1,27: la differenza si è ridotta a 0,24. In altre parole, il vantaggio di casa si è dimezzato.

Per fare un confronto, abbiamo anche considerato gli ultimi undici campionati di serie B in cui non si è usato il Var. Lì il vantaggio per la squadra di casa è passato da 0,57 nei precedenti dieci campionati a 0,49 nell’ultimo.
Abbiamo anche provato a stimare un modello per spiegare la probabilità di avere un rigore a favore. L’idea è che cresce se una squadra è forte, sta all’attacco per gran parte del tempo e crea molte palle-gol. Così la probabilità di un rigore è stata messa in relazione a numero di tiri in porta, tiri totali, corner, tempo di possesso palla, valore di mercato delle squadre in campo e così via. Tutti questi fattori incidono fortemente sulla probabilità di ottenere un rigore, ma prima del Var rimaneva un effetto addizionale di circa 5 punti percentuali a favore delle squadre che giocano in casa. Dopo l’introduzione del Var, l’effetto addizionale – che può essere considerato una misura di favoritismo degli arbitri causato dalla pressione del pubblico – scompare.
Al contrario, dai risultati dell’analisi non emergono favoritismi (la cosiddetta “sudditanza psicologica”) per le grandi squadre (abbiamo provato singolarmente e poi in diverse combinazioni, un effetto per la Juventus, il Milan, l’Inter, la Roma, la Lazio, il Napoli), una volta che si tiene conto di misure di rendimento, né prima del Var né tantomeno dopo.

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In conclusione, il Var rappresenta una importante innovazione che ha avuto effetti molto positivi nell’evitare errori arbitrali e limitare influenze esterne. E dai dati sui tempi di gioco, sul numero di rigori ed espulsioni non sembra aver snaturato, come qualcuno temeva, il gioco del calcio.

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  1. Savino

    Sicuramente, la netta separazione tra il professionismo (con le regole tecnologiche, in soccorso della mole di interessi in ballo, per non buttare alle ortiche gli investimenti fatti per errori umani) ed il dilettantismo (con le regole tradizionali) fa bene allo sport e fa capire ai giovani che ciò che vedono in tv è un altro mondo.
    Dai dati sui tempi di gioco si percepisce che è arrivata ora di introdurre il tempo effettivo anche nel calcio. Ciò lo renderebbe ancor più appetibile in tv.

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