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Inadempienze probabili, il nuovo fronte delle banche

Prima di una eventuale nuova recessione le banche italiane dovrebbero mettere in sicurezza gli attivi. Oltre agli Npl, c’è un altro fronte: le inadempienze probabili. La loro gestione richiede competenze specialistiche, che non sempre gli istituti hanno.

Npl, perché se ne parla

Da un paio di mesi la febbre bancaria ha ripreso a salire, perché gli attivi delle banche italiane sono a rischio per una serie di motivazioni. Le maggiori preoccupazioni sono legate agli effetti dell’aumento dello spread sul valore dei titoli di stato italiani, con la conseguente riproposizione della spirale perversa fra debito sovrano e banche, e all’ingente mole di crediti deteriorati tutt’oggi presente.

Se i primi due aspetti sono esterni al sistema bancario, sui non-performing loan (Npl) le banche sono, almeno in parte, artefici del loro destino. Certo, la relazione tra andamento del Pil e quello dei crediti deteriorati è molto stretta: meno cresce (o più scende) il Pil e più aumentano i crediti deteriorati. Una nuova eventuale recessione avrebbe inevitabili ripercussioni negative sul livello e sulla dinamica degli Npl. È perciò di importanza cruciale mettere in sicurezza il prima possibile questa componente degli attivi bancari.

I numeri, pur in sensibile miglioramento rispetto agli ultimi anni, rimangono preoccupanti. Secondo i dati Eba, i bilanci delle principali banche italiane contabilizzano 159 miliardi di Npl (il 21 per cento su un totale europeo di circa 748 miliardi), con un Npl ratio che sfiora il 10 per cento. Nel dicembre 2015 avevano però raggiunto il livello record di 259 miliardi (22,5 per cento su un totale europeo di quasi 1.150 miliardi), con un Npl ratio di oltre il 16 per cento. Solo Grecia, Cipro e Portogallo, ancora oggi, sono in condizioni peggiori dell’Italia.

Figura 1 – Npl in Europa dal 2015 a oggi

Fonte: Elaborazione propria su dati Eba

I crediti deteriorati pesano sui bilanci delle banche italiane, con inevitabili contraccolpi sui vincoli patrimoniali che sono chiamate a rispettare e sull’erogazione di credito. È molto probabile che tutto ciò abbia rallentato e reso più anemica la ripresa dopo la (seconda) recessione del 2011-15. Il legame tra Npl e crescita del Pil, in altri termini, “scorre per entrambi i versi”. La discussione, tuttavia, è stata troppo spesso ricondotta unicamente al pur cruciale smaltimento delle “sofferenze”, trascurando le altre categorie di Npl: se ciò è ammissibile per le esposizioni scadute o sconfinanti deteriorate, dati gli esigui valori in gioco, non è giustificabile per le inadempienze probabili.

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Inadempienze probabili, cosa e quante sono

Insieme alle sofferenze e alle esposizioni scadute o sconfinanti deteriorate, le inadempienze probabili sono una delle tre categorie di Npl previste nella normativa di riferimento di Banca d’Italia. Sofferenze e inadempienze probabili hanno razionali sottostanti profondamente diversi: le prime sono crediti con un grado di deterioramento irreversibile, essendo verso soggetti, di diritto o di fatto, insolventi mentre le seconde si rifanno al concetto probabilistico di unlikeliness to pay (improbabile adempimento) del debitore nell’adempimento integrale delle obbligazioni contrattuali, senza azioni ad hoc (per esempio, escussione di garanzie).

L’approccio richiesto per gestire le due categorie è profondamente diverso. Nel caso delle sofferenze la finalità è liquidatoria, trattandosi di crediti inesigibili in cui la controparte versa, generalmente, in una procedura fallimentare. Ben diversa è la situazione di una inadempienza probabile: qui la finalità è gestoria in quanto le controparti vivono una crisi temporanea e possono tornare in bonis.

Secondo i dati Banca d’Italia, a giugno 2018 gli Npl lordi in Italia erano pari a 225 miliardi, di cui 90 miliardi sono inadempienze probabili con una incidenza del 40 per cento. La fotografia muta radicalmente se si analizzano le esposizioni al netto degli accantonamenti: i crediti deteriorati netti totali sono 103 miliardi, mentre il sott’insieme delle inadempienze probabili tocca i 56 miliardi (incidenza di circa il 55 per cento), sorpassando le sofferenze, che sono vicine a 41 miliardi.

Figura 2 – Inadempienze probabili dal 2016 a oggi

Fonte: Elaborazione propria su dati Banca d’Italia

Cosa dobbiamo aspettarci?

Non a caso, dunque, dopo anni in cui parlare di Npl significava (quasi) esclusivamente parlare di sofferenze, l’attenzione degli addetti ai lavori si sta progressivamente spostando verso le inadempienze probabili e la recente accelerazione di alcune operazioni da parte di Mps e Unicredit ne è la riprova.

Come evolverà tale mercato? Difficile dirlo, tuttavia è presumibile che l’evoluzione regolamentare in termini di calendar provisioning (tempistica per gli accantonamenti) avrà risvolti sulla tempestività con cui gli operatori bancari interverranno sui nuovi flussi di inadempienze probabili – specie se non garantite (unsecured) – mediante la stipula di accordi quadro con gestori e studi legali specializzati che hanno le competenze per provare a sanare quei crediti.

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Per quanto riguarda lo stock in essere, invece, è possibile che vi siano numerose operazioni ma con controvalori sensibilmente più contenuti rispetto alle operazioni monstre effettuate su portafogli a sofferenza da attori primari negli ultimi due anni (si pensi ai 17,7 miliardi ceduti da Unicredit nel luglio 2017, ai 24,1 miliardi ceduti da Mps nel maggio 2018 e alla partnership strategica fra Intesa Sanpaolo e Intrum dell’aprile 2018).

La gestione di inadempienze probabili ha un carattere altamente specialistico per cui occorrerà adottare logiche più focalizzate (potenzialmente anche “caso per caso”), che approfondiremo in un prossimo articolo. Le sofferenze non sono un rischio bensì una certezza per le banche, vista la finalità di liquidare le posizioni, mentre le inadempienze probabili, se ben gestite, possono normalizzarsi portando significativi guadagni. In ogni caso, non sarà possibile voltare la testa dall’altra parte, pena un ulteriore innalzamento della febbre bancaria nel nostro paese.

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  1. Henri Schmit

    Interessante, pertinente, condivisibile. Contesto solo che la differenza fra NPL e sofferenze sia una scoperta recente. TUTTI gli studi che ho potuto consultare l’anno scorso, quelli di Bankit, degli organismi internazionali, OCSE, UE, e delle grandi società di revisione, TUTTI parlavano e calcolavano sempre sul totale NPL distinguendo poi al loro interno le varie categorie, come fa ora l’articolo. Il problema profondo secondo me è un altro: aver ignorato la dinamica sistemica, cioè non prettamente economica (crisi mondiale, recessione in Europa e in Italia), ma giuridica, normativa, procedurale, comportamentale che contraddistingue e svantaggia le banche italiane rispetto ai loro concorrenti. Spetta al mondo accademico, alle autorità di vigilanza e infine pure alla politica responsabile comprendere questi meccanismi e proporre soluzioni. Qualcosina è stata fatta nella precedente legislatura. Si inzia sempre con una confessione di arrivarci tardi. Ma meglio tardi che mai.

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