Non stupisce il passo indietro del governo italiano sul Global compact for migration, dovuta a motivi ideologici, di indirizzo e di contenuto. Ma è anche una scelta di campo: ci allontana dagli alleati storici e ci avvicina ai paesi del gruppo Visegrad.
Cos’è il Global compact for migration
Non è sorprendente il passo indietro del governo italiano sul Global compact for migration. E non è nemmeno sorprendente che il presidente del Consiglio Conte abbia smentito quanto aveva affermato un paio di mesi fa, cioè che l’Italia avrebbe firmato l’accordo. Non lo è per motivi ideologici anzitutto, ma anche di indirizzo e di contenuto.
Il Global compact è lo sbocco di un processo avviato due anni fa dall’Onu, con un voto unanime dei 193 paesi membri: intraprendere un percorso comune per la definizione di un approccio globale alle sfide poste dalla mobilità umana, definendo un quadro regolativo per “migrazioni ordinate, sicure e regolari”. Insomma, si è preso atto che – come il riscaldamento globale o la riduzione degli armamenti – le migrazioni sono una di quelle questioni che non possono essere risolte dai singoli paesi, ma richiedono un’ampia cooperazione internazionale. Un altro Global compact dovrebbe riguardare la questione più specifica dei rifugiati.
Il Global compact for migration è stato definito dopo due anni di lavoro e ampie consultazioni di governi, istituzioni internazionali, enti non governativi, esperti. Ne è scaturita una proposta articolata in 23 obiettivi e per ciascuno sono previste diverse azioni, ma nessun vincolo stringente per i paesi firmatari. Si tratta di una specie di bussola che dovrebbe orientare le politiche, sviluppando intese tra i governi di volta in volta interessati e le scelte interne dei singoli stati, ma nulla di più. Riafferma infatti il principio della sovranità nazionale e il potere dei governi di determinare la propria politica migratoria, distinguendo immigrazioni regolari e irregolari, sia pure in conformità con il diritto internazionale. Nei contenuti, è un documento molto equilibrato e calibrato, che prevede tra l’altro l’impegno a contrastare i problemi strutturali che possono indurre le persone a lasciare il loro paese, la garanzia che le migrazioni avvengano con documenti regolari, la lotta ai trafficanti e ai favoreggiatori dell’immigrazione non autorizzata, il sostegno al ritorno,
Una scelta di schieramento
I motivi per cui Matteo Salvini ha già annunciato la sua contrarietà, assumendo ancora una volta le prerogative del ministro degli Esteri, e il premier Conte ha rimandato la decisione a un futuro dibattito parlamentare, sembrano essenzialmente due. Il primo è simbolico, o se si vuole ideologico. Gran parte dei paesi dell’Europa occidentale hanno annunciato il loro assenso. Compresi il Regno Unito della Brexit e la Grecia degli sbarchi. Altri governi (pochi) hanno invece già comunicato la loro contrarietà. Si chiamano Ungheria, Polonia, Slovacchia, Bulgaria, Croazia, Austria. Il nocciolo duro dei contrari è insomma il gruppo di Visegrad, a cui si è accodata l’Austria dopo le ultime elezioni: i paesi che hanno innalzato la bandiera del sovranismo e della chiusura delle frontiere. Per le forze al potere in questi paesi dire “no” a qualunque proposta relativa all’immigrazione è un marchio di fabbrica, il mantra attorno a cui hanno costruito il consenso politico di cui godono. Quasi un riflesso condizionato. Il primo motivo della frenata italiana e del probabile no è una scelta di schieramento: prendere le distanze dai nostri alleati storici, dalla tradizione liberale europea, per schierarsi con governi che si stanno allontanando dalla quella tradizione e compiono scelte che si discostano dagli standard democratici e umanitari a suo tempo fissati dall’UE.
Il secondo motivo si riferisce ad alcuni contenuti del Global compact. Non si tratta proprio di un testo generico e innocuo e in qualche punto stride con l’impostazione del governo italiano. Prevede la disponibilità e la flessibilità di percorsi di immigrazione regolare, l’impegno a salvare le vite dei migranti in pericolo, l’impiego della detenzione dei migranti solo come misura di ultima istanza, l’accesso ai servizi di base e altre linee d’indirizzo che rafforzano i diritti dei migranti. Fa intravedere tra l’altro la possibilità di una prudente apertura delle frontiere anche per l’immigrazione per lavoro, in relazione alle esigenze dei paesi riceventi. Un obiettivo, il ventesimo, riguarda esplicitamente la riduzione dei costi dell’invio di rimesse da parte degli emigrati, richiamando diversi documenti internazionali che valorizzano l’impegno degli espatriati a favore delle famiglie delle comunità di origine: il fatto che aiutino casa loro.
A questo punto la parola passa al parlamento. Ma si può dubitare che il Global compact coaguli il consenso necessario. I Cinquestelle alla fine su questi temi si accodano sempre allo scomodo partner di governo. Ciò che resta del centro-destra italiano ha votato il decreto sicurezza di Salvini e non sembra disposto a prendere le distanze dall’impostazione dell’ex-alleato sull’argomento.
Si può dubitare degli effetti concreti del Global compact, ma finire subito nel gruppo minoritario dei contrari a prescindere servirà ancor meno. Non gioverà di certo all’immagine internazionale del nostro paese, al suo rango nel novero dei paesi che guidano il mondo, all’ascolto delle sue richieste nei negoziati con gli altri governi.
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Savino
Come ministro degli esteri Salvini ha già fallito, perchè, d’altro canto, sulla sacrosanta procedura d’infrazione contro l’Italia per aver sforato ogni parametro sui conti pubblici, tutti i Paesi sovranisti e tutti i Paesi del Mediterraneo stanno con la Commissione Ue.
Savino
dopo la polemica con Spataro aggiungo che Salvini ha fallito come ministro degli interni, poichè ha dimostrato, interferendo nelle inchieste con un tweet, di non saper fare quel lavoro.
DDPP
Ringrazio l’autore dell’articolo che mi ha permesso di scaricare il documento Sul Global Compact. Documento che trovo francamente complesso e nella cui lettura sto procedendo con lentezza. Credo che riuscirò a maturare un parere solo dopo un paio di letture e con qualche articolo di commento in aiuto. Premesso questo, non nascondo un certo fastidio verso coloro che imprecano contro il Governo perché vuole discuterne in aula. Mi sembra che l’aula parlamentare sia il luogo più indicato per effettuare valutazioni che non siano solo di pancia – di destra o di sinistra che sia
Benedetto
Ah quindi i paesi liberali sarebbero quelli dell’Europa occidentale? Quelli che hanno riempito i loro ordinamenti di reati di opinione e che chiedono/impongono ai social network di censurare e segnalare chi dissente dalla propaganda immigrazionista e perbenists dei loro regimi? Le vostre idee e politiche devastanti in tema di immigrazione hanno già distrutto la vita di milioni di cittadini europei, non ne avete ancora abbastanza? Voi tutto potete dirvi tranne che liberali. I veri liberali costruivano imperi coloniali e difendevano i confini delle proprie nazioni con le navi da guerra, mai avrebbero consentito l’invasione dei loro paesi da parte di schiere di fanatici che non condividono nemmeno una minima parte dei principi della democrazia e dello stato di diritto.
Gasper Rino Talucci
Dunque chi non accetta di aprire indiscriminatamente i propri confini è automaticamente illiberale? Non si citano nell’articolo gli USA o l’Australia fra i contrari, forse perchè si tratta di noti paesi non liberali e dittatoriali? Il vero fascismo è voler imporre ai popoli una politica scritta da organismi non eletti da nessuno.