Il presidente Mattarella ha richiamato il dovere costituzionale del pareggio di bilancio. In realtà la Costituzione dice qualcosa di diverso, che peraltro renderebbe incostituzionali tutti i bilanci dal 2014 ad oggi. Meglio il confronto su numeri e fatti, non su vuote formule legali.
La costituzione non richiede il pareggio di bilancio…
Il bilancio dello stato è la differenza tra le spese annuali e le entrate annuali dello stato: quando le spese eccedono le entrate, si ha un disavanzo. Il presidente Sergio Mattarella ha recentemente richiamato l’articolo 97 della Costituzione, che sembrerebbe proibire disavanzi di bilancio: “Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci”. Questo comma dell’articolo 97 è in vigore solo dal 2014, per recepire il famoso Fiscal compact, così come questo comma del più importante articolo 81: “Lo stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio…” (l’articolo 97 per sicurezza estende il concetto a tutte le pubbliche amministrazioni, cioè a regioni, previdenza sociale etc.). Dunque sarebbe incostituzionale il bilancio che il governo si appresta a proporre, perché prevede un disavanzo del 2,4 percento del Pil. Ma allora sono incostituzionali tutti i bilanci approvati dal 2014 in poi, tutti in disavanzo e, tranne che (forse) per l’anno in corso, maggiore del 2,4 percento.
…bensì il pareggio del bilancio “strutturale”
Senonché, l’articolo 81 continua così: “… tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico…” Dunque la Costituzione non lascia adito a dubbi: non il bilancio dello stato, ma il bilancio dello stato aggiustato per il ciclo economico, o bilancio “strutturale”, deve essere in pareggio.
Ma cosa è il bilancio strutturale? Questo è un concetto che, nella mia esperienza, è praticamente impossibile fare comprendere a un politico, ma che riveste un ruolo fondamentale sia da un punto di vista sostanziale sia nell’impalcatura istituzionale europea.
Le spese e le entrate dello stato dipendono dalle decisioni del governo, ma in parte anche dal ciclo economico. In una recessione, il disavanzo tende ad aumentare senza alcuna “colpa” del governo, perché le entrate scendono automaticamente anche se lo stato non cambia le aliquote; e le spese aumentano automaticamente, per esempio perché aumentano le spese per i disoccupati e i meno abbienti. L’opposto in una fase espansiva: il disavanzo si riduce senza alcune “merito” del governo. In altre parole, un disavanzo del 3 per cento del Pil in una fase di espansione è più “grave” dello stesso disavanzo in una fase di recessione, perché quando l’economia torna al suo livello “normale”, il primo si trasforma in un disavanzo diciamo del 6 per cento; il secondo in un bilancio in pareggio.
Il bilancio strutturale “depura” appunto il disavanzo osservato degli effetti del ciclo economico: misura il disavanzo che si avrebbe se l’economia fosse in una fase “normale”: né recessione né espansione. Nell’esempio precedente, il bilancio strutturale è del 6 per cento nel primo caso e dello 0 per cento nel secondo.
Il bilancio strutturale è una stima soggettiva
Ovviamente il calcolo del disavanzo strutturale è un esercizio soggettivo: dipende da come si stima la “fase normale” del ciclo economico e da come si stimano le spese e le entrate che si avrebbero se il Pil fosse al suo livello “normale” invece che al livello effettivamente osservato. Questi elementi di soggettività sono un primo motivo per cui l’articolo 81 così come è formulato è praticamente inapplicabile, e fonte unicamente di diatribe infinite (e, incidentalmente, non era necessario un dottorato in fisica nucleare per capirlo, o per cercare di farlo capire al legislatore). Ma per il momento astraiamo da questo piccolo inconveniente, perché ai nostri scopi fa fede il calcolo del bilancio strutturale della Commissione europea.
Tutti i bilanci strutturali recenti sono stati in disavanzo
Prendiamo quindi le stime della Commissione. Nell’ottobre 2015, dopo la presentazione del progetto di bilancio per il 2016, la Commissione stimava un disavanzo strutturale per il 2016 dell’1,5 per cento; l’anno dopo, l’1,9 per cento per il 2017; l’anno dopo, il 2 per cento per il 2018. Anche le stime fatte a consuntivo, cioè per l’anno precedente, e quelle per l’anno in corso, hanno sempre oscillato tra l’1 e il 2 per cento. Prendendo alla lettera l’articolo 81, che proibisce disavanzi strutturali, sono tutti bilanci incostituzionali. Anche qui, non si ha notizia di interventi della Presidenza della Repubblica o della Consulta, e nemmeno di politici o commentatori.
Una costituzione più realista del re
In realtà, nel recepire il Fiscal compact nella Costituzione il legislatore italiano è stato più realista del re, per motivi assolutamente incomprensibili. Contrariamente a quanto si crede il Fiscal compact non impone il pareggio di bilancio, nemmeno del bilancio strutturale. Esso dice solo che vi deve essere un aggiustamento adeguato verso il pareggio di bilancio strutturale, senza eccedere comunque un disavanzo strutturale dello 0,5 per cento del Pil. Inoltre, dal 2016 la velocità di aggiustamento richiesta dipende dalle condizioni economiche e dal livello del debito, generando un numero incredibile di combinazioni possibili. Infine si possono avere sconti per situazioni particolari, come quando il governo fa investimenti o riforme importanti. Tenendo conto di tutte queste complicatissime regole ed eccezioni, alla fine la Commissione richiede una certa variazione del bilancio strutturale; ebbene, in questi anni l’Italia non ha mai rispettato queste richieste. Anche in questo caso, non si ha notizia di esternazioni della Presidenza della Repubblica o della Consulta.
In ogni caso, non è affatto chiaro che la Costituzione abbia recepito tutte queste regole europee. Letto nella sua interezza, il secondo comma dell’articolo 81 recita: “ll ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali”. Come scrive il sito della Camera, ai sensi dell’articolo 5 della legge costituzionale, gli eventi eccezionali possono consistere in gravi recessioni economiche, crisi finanziarie e gravi calamità naturali. Niente di questo è stato invocato in questi anni.
Cosa vuol dire “debito pubblico sostenibile”?
Il presidente Mattarella ha anche richiamato la necessità di assicurare la sostenibilità del debito pubblico, come previsto dall’articolo 97. Idea condivisibile: chi vorrebbe un debito pubblico “insostenibile”? Purtroppo se esiste una nozione di definizione soggettiva e di applicazione controversa, persino in istituzioni che vi hanno dedicato decenni e il lavoro di decine di persone come il Fondo monetario internazionale, questa è la nozione di sostenibilità del debito. Pochi mesi prima che la Grecia intraprendesse un percorso che la portò a chiedere aiuti per quasi 300 miliardi complessivi, economisti, politici e istituzioni perfettamente rispettabili (inclusa la Commissione europea) sostenevano che il suo debito fosse perfettamente “sostenibile”. L’idea di mettere nella Costituzione un vincolo che nessuno sa né può definire o attuare esattamente è particolarmente perversa: serve solo per dare lavoro alle facoltà di legge per anni a venire.
Un confronto su numeri e fatti, non su vuote formule legali
Tutto questo non significa che questa sia una buona manovra. Personalmente ritengo che sia pessima, per motivi esposti da tanti commentatori (incluso chi scrive) qui e altrove. Ma le manovre vanno giudicate e argomentate sulla sostanza. Argomenti formalistici quali “va contro le regole europee” non vogliono dire niente, perché ebbene sì, le regole europee possono essere sbagliate o troppo complicate, e in ogni caso sono in gran parte una finzione: per troppo tempo abbiamo assistito a un gioco delle parti in cui il governo annunciava, come sant’Agostino, di volere seguire le regole europee, ma solo dall’anno successivo. E invocare le regole europee porta solo acqua al mulino del governo attuale, che ha fatto della lotta alle regole europee un suo cavallo di battaglia. Altri argomenti formalistici come “va contro la Costituzione” si applicherebbero, a maggior ragione, a tutti i bilanci passati. Invocarli ora serve soltanto a rinforzare la visione di tanti sostenitori di questo governo, che le “élites” cospirino contro di loro.
La lezione è importante: basta formalismi, basta legalese, basta giochi delle parti, basta richiami di comodo ad articoli della Costituzione che purtroppo hanno soltanto confuso il dibattito. Confrontiamoci su numeri e fatti, non su vuote formule legali che ognuno può interpretare come vuole.
Tabella 1, Disavanzo strutturale di bilancio
Fonte: Commissione Europea, “Statistical Annex of European Economy”.
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Savino
Prof. Perotti, anche la sovranità non appartiene totalmente al popolo, che è tenuto ad esercitarla nelle forme e nei limiti della Costituzione. Non esiste “la manovra del popolo”, concetto con cui Di Maio va ad esultare sul balcone di Palazzo Chigi del fatto che lo Stato diventa pezzente per dare ai furbi e ai fannulloni italiani 780 euro al mese, e non esiste il “diritto alla felicità” di andarsene in pensione giovani alla faccia delle generazioni future con l’aspettativa di vita alta che c’è. Ciò che fa il bene dell’Italia non sta coincidendo con ciò che fa bene all’ingordigia del popolo italiano adulto, che vuole essere la vera casta.
Stefano Valenti
Non si vede cosa c’entri questo commento con il contenuto dell’articolo, nel quale non si discute del merito della manovra (che il professor Perotti, peraltro, contesta), ma del contenuto del richiamo al rispetto degli articoli della Costituzione da parte di Mattarella e di quegli stessi articoli della Costituzione oggetto del richiamo.
Quanto alla questione di merito, mandare in pensione qualcuno che a sessant’anni ha già quarant’anni di contributi non mi sembra proprio possa essere definito un cedimento all'”ingordigia”.
E’ singolare anche l’idea che ci sia una vera contrapposizione di interessi tra gli italiani adulti e quelli giovani. Non siamo più negli anni 1980, quando si poteva andare in pensione molto prima dei sessant’anni con pochi anni di contribuzione, né credo si possa dire che il drastico peggioramento delle prestazioni pensionistiche attuato dalla Fornero sia andato a beneficio dei giovani di oggi, molti dei quali avranno comunque pensioni da fame, quando riusciranno ad andarci.
(Ma tanto l’aspettativa di vita è alta, in fondo si possono avere contratti precari anche a ottant’anni, no?)
Riccardo Brusadin
Mah, insomma, a me è parso che Mattarella abbia fatto un generico richiamo al mantenimento in ordine dei conti. Ha citato la Costituzione. Mi pare una lettura un po’ forzata del pof. Perotti.
Far intendere poi che Mattarella non conosca bene cosa c’è scritto nei vari articoli della Costituzione mi pare un tantino esagerato
Stefano Valenti
E, guarda caso, il richiamo lo fa adesso, quando, in base ai numeri, avrebbe dovuto farlo anche prima.
Jacopo
Su alcune di queste affermazioni si può pure essere d’accordo nella sostanza (meno nella forma, ma ora va di moda così) ma su altre è sbagliata proprio la sostanza (e non solo la forma). Consiglio (da economista) all’autore di (ri)leggere con attenzione la legge 243/2012 di attuazione dei principi costituzionali citati nell’articolo per capire che le leggi di bilancio degli ultimi anni non sono state affatto incostituzionali. Infatti esse erano coerenti con un percorso di aggiustamento che rispettava (seppure al margine) le regole di bilancio della UE cui gli articoli della Costituzione e le relative leggi di attuazione fanno esplicito riferimento. Da quello che si apprende dai giornali (ma aspettiamo i documenti per conferma) il sentiero della NADEF di questo governo va volutamente contro le regole di bilancio, in modo significativo vale a dire di fatto non negoziabile. Quindi il cambio di paradigma è evidente, del resto per l’attuale governo ciò è un vanto, perchè negarglielo?
pietro manzini
Come membro di una facoltà di legge concordo completamente con l’A.: basta legalese e regole costituzionali difficili da interpretare, concentriamoci sui numeri concreti. Anche perché se volessimo veramente fare riferimento alla Cost bisognerebbe piuttosto richiamare l’art. 117 della stessa che prevede che la potestà legislativa sia esercitata dallo Stato .. “nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”. Pertanto una legge di bilancio che non rispettasse questi vincoli rischierebbe di essere potenzialmente incostituzionale. Ma, per le ragioni indicate dall’A., temo che oggi anche questa norma serva solo ad occuparci in chiacchiere oziose per i prossimi anni.
Donatella
La sintesi è un lento processo che richiede pensiero organizzato, logica ferrea ma un’esposizione essenziale.
Giuseppe GB Cattaneo
Sebbene non condivida mai, o quasi mai, le opinioni del professor Perotti, debbo convenire che questo articolo è quanto di più onesto ho letto sul dibattito politico di questi giorni. Personalmente non penso che il Documento di Economia e Finanza in preparazione sia una panacea, ma senz’altro ha delle potenzialità che nessuno dei precedenti governi aveva espresso. Queste potenzialità possono essere confutate o confermate solo dal tempo e dai numeri. Tutto il resto è sterile polemica.
CARLO FUSARO
Purtroppo Roberto Perotti non è informato come segnala Jacopo.
Non è esatto per nulla dire che «…gli eventi eccezionali possono consistere in gravi recessioni economiche, crisi finanziarie e gravi calamità naturali. Niente di questo è stato invocato in questi anni…».
Al contrario, anno dopo anno i governi han dovuto chiedere l’autorizzazione a scostarsi (dall’obbiettivo del pareggio strutturale): in ultimo un anno fa (spostamento dal 1919 al 2020). Il punto è che la legge 243/2012 che attua l’art. 81 Cost. disciplina tutto ciò, INCLUDENDOVI l’intesa con la Commissione UE (v. art. 6) e che considera raggiunto l’obiettivo, peraltro, anche in caso di scostamento purché sia «assicura(to) il rispetto del percorso di avvicinamento all’obiettivo di medio termine».
Questo è esattamente quel che hanno fatto i governi della scorsa legislatura: infatti il deficit sia strutturale sia nominale è andato calando e il debito si è andato consolidando.
La differenza con chi, pur in plateale dissenso rispetto all’UE, annuncia di voler fare – praticamente – l’opposto è clamorosa.
Tanto più se lo si fa per spesa corrente. E qui ha ragione Perotti: è fondamentale discutere nel merito di numeri; non sarà con le norme giuridiche che si risolve il problema e si evita il default. Resta però che il rispetto delle procedure previste, questo sì resta un valore da perseguire e può costituire un qualche argine all’irresponsabilità.
Roberto Perotti
Purtroppo i fatti dicono esattamente l’opposto di quanto lei afferma. Lei scrive che “Questo è esattamente quel che hanno fatto i governi della scorsa legislatura: infatti il deficit sia strutturale sia nominale è andato calando”. Il disavanzo strutturale negli anni dal 2014 al 2017 è stato, secondi dati della Commissione: 0,6; 0,7; 1,2; 1,7. Mi sfugge come si possa dire che è andato calando. Lei afferma anche che i governi passati hanno rispettato il percorso di avvicinamento concordato con la Commissione. Come è noto, la Commissione è stata molto generosa con il governo italiano, concedendo la famosa “flessibilità” sulla velocità di aggiustamento, per investimenti, riforme strutturali, rifugiati, costi di sicurezza, costi legati al terremoto. In particolare, nel 2016 la somma di queste flessibilità è stata (per motivi chiaramente politici) un enorme 0,83 percento del Pil. Nonostante questo, i governi dal 2014 non hanno MAI centrato il percorso concordato, come documentato dalle Tabelle R.1 ed R.2 alle pagine 50 e 51 del Def approvato in Aprile 2018 dal governo Gentiloni. Quanto da lei affermato nel suo commento dunque non trova minimamente riscontro nei dati.
Motta Enrico
Il calcolo del disavanzo strutturale in rapporto al PIL non è solo un esercizio soggettivo, ma secondo me è anche privo di logica. Al numeratore di questo rapporto c’è il disavanzo, che è un dato del bilancio statale, e al denominatore il PIL, che è un dato che si riferisce all’intera economia del paese, e non al bilancio statale. Semmai ha senso esprimere il disavanzo pro capite, oppure, meglio ancora, metterlo in rapporto alle entrate statali, fiscali e non. Rapportarlo col PIL serve a “diluirlo”, nasconderlo in parte, ma è privo di logica, anche se ne parliamo in continuazione
Andrea
Chi ricorderà agli ideologi dell’ortodossia ordoliberale che i vincoli vertono sul deficit strutturale e non sul deficit tout court?
A fronte della politica in forte deficit seguita da anni dalla Francia che, con un sistema assistenziale-sociale ben più espansivo, se la cava meglio di noi nella crisi – seppur con altrettanta perdita di competitività all’estero – i 2,4% proposti dal governo sono sostenibili. Considerando che le manovre devono essere contro-cicliche e che l’Italia è in situazione peggiore della sua vicina, una politica espansiva anche più audace potrebbe essere pensata. Senza i regali ai ricchi del tipo concessione Autostrade però. La crisi ha generato un’ulteriore concentrazione del capitale ed è questo meccanismo che bisogna disinnescare per una ripresa sostenibile.
Alessandro
Ho grande stima del Prof. Perotti ed e’ sempre un piacere leggere i suoi articoli. Questa volta, pero’, ho l’impressione che sollevi delle questioni, per cosi’ dire, di lana caprina. Aggiungerei: 1. Possiamo anche essere d’accordo che la formulazione del nuovo art.81 abbia peccato di « eccesso di zelo » nel recepire il Fiscal Compact. Ma credo occorra andare alla sostanza del discorso del Presidente, e cioe : la Costituzione prescrive il perseguimento dell’equilibrio di bilancio strutturale. Benissimo: fissare un deficit al 2.4% del pil per tre anni consecutivi, non solo viola gli impegni presi dal precedente governo (e a cui Tria voleva attenersi), ovvero un deficit all’1.6%(vedi https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/economy-finance/12_it_assessment_of_2018_sp.pdf) ma aumenta il disavanzo strutturale, invertendone la tendenza, senza alcuna circostanza eccezionale che lo giustifichi. Piu’ contro l’art. 81 di cosi’ mi sembra alquanto difficile. 2) Il fatto che le leggi di bilancio precedenti (dal 2014 in poi) fossero incostituzionali – assumiamo per semplicita’ che lo siano – non toglie nulla al fatto che il richiamo del presidente Mattarella al rispetto della “tendenza” verso l’equilibrio di bilancio abbia una sua validita’ politica e giuridica in un momento in cui lo spread btp-bund viaggia intorno ai 300 punti base e non pare destinato a scendere ferma restando l’impostazione di questa legge di bilancio (aspettandone il testo).
Roberto Perotti
Mi permetto di dissentire. Purtroppo quanto segue può essere interpretato come una difesa della manovra di questo governo, e sarebbe un errore. Ma i numeri sono numeri. Ecco il mio ragionamento. 1. Vero, come lei afferma il 2.4% viola gli impegni presi dai governi precedenti. Ma i governi precedenti non hanno mai rispettato gli impegni presi da SE STESSI, perché mai ci si dovrebbe scandalizzare se un NUOVO governo viola gli impegni presi dai governi precedenti? Perché non si è mai detto niente sul caso ben più grave di un governo che viola i suoi stessi impegni? 2. Non sappiamo se il disavanzo strutturale aumenterà o no nel 2019, non ho ancora visto stime, che sarebbero comunque molto aleatorie. Ma anche se aumentasse, non sarebbe per niente una inversione di tendenza rispetto ai governi precedenti, come ho mostrato nel mio articolo. 3. Il mio punto è molto semplice: se il pareggio di bilancio strutturale è così fondamentale, perché Mattarella e tutto l’establishment non hanno detto niente negli anni precedenti, quando era violato come lo è ora?
Alessandro
Gentile Professore, grazie della sua replica. In effetti sono incorso in un refuso: volevo dire “invertire la tendenza” rispetto al deficit (la Commissione lo prevede all’1.7 nel 2018, dopo 2.6, 2.5 e 2.3, e da qui al 2.4 e’ un bel balzo, non c’e’ che dire). Ha ragione nel dire che su quello strutturale non si puo’ancora dire nulla, ma ammettera’ che e’ difficile pensare che possa diminuire, viste le premesse. Continuo a pensare che Mattarella abbia fatto il suo dovere. Resto dell’idea che il fatto che non abbia lanciato moniti ai governi precedenti sia poco rilevante e non infici la sostanza del suo discorso. Cordiali Saluti
Michele
Impavido nascondersi dietro le regole europee, i deficit strutturali aggiustati per l’effetto del ciclo, la costituzione etc. La verità che appare a sempre più cittadini è chiara: Gentiloni nel 2017 ha fatto 2,4% di deficit e andava tutto bene, Conte fa 2,4% nel 2019 e non va per niente bene; quando con il jobact si regalavano 12 mld alle imprese erano incentivi per la crescita; quando invece si immagina un sistema di indennità di disoccupazione generalizzato è spesa corrente improduttiva. Con questi giochini, nascondendosi dietro le gonne della UE si alimenta solo il populismo. Si abbia il coraggio di dire ciò che tanti commentatori pensano: una manovra redistributiva (pure timida e malfatta) a favore dei tanti non va bene. Se invece la redistribuzione va a favore delle elite allora è progresso, è compatibile con i conti, favorisce la crescita, etc etc
Stefano Valenti
Concordo.
Dietro il paravento dell’Europa e dell’europeismo si difendono politiche con una connotazione ideologica molto chiara.
Nessuno ci ha mai chiesto se l’idea di unificazione europea che avevamo fosse proprio questa.
Ci è stata cacciata in gola piuttosto subdolamente, senza alcuna discussione politica pubblica.
Henri Schmit
Condivido la conclusione, la “lezione” dell’articolo; quello che precede, compreso il titolo, mi interessa poco. Trovo triste chi prova ad opporre le virtù dei governi precedenti alle insufficienze di quello attuale. Se dovessi scegliere fra il famigerato reddito di “cittadinanza” (costo 10 – 2 del REI = 8 di cui una parte per sviluppare i CPI) che il MEF Tria non ha saputo limitare, e gli 80 euro del 2014 a cui il MEF Padoan non ha saputo opporsi, scelgo senza esitare il primo. La guerriglia con l’UE per nascondere le proprie incapacità e attribuire le proprie colpe, non è stata inventata dai “populisti”. I limiti numerici, come diceva l’altro, sono effettivamente “stupidi”, ma fare un processo giuridico o una campagna pre-elettorale su queste stesse percentuali mi sembra ancora più … stupido. Bisogna convincere con le parole, anche con gli annunci, meglio con dei programmi, ma soprattutto con gli atti e i fatti. Sono molto scettico.
Michele
Assolutamente d’accordo
ildebrando radice
Ho rivisto il filmato con le dichiarazioni di Mattarella: la frase “pareggio di bilancio” non viene MAI citata, mentre il richiamo alla Costituzione verte sull’equilibro che, anche un modesto economista sa, è ben altra cosa rispetto al pareggio. Mi meraviglio che il prof. Perotti che forse ha letto scorretti articoli senza sincerarsi di quanto realmente detto sia caduto in questo grossolano errore.
Roberto Perotti
Attendo una sua spiegazione, accessibile anche a modesti economisti, sulla differenza tra “equilibrio” e “pareggio” di bilancio. La informo che sarà molto ma molto dura: economisti o no, modesti o eccelsi, basta leggere qualsiasi documento sugli articoli 81 e 97 per apprendere che l’espressione “equilibrio” è da intendersi senza ombra di dubbio nel senso di “pareggio”, come del resto si intende inequivocabilmente nelle regole europee che gli articoli 81 e 97 recepiscono. Una sola osservazione: non capisco perché, con tutti gli argomenti che uno può opporre alle mie argomentazioni, lei è andato a scegliersi di mettersi in imbarazzo con quello più palesemente indifendibile.
alfredo melissano
Non sono un economista, sono uno psicologo del lavoro (pensa un pò), quindi mi scuso per le molte inesattezze.
Credo che l’autore voglia dire: che ci fai con il debito che fai? Lo destini ad assistenzialismo o ad investimenti efficaci per la crescita? Distribuendo soldi (reddito di cittadinanza, flat tax, abolizione Fornero) stai favorendo la ripresa dell’economia o stai solo aumentando la capacità di spesa delle persone, nella speranza che questo faccia ripartire lo sviluppo? L’economia italiana è molto centrata sulle esportazioni, quindi sembrerebbe che una maggiore capacità di spesa non servirebbe molto al rilancio economico. Quale strategia c’è dietro l’indebitamento?
ettore falconieri
interpretazioni della costituzione a parte,,la sostanza è che il bilancio dello stato fa acqua da tutte le parti, un Pertini, un Cossiga, solo per fare qualche nome, avrebbero alzato la voce perchè, piu’ che in altre circostanze, ora è la sostanza che conta. Ma il galantuomo Mattarelle è un bravo capitano di battello lacustre, quando la nave Italia è in un mare aperto in pieno fortunale con onde mai viste
Stefano Valenti
Veramente il debito pubblico è esploso proprio negli anni in cui Pertini e Cossiga erano presidenti della repubblica.
Savino
Il popolo italiano deve ascoltare più lezioni di educazione civica sulla nostra costituzione e meno discorsi da bar e sui social network.
Una cosa è il discorso da bar, altro è un ordinamento giuridico.
Giacomo Cambiaso
Professore apprezzo il suo pragmatismo e personalmente non sono favorevole alla manovra per quel poco che si e’ sentito fino ad ora in attesa di ulteriori dettagli. Come suggerisce lei con la sua conclusione anch’io preferisco confrontare o giudicare i numeri e sopratutto i fatti compiuti. Avrei a tal proposito una domanda da sottoporre a lei e molti sacenti commentatori del suo articolo. Nel triennio che lei prende in oggetto abbiamo goduto di un privilegio irripetibile, il QE della BCE, che tradotto in numeri ha significato miliardi di risparmio sul debito. Durante questo periodo eccezionalmente favorevole i governi in carica hanno assestato lo stesso deficit eccetto per un anno, il debito e’ lievitato di 200 miliardi e la crescita e’ stata anemica. Hanno speso miliardi per l’accoglienza e chiesto ulteriore flessibilita’, quindi, mi corregga se sbaglio, piu’ debito. Alla luce di quest’analisi, se anche questa manovra fosse la peggiore della storia, ma come fanno ad argomentare con critiche da rigoristi? Non hanno sperperato un’irripetibile fortuna prima di essere rimpiazzati? Siamo in un epoca di iper-keynesismo a cui sono personalmente stracontrario, ma e’ molto attinente al tanto discusso reddito, di certo un qualcosa che verra’ speso con effetti moltiplicatore e di cui solo d’iva ne verra’ recuperata una buona fetta. C’e’ un grosso problema di disoccupazione, il pensionamento dovrebbe liberare posti di lavoro. Continua…
Giacomo Cambiaso
Letta cosi’ la manovra risulta espansiva, non recessiva. Oltretutto l’assistenzialismo per gli immigrati si, ma quello per i cittadini no, come funziona? Un’ultima cosa, credo che oltre la costituzione il presidente dovrebbe difendere il paese, certe critiche ed attacchi mediatici dell’UE fanno lievitare lo spread anche di piu’ dei numeri sul deficit, indipendentemente dalla sua approvazione e stima per l’esecutivo, quindi denuncerei la sua totale assenza davanti a certe gravi dichiarazioni lesive dell’interesse nazionale. Mattarella non perde occasione per dimostrarsi uomo di partito piu’ che la prima istituzione del paese
Giovanni
Grazie per la chiara esposizione, molto utile. Avrei però risparmiato il nostro Presidente Mattarella il quale mi sembra che stia cercando di fare del suo meglio. Inoltre la Costituzione è naturalmente il suo unico punto di appoggio per esporre indirettamente delle critiche o indurre riflessioni. L’errore è forse anche suo (del Presidente) ma è anche vero che si trova in una posizione infintamente più complicata di commentatori/giornalisti che invece potrebbero ben più facilmente fare lo sforzo di seguirla in vista di un confronto serio e concreto.
gerardo coppola
complimenti vivissimi per la chiarezza. rara avis
Luigi
C’è una giuria per basare giuridicamente il giudizio sulla sostenibilità del debito a fronte di determinate scelte di indebitamento: i mercati e gli spread sugli interessi sia tra Paesi sia tra emissioni. Al netto di eventi esterni. Il periodo di tempo che va dal Def all’approvazione della legge di bilancio è sufficiente per chè questo giudizio si formi. Perchè è questa la vera differenza con gli scostamenti passati e cioè che in fase di Def e di legge di stabilità i mercati si conformavano alle scelte politiche. Per cui credi che Mattarella a fronte di mercati in subbuglio abbia ben ragione di richiamare l’art. 97 della Costituzione. Non mi risulta che a chiusura degli esercizi precedenti i mercati o le agenzie abbiano bocciato per questo l’Italua.
Luigi
Per essere ancora più chiarii, se dopo il primo trimestre la crescita si rivela inferiori, come Commissione e Fondo monetario e Agenzie ora sostengono, e i tassi sul debito italiano dovessero aumentare in modi anomalo ci sarebbero tutti i presupposti, considerati che questi dati sino già presenti in fase di previsione, per una sentenza di incistituzionalutà della legge di bilancio 2019.
Stefano Andreoli
Come succede spesso, purtroppo, anche in questo sito, l’allarme contenuto nel titolo e nell’abstract non è poi giustificato dal contenuto. Lasciando da parte la critica del tutto gratuita a Mattarella (l’articolo 97 dice in modo sintetico quello che l’art. 81 dice in modo più esteso), la violazione sistematica della costituzione si ridurrebbe al fatto che secondo l’autore l’art. 81 detta regole di bilancio più severe di quelle previste dal diritto europeo (ma l’articolo 81 viene comunemente interpretato come la semplice trasposizione della normativa europea di bilancio: vedi gli atti del convegno del 23/11/2013 sul sito della c. cost.). Le “vuote formule legali” si riferirebbero all’eccessiva soggettività e vaghezza di concetti come “disavanzo strutturale” (ma lo stesso autore riconosce che spetta alla Commissione tradurli in numeri, attraverso una complessa metodologia). Non sono d’accordo neanche con il messaggio di fondo dell’articolo, che sembra ridurre le istituzioni e le leggi a qualcosa del tutto inutile. Per un normale cittadino i “numeri e fatti”, su cui secondo il Prof. Perrotti bisognerebbe concentrarsi, sono altrettanto difficili da comprendere quanto le metodologie adottate dalla Commissione. Ciò che però il cittadino può capire è che, se una serie di istituzioni indipendenti/esterne (commissione, pres. della repubblica ecc.) si oppongono, forse è perché il governo si sta lasciando troppo andare alla sua notoria tendenza a fare politiche fiscali espansive.