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Quanta confusione su Omt, Qe e tassi di cambio

Il ministro Savona sembra aver confuso creazione delle Omt, avvio del Qe e rientro delle banche dai crediti con i paesi in crisi. Chi lo ha criticato è caduto in altre inesattezze. Facciamo un po’ di chiarezza, proposta sul tasso di cambio compresa.

Le parole del ministro

Ha destato stupore che il ministro per gli Affari europei Paolo Savona abbia apparentemente confuso due programmi ben distinti (Omt e Qe) scrivendo dell’abilità di Mario Draghi “nel varare l’Omt, più noto come Qe (Quantitative easing) europeo, sfruttando gli interessi dei paesi che ne avrebbero beneficiato per rientrare dai loro crediti”.

Il ministro, in questa circostanza, sembra aver voluto fondere assieme ben tre diversi momenti della recente storia travagliata della moneta unica: il rientro dai crediti che le banche (soprattutto tedesche) vantavano nei confronti dei paesi più colpiti dalla crisi (avvenuto grazie alla moneta unica e ai vari programmi di assistenza finanziaria dal 2010 in poi); la creazione dell’Omt (Outright Monetary Transactions, operazioni definitive monetarie) nel settembre 2012; e l’avvio del Qe nel 2015.

Tuttavia, alcune delle “correzioni” indirizzate dai media al ministro non sono esenti da inesattezze. La differenza tra i due programmi è stata spiegata sottolineando che l’Omt, a differenza del Qe, non è mai stato attuato, e che mentre con il Qe la Banca centrale europea dà denaro alle banche per consentir loro di prestarlo a famiglie e imprese, con l’Omt la Bce darebbe soldi ai governi in difficoltà. Può dunque essere utile richiamare, ancora una volta, la reale differenza tra i due programmi.

Cosa sono le Omt

Fino al 2010, la prassi della Bce è stata quella di non partecipare al mercato secondario dei debiti pubblici. Dopo la crisi greca, la Bce ha eccezionalmente avviato un programma di acquisti sporadici, finalizzati a dare liquidità ai titoli greci, irlandesi, portoghesi, spagnoli e italiani. Ciò non poteva bastare a fronteggiare la crisi. Come auspicato su queste colonne fin dal 2011, occorreva un cambio di passo, che si concretizza nel settembre del 2012, quando la Bce termina il programma temporaneo di acquisti e contestualmente istituisce le Omt, attuando l’annuncio di Mario Draghi di qualche settimana prima (il “whatever it takes”).

L’inserimento delle Omt tra gli strumenti di politica monetaria ha modificato radicalmente la prassi della Bce, segnando il più rilevante “cambio di regime” della storia ventennale della moneta unica. Per salvaguardare la liquidità dei titoli pubblici di un paese in difficoltà, la Bce li avrebbe acquistati sul mercato secondario senza alcun limite prefissato, a condizione che il paese aderisse a un programma di assistenza finanziaria. La condizionalità è politicamente dettata dal fatto che con questa operazione la Banca centrale eliminerebbe di fatto il rischio di credito dei debiti creati non da un’autorità politica centrale, ma dai diversi partecipanti all’euro. Va notato che negli Stati Uniti la Fed non garantisce il debito emesso da livelli di governo inferiori a quello centrale. In questo senso, la Bce “fa più” della Fed.

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Il fatto stesso che la Bce avesse l’opzione di ricorrere, se necessario, alle Omt è bastato a ottenere l’effetto desiderato: una rapida e cospicua riduzione dei differenziali di rendimento dei titoli emessi dai diversi paesi, e quindi un riallineamento delle condizioni finanziarie dei paesi membri alle condizioni fissate dalla politica monetaria della Bce. Ancorché mai utilizzate, la creazione delle Omt ha avuto un impatto decisivo sulla moneta unica.

Come funziona il Qe

Per Quantitative easing si intende il programma ampliato di acquisto di attività (Paa) avviato nel 2015 con l’acquisto di volumi predeterminati di titoli pubblici, aggiungendosi all’acquisto di altri titoli privati iniziato già nel luglio del 2009. Nel corso dei quasi quattro anni di attività, i flussi mensili di acquisto complessivo sono passati da 60 a 80 a 60 a 30 e infine a 15 miliardi, fino al termine previsto a dicembre 2018. Oggi l’Eurosistema (la Bce più le 19 banche centrali nazionali) ha accumulato circa 2.500 miliardi di titoli, di cui più di 2 mila miliardi di titoli pubblici (tra i quali circa 200 miliardi sono titoli di agenzie europee sovranazionali, come la Banca europea degli investimenti o lo European Stability Mechanism, e altri enti di natura pubblica – come ad esempio, in Italia, la Cassa depositi e prestiti).

Il programma di acquisti è una delle due gambe del pacchetto espansivo del giugno 2014 che comprende anche le operazioni mirate di rifinanziamento a lungo termine (Tltro). La finalità era ridurre il costo del credito, comprimere i rendimenti delle attività finanziarie a tutte le scadenze e quindi incentivare la crescita del credito bancario. Il Qe è dunque una forma di politica monetaria condotta attraverso il bilancio della Banca centrale, che prosciugando il mercato di titoli avvia un processo di riallocazione di portafoglio che comprime i rendimenti delle attività finanziarie a diverse scadenze.

È invece improprio descrivere il Qe come un processo di creazione di liquidità a cui le banche possono attingere per espandere il credito. In qualsiasi sistema monetario contemporaneo in cui l’emissione di valuta nazionale non è vincolata da riserve auree o di altro tipo, l’attività creditizia non è legata alla quantità di riserve ed è invece condizionata dal prezzo della liquidità, e cioè dal costo al quale le banche si rifinanziano. Ed è sul costo del denaro che si scaricano gli effetti del Qe.

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La proposta Savona

Nel discorso del ministro Savona, l’osservazione su Omt e Qe era la premessa alla sua personale e controversa proposta di riforma della Bce, ancorché animata da un obiettivo condivisibile: la necessità di avviare una più marcata politica della crescita “se si vuole che il mercato comune e l’euro sopravvivano sul piano del consenso politico che trae alimento nella crescita del benessere economico e sociale dei paesi membri”.

I due punti problematici nella proposta Savona riguardano l’assegnazione alla Bce di pieni poteri sul cambio allo scopo di salvaguardare la domanda proveniente dall’estero e di pieni poteri di intervento sul debito dei paesi, di fatto azzerando gli spread.

Il primo si può declinare a diversi livelli: se fosse un targeting unilaterale del cambio sarebbe uno strumento di dubbia efficacia, esposto alla ritorsione degli altri paesi, viziato dagli stessi limiti dell’imposizione di dazi nelle guerre commerciali; se si limitasse a una fluttuazione controllata del cambio (in subordine alla stabilità dei prezzi), non è chiaro cosa si guadagnerebbe rispetto alla situazione attuale in cui la Bce ha potuto esercitare pressioni al ribasso sul cambio dell’euro, a fronte di un avanzo record delle partite correnti dell’area euro che oggi gravita attorno al 4 per cento del Pil.

Il secondo equivale a rimuovere la condizionalità dall’Omt, di fatto consentendo un intervento permanente della Bce a garanzia dei debiti nazionali. A parte la difficoltà politica evidente di costruire consenso attorno alla proposta, la soluzione appare di gran lunga inferiore a quella di un’azione comune europea per finanziare spese di investimento concordate, da contabilizzare al di fuori dei vincoli del fiscal compact.

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10 commenti

  1. Savino

    Nessuno chiede il conto ad un ministro, parte integrante dell’ancien regime, che ora, alla veneranda età, si è “pentito” dell’Euro e delle sue dinamiche. Ma i cittadini (lavoratori e risparmiatori) italiani possono continuare ad assistere a questo gioco al massacro dei loro risparmi?

  2. Aniello

    Volevo chiederVi un’informazione: la BCE nel nel corso del QE acquista titoli sul mercato primario o su quello secondario? Grazie.

  3. Piero

    Qe è in buona parte un Omt (che sviluppò cmq un effetto annuncio) mascherato: dà soldi alle banche xrchè comprino anche i bond dei Governi ma senza le Condizionalità (sacrifici molto duri) e prima (non dopo) che il panico sia arrivato. Cosí aggiri il divieto dei Trattati al finanziamento diretto. Pure Ltro1 fu de facto usato anche x comprar Btp, tanto che poi fecero la versione Targeted x favorir il credito alle imprese. Per me ê impossibile che Savona non lo sappia: fu solo Sintesi x dir in poco tante cose. Non ê puntando su queste cose che i ProEu (Pd, in parte FI, BankItalia, Confindustria, Bocconi, Mattarella, MassMedia) posson pensar di frenare i populisti. Sarebbe meglio facessero prima autocritica pubblica spiegando (invece di nascondere tutto x paura) cosa non ha funzionato: a partir dal tasso di conversione pro Marco, dalla ventata inflattiva da conversione solo in parte visibile dalle statistiche (ma ben nota alla gente), al successivo accumulo di perdita di competitività non piú gestibile col cambio Esterno (quindi dolorosa deflazione Interna). E poi lanciando successivamente un forte tavolo di confronto in sede Ue. Ma temo che ormai sia troppo tardi. La gente ha sofferto troppo. Non saran 2 grafici, dotte analisi o l’impreparazione dei populisti a fermare l’onda. Cordialità.

    • Michele Zazzeroni

      E io che pensavo che le difficoltà italiane fossero il vizietto della spesa pubblica in deficit, il debito-monstre, la spesa previdenziale al 15% del PIL, la bassa produttività, la ridotta internazionalizzazione. Invece lei mi spiega ora che “la gente ha sofferto troppo” per colpa dell’Euro e della “conversione pro Marco (?), mica per il delirio finanziario importato dagli USA con la crisi finanziaria del 2007-2008. E naturalmente anche la “ventata inflattiva da conversione” partiva da Bruxelles, e pazienza se il fenomeno fu esclusivamente italiano e gli altri paesi Euro ne furono quasi esenti. Ma adesso lei, grazie a Dio, mi ha spiegato tutto con assoluta certezza intellettuale e con serena indifferenza ai fatti.m

    • Maurizio Bertini

      Vorrei chiedere tre cose a Piero.
      – Perché parla di una “conversione pro marco”? Il cambio lira-marco era da anni fra 950 e 1000, e infatti abbiamo 1936,27 lire = 1,95583 marchi = 1 euro. 1936,27 diviso 1,95583 = 990 lire per 1 marco.
      – Perché le statistiche mostrano solo in parte la ventata inflattiva?
      – Perché solo gli italiani accettarono l’inflazione da conversione mentre p.es. i tedeschi (vivevo già in Germania) smisero di comprare i pomodori passati da 4 marchi a 4 euro al chilo con la scusa delle gelate e costrinsero i ristoranti con aumenti farlocchi tipo 9,90 euro per un piatto da 14,90 marchi a usare un cambio equo o chiudere, semplicemente non andando più a mangiare lì?

  4. Aldo Bressan

    Dall’articolo emerge che, anche al ministro Savona, non manca un certo grado di in-competenza, molto alta ahimè tra i suoi più giovani colleghi di governo.
    Poiché il mio reddito (sono in pensione da ca 3 anni) e i miei risparmi sono in €uro, chiedo, sommessamente, ai nostri governanti prima di dire quello che pensano, di pensare a quello che dicono.

  5. Virginio Zaffaroni

    Non mi è chiaro il senso esatto dell’affermazione del prof. Terzi circa il ruolo delle riserve obbligatorie (” l’attività creditizia non è legata alla quantità di riserve”). Età “aurea” a parte, non è dunque vero che una Banca Centrale possa fare politica monetaria espansiva o restrittiva rispettivamente riducendo o elevando la percentuale di riserva?

  6. Milton

    È curioso come un articolo che titola “Quanta confusione” riesca a crearne ancora di più nel lettore medio, abusando di nozioni tecniche non meglio esplicate

  7. Henri Schmit

    L’ottima sintesi evidenzia bene il punto secondo me cruciale: come si determinano le condizioni dell’omt, in che cosa possono consistere (target percentuali o misure fiscali concrete?), su quale durata il governo richiedente (che può cadere prima di aver adempiuto, c’è un rischio di sfiducia e di elezioni) s’impegna? Qual è il ruolo del Parlamento? Quanto è trasparente e pubblica l’intera procedura? Provo ad immaginare un governo pro-europeo disposto a chiedere al proprio elettorato i sacrifici necessari per beneficiare dell’OMT, ma contrastato da un’opposizione populista anti-europea e crescente.

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