Il governo cambia tattica e decide di fare i compiti per il 2019, limando il deficit al 2,04 per cento del Pil e la crescita all’uno per cento. Arriva una tregua natalizia che non risolve i problemi di una manovra di cattiva qualità.
Il giorno dei numerini
Tanto tuonò che non piovve. Dopo un’estate di proclami fiammeggianti e un autunno di sfida e di dileggio contro i burocrati e i numerini di Bruxelles, il Governo del Cambiamento – tenendo fede al suo nome – cambia tattica e vira su una manovra che porterà a un deficit di 2,04 punti di Pil con tagli per circa 10 miliardi. Il tutto pare sufficiente a salvare per ora capra e cavoli. La borsa sale e lo spread scende. Un sospiro di sollievo.
Il momento della verità comincia con il riconoscimento da parte del governo che – in linea con le opinioni espresse da tutti gli osservatori – la crescita 2019 sarà all’uno per cento, e non all’1,5 previsto nel documento di bilancio spedito a Bruxelles a fine ottobre. Si noti che la minor crescita attesa è causata anche dal peggioramento della congiuntura economica di questi mesi –peggioramento parzialmente attribuibile al netto calo autunnale della fiducia, a sua volta indotto dalla scelta di andare a un confronto muscolare con l’Europa.
Come si è arrivati ai “numerini buoni”
Indipendentemente dal perché e per come, di per sé, l’ammissione di una crescita del Pil più bassa porta con sé un’altra ammissione ovvero che nel 2019 ci saranno minori entrate fiscali del previsto e quindi un maggiore deficit atteso per il 2019, in ragione – stimano i tecnici – di mezzo punto circa di deficit in più per ogni punto di Pil in meno. Quindi, facendo i conti: una crescita 2019 inferiore di mezzo punto di Pil rispetto al previsto vuol dire un deficit atteso che dal 2,4 sale al 2,6 o 2,7 (qualcuno a palazzo Chigi forse scriverebbe 2,65, dato che da quando si è scoperto che 0,05 punti di Pil valgono circa 900 milioni di euro, nel governo è scoppiata una vera e propria passione per i decimali dei decimali!). A seguire, con un deficit in partenza al 2,6 o 2,7, cioè più elevato, per andare giù al 2 per cento auspicato – o almeno tollerato – dalla Commissione, ci vuole un aggiustamento di bilancio di circa 10,5 miliardi di euro. Da qui arrivano i 10,25 miliardi di tagli di bilancio – il numerino alla base dell’accordo con Bruxelles di cui hanno parlato anche il ministro dell’Economia Tria e il premier Conte.
Dieci miliardi non sono noccioline. Il vicepremier Matteo Salvini annuncia trionfale ai suoi che della legge di bilancio non è stata cambiata neanche una virgola. Difficile credergli. Ad esempio per trovare circa metà delle risorse necessarie il governo dovrà ridurre i fondi disponibili sul 2019 per il reddito e la pensione di cittadinanza (2 miliardi in meno) e 2,7 miliardi di quelli destinati alla controriforma delle pensioni (la cosiddetta quota 100). Come questo sia compatibile con le generose promesse elettorali e i proclami dal balcone di palazzo Chigi, rimane da vedere. Tra le altre voci i tagli includono altri 1,4 miliardi derivanti da maggiori dismissioni immobiliari (da aggiungersi a quelle già promesse in una precedente letterina di risposta a Bruxelles). Mentre altri tre miliardi circa arrivano dalla riduzione di dotazione di vari fondi destinati a finanziare le Ferrovie, lo sviluppo e la coesione territoriale, la parte nazionale del cofinanziamento di progetti europei. Tra i fondi ci sono anche i 100 milioni di risparmio derivanti dal rinvio al primo novembre della presa di servizio dei dipendenti del pubblico impiego e 150 milioni appostati alla web tax, finora rimasta sulla carta. L’insieme delle misure proposte fanno scendere l’aumento del deficit strutturale dallo 0,8 previsto a ottobre ad un più modesto 0,2 per cento che ci verrebbe ulteriormente “abbuonato” in considerazione del fatto che le catastrofi autunnali comporteranno spese eccezionali.
Una tregua, non la fine del conflitto con Bruxelles
Insomma, al di là dei dettagli (che pure conterebbero) vale il quadro complessivo, e cioè che lo sforamento dei deficit effettivo e strutturale promesso dal governo italiano per il 2019 si riduce, in linea con gli aumenti di spesa corrente preventivati in precedenza. Questo basta al governo gialloverde per confezionare un racconto su come la qualità della manovra rimanga la stessa e questo basta alla Commissione per dimostrare che un governo riottoso alle regole come il governo italiano è stato invece almeno obbligato a fare i conti con le regole. Lo sfondo della situazione francese e la tacita approvazione della signora Merkel e del governo spagnolo hanno così finito per mettere a tacere le proteste dei piccoli paesi del Centro e del Nord Europa.
La tregua raggiunta al posto delle sanzioni è in definitiva un risultato accettabile che consentirà ai litiganti una pausa di riflessione. Rimane che i problemi derivanti dalla cattiva qualità di una manovra italiana squilibrata verso la spesa corrente, dotata di coperture avventurose e che porterà ad un aumento netto – anziché a una riduzione – della pressione fiscale si ripresenteranno tali e quali nell’anno che viene. Ma almeno lo faranno in modo un po’ meno drammatico di come sarebbe stato sull’orlo di un default.
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Henri Schmit
Sono perfettamente d’accordo, l’unico aspetto positivo è il clima di tregua e la riduzione dello spread. Per il resto è un disastro: uno sbilanciamento della manovra a favore di spesa socialmente e economicamente inefficace e a sfavore degli investimenti privati e pubblici, un deficit comunque alto con il rischio di alimentare più il debito che non la crescita, un discorso pubblico bugiardo, ingannevole, pessimo presagio per il futuro, una resa compiacente dei poliziotti deboli di Bruxelles a danno dei contribuenti italiani. In realtà hanno vinto i demagoghi che ci governano. Il costo sarà alto per gli Italiani, il danno non sarà limitato all’Italia, ma il maggior rischio è per la stessa UE di perdere la propria credibilità. La vicenda fa pensare alla resa di Bruxelles nel 2016 davanti alle richieste di Cameron. Se l’UE fosse stata più severa, più coraggiosa, avrebbe vinto lo stesso la Brexit? Serve una nuova commissione, un presidente coerente e autorevole, come Barnier, non “un amico dell’Italia” come Juncker.
Francesco
Non so, per l’UE si prospetta un bel depotenziamento e un ‘liberi tutti’ che porterà solo disastri futuri a chi come l’Italia non è in grado di autoregolarsi da decenni ed ha tirato a campare negli anni 70-80 (quando ancora si riusciva) a colpi di svalutazione. In definitiva qua si riesca a recuperare temporanea competitività solo impoverendo i cittadini in modo diretto o indiretto. La crisi è strutturale e non se ne esce anche perché nel mondo ci sono oggi economie molto più competitive. Secondo me vivremo decenni di impoverimento economico, sociale e culturale, senza vie di fuga. Chiamiamolo col suo nome: declino.
Giovanni Rossi
la tregua non durerà molto; l’improvvisazione di questi apprendisti stregoni accorcerà la vita a questo governo di sonnambuli travestiti da finti bulli ! il popolo bue non ha ancora capito la lezione e se l’autunno economico del 2019 già prospetta infauste previsioni, nel 2020 si arriverà al “break even point” con clausole di salvaguardia da raffreddare superiori ai 24 ML di euro ; a quel punto il popolino che ha votato questi scappati di casa potrà anche rincorrerli con i forconi, ma i danni si pagheranno per anni.
Michele
Capisco che dia fastidio. Eh si, la prima manovra redistributiva da decenni – timida e “arraffazzonata” – da fastidio. Quindi ci si attacca ai tanti (troppi) difetti di dettaglio e di tattica per non dire chiaramente che si preferivano le manovre PD/FI/Lega/Monti che aumentavano il debito pubblico (in assoluto e in percentuale del GDP) ma almeno distribuivano regali ai soliti noti: chiamali infrastrutture inutili, jobact o industria 4.0 etc.la morale è sempre stata la stessa. Trasferimento di ricchezza a chi non ne ha bisogno, ma lo pretende per fare – male – il proprio lavoro. Alla fine i numeri parlano: investimenti privati giù del 20% rispetto al 2007, rendite parassitarie in aumento, precarizzazione del lavoro e quindi calo della domanda interna (sorpresi?), crecita metà della UE da decenni (prima e dopo l’Euro – lo dice Draghi), produttività del lavoro stagnante (ma la flessibilità del lavoro non doveva curare tutti i mali?) etc. Certo, se si fa della trinità concessioni/appalti pubblici/prescrizione il fulcro della politica economica non ci può aspettare molto di meglio. Davvero vogliamo rimanere su questa strada? Senza neppure provare un cambiamento, per quanto maldestro?
Massimo GIANNINI
Ci dica Daveri, con qualche esempio, come l’avrebbe scritta tenuto conto dei numeri a cui il governo precedente aveva “impiccato” l’economia e il paese. Forse qualcuno si è dimenticato che se si seguivano i numerini del governo precedente si sarebbe dovuto fare una manovra restrittiva pro-ciclica, il che non è proprio il massimo per la soluzione dei problemi e la coesione sociale. P.S. Ma perchè la Francia può fare certe cose (spesa corrente e in deficit oltre il 3% e noi no)?
Alessandro
Provo a rispondere io: l’1.6% di deficit nominale “imposto” dal governo precedente (lungi da me difenderlo: ha commesso tanti errori di politica economica economica, ma non questo) era il massimo che la Commissione Europea poteva accettare, stante le regole europee attuali – liberamente approvate dal ns Parlamento e non imposte da quella cattivona della Commissione – per impedire che il deficit strutturale del 2019 aumentasse. Questo lo sapeva bene anche il Ministro Tria. La Francia lo puo’fare perche’ il suo deficit strutturale nel 2019 continuera’ ad essere in discesa (dato che il deficit nominale sopra il 3% nel ’19 e’ “one-off”, dovuto a una trasformazione di crediti d’imposta a sgravi fiscali, e dopo scendera’), e senza mettere a rischio il finanziamento del suo debito pubblico (infatti lo spread tra i titoli francesi e i Bund e’intorno ai 44 bps). Ma i numeri italiani sono comunque sballati perche’ una crescita reale del Pil dell’1% nel ’19, con l’Italia praticamente gia’ in recessione, il probabile ulteriore peggioramento del ciclo economico e il trascinamento negativo che questo implichera’nei prossimi trimestri, a questo punto e’gia’fantascienza. Insomma, una finanziaria da falso in bilancio, come ha scritto Roberto Perotti.
Henri Schmit
Risposta perfetta che quasi tutti condividiamo. Che cosa possiamo o dobbiamo fare per evitare che l’opinione pubblica sia ingannata e il paese spinto verso il baratro da argomenti fallaci come quelli diffusi dai commenti firmati dai soliti Don Quichote populisti, più o meno anonimi, forse dei Troll pagati da un’associazione parapolitica? Ai tempi del referendum costituzionale numerosi Troll pagati da interessi vicini al governo intervenivano sui siti d’informazione inglesi per diffondere falsità e fare propaganda a favore del si. Lo facevano massicciamente per esempio su The Economist in seguito all’articolo che suggeriva di votare no. Perché non qua? Bisognerebbe esigere maggiore trasparenza circa l’identità di chi interviene.
franesco daveri
Caro Giannini, non faccio il politico ma perfino un dilettante della politica meglio di questi politici poteva fare. avrei fatto 5 cose (1) avrei provato a ottenere lo stesso deficit che hanno portato a casa oggi ma senza minacciare fuoco e fiamme, quindi partendo subito dal 2 per cento, avendo osservato il rallentamento dell’economia (loro invece erano in spiaggia) (2) per affrontare il disagio sociale avrei proseguito con gradualità con il Reddito di Inclusione (aggiungendo diciamo un paio di miliardi) dato che per come è disegnato il Rei è una misura che prova a ridurre al minimo gli incentivi a nascondersi nel lavoro nero – a differenza del reddito di cittadinanza (3) non avrei fatto quota 100. (4) piuttosto avrei fatto qualcosa tipo Obama con i 50enni che perdono il lavoro e devono essere assistiti nel ritrovarlo. probabilmente lo spread non sarebbe salito e non ci sarebbe stato bisogno di promettere nuovi salvataggi alle banche, dopo che le si tassa per finanziare le maggiori spese. (5) avrei cercato di razionalizzare i programmi esistenti per investimenti pubblici. sono i nuovi politici ad essersi impiccati alle loro promesse impossibili e così ci hanno fatto fare un giro di “spread valzer” che potevamo risparmiarci.
Michele
I soliti pannicelli caldi che abbiamo già visto tante volte dai tempi di Berlusconi in poi. Con i risultati che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni: la peggior crescita nella UE da decenni, prima e dopo l’euro (parola di Draghi), gli investimenti più bassi di oltre il 20% rispetto a 10 anni fa etc etc. Sono d’accordo che la manovra del governo sia eccessivamente timida e arrafazzonata. Occorreva invece una manovra molto più redistributiva e con un deficit molto più basso, accompagnata da politiche pre-distributive molto più robuste. Non si può avere tutto subito, sarà per il 2020
Massimo GIANNINI
Non fa il politico ma: 1) Quello che conta è il risultato. Tutti sono concordi che se si partiva dal 1,6% si arrivava ben più giù e in ogni caso i conti erano da fare meglio nel frattempo; 2) E’ più o meno quello che fanno in realtà avendo utilizzato il REI e provveduto ad integrazioni anche con altre finalità; 3) E’ in effetti l’unica misura dubbia, ma la Lega vi si è impuntata e il governo deve decidere; 4) Incomprensibile quello che dice e lo spread non c’azzecca nulla, non dipende dalla manovra; 5) La solita narrazione. Soldi per investimenti pubblici ci sono e sono anche già impegnati il problema è che non si riesce a spenderli…e dajè con lo “spread valzer” inventato dai giornalisti. Guardi ben il grafico dello spread e analizzi le correlazioni. Avrà sorprese. Poi per carità tutti pensano di poter far meglio o che avremmo potuto far meglio…
Amegighi
Ed in tutto questo sconfusionato fumo di cose tirate fuori senza un grande senso logico e chiaramente evidenziate nei commenti di chi Le ha risposto con competente conoscenza e capacità, mi permetta di aggiungerLe la totale mancanza di un’idea di sviluppo, ricerca ed innovazione. Si tirano fuori dal cilindro come fossero oggetti da prestigiatore, le bellezze dell’auto elettrica e dei TIR a basso consumo per sostenere strampalate idee anti ferrovia, mentre colonne di autoarticolati attraversano da Est ad Ovest il nostro Nord, causando innumerevoli disagi e costi (ovviamente non considerati nei famosi costi-benefici), scomparendo d’incanto dopo le frontiere in nazioni evidentemente guidate, per i nostri Gvernanti, da imbecilli e distruttori dell’ambiente senza senso come ad esempio gli svizzeri. Si sparla di tecnologia, innovazione, intelligenza artificiale, quasi che queste spuntino dal terreno a caso invece di essere frutto del lavoro di quei tanto vituperati al servizio delle multinazionali che sono gli scienziati. Anzi li si caccia da Commissioni e comitati e in questo altezzoso esempio di ignoranza posta a comandare non si pensa neanche, alla faccia della cosiddetta “nuova economia circolare” di mettere giù un serio progetto a lungo respiro per indirizzare la nostra ricerca pubblica e privata nella scia di ciò che da altre parti (vedi Germania) stanno già facendo. Val di più sbertucciare i vaccini che parlare di come costruire bene e seriamente il futuro dei nostri figli
Ermes Marana
Boh questo Governo di incapaci ha messo una bomba a tempo da 24ML (per ora, molto probabilmente aumenteranno) che esploderá nel 2020. Il tutto per distribuire regalini elettorali a destra e manca in un disperato tentativo di arrivare alle europee…
Dove non si sa che cosa sperano di fare dato che gli amici di Visegrad (che si son dimostrati meno “amici” del previsto) stanno passando per problemi non da poco.
Poi leggi i commenti e ti cascano le braccia
Carmine Meoli
A parte le valutazioni su una manovra che non condivido , ma la cosa poco importa.Mi spiace osservare che non trova rilievo la componente demografica . Con circa 400.000 mila abitanti in meno e un pil pro capite di 36,6k euro manca all’appello una percentuale ( minor crescita) pari a 0,75 punti . Obiettvi,leve e misure sul,tema mancano . Mancano anche azioni per una redistribuzione territoriale del lavoro o dei lavoratori . Con 5.5 milioni di occupati “non autoctoni” e anche mancanza di braccia in certe regioni , quando daremo incentivi a chi trasferisce lavoro o assegni a lavoratori che non si trasfericono perche i costi locativi sono elevati? Quanto alla grande balla di una manovra redistributiva ,preciso che tra i casi di poverta assoluta l’istat annovera 1.3 milioni di inworking poor ma a costoro daremo un RDC di demaiana comcezione ?
Michele
Prima (e forse unica) regola della macroeconomia in salsa italiana: una manovra economica è di qualità se trasferisce risorse ai miei amici. È invece di cattiva qualità se le risorse le trasferisce ad altri. Facile!
bob
il distacco dalla realtà è abissale. Ci rendiamo conto che le aziende non assumono più? Con una economia altalenante e mercati ” ballerini” mi dite chi assume? Assumere, se fosse possibile; alla collettività non costa nulla, il reddito di cittadinanza è solo una ulteriore spesa. Per assumere una persona portiamo mucchi di documenti come al notaio, traslocando tra decine di Enti. Pazzesco!! 2019 chiuderanno il 50% delle attività commerciali al dettaglio. Dove la mandiamo questa gente a fare la fila ai centri di impiego? Il reddito di cittadinanza va inteso che domani mattina vado al,bar sotto casa e lavoro e lo Stato deve garantire certe sicurezze e su questo passaggio che si deve lavorare
Alessandro
Troppa attenzione su una redistribuzione mal fatta, ma in previsione nessun aumento della ricchezza. In Italia non esiste la private equity.. se i super pensionati fossero obbligati a investire in start up o PMI al posto di un reddito di cittadinanza che non funziona avremmo due effetti semplici: redistribuzione ma anche aumento del valore e spinta all’innovazione. Troppo difficile da capire, la tassazione e la gestione che non abbia l’aumento del valore non funziona. Comunque non vedo questo catastrofismo…le clausole di salvaguardia in Italia non sono mai usate…e 24 MLD di debito in più anche fosse non mi sembrano un problema generazionale catastrofico.
Lettore attento
Vediamo se ho capito bene uno dei punti della manovra,
Io sono andato in pensione (di bronzo) con 42 anni e 10 mesi di contributi a 65 anni di età.
Mi viene tolto una parte dell’adeguamento all’inflazione per consentire a persone di 62 anni con 38 di contributi di pensionarsi.
Simpatica idea, saluti
Giampiero
La “soluzione” è politica.E credo vada rispettata. La tecnica soccorre.come deve. Il Governo dei Professori lo abbiamo già avuto e ci è bastato.
EMILIO MENEGHELLA
Premettiamo che le sanzioni pecuniarie per l’esecuzione delle sentenze rese al termine di una procedura di infrazione UE sono state determinate per l’Italia in 9 miliardi di euro minimo, mentre la penalità di mora può oscillare tra 22.000 e 700.000 euro per ogni giorno di ritardo nel pagamento, a seconda della gravità dell’infrazione a monte. Ciò detto, il rischio è di aver ottenuto solo un rinvio della scadenza di pagamento, con innalzamento però di quanto dovuto.
antonio petrina
AL GOVERNO LA CORDA AL COLLO DELLA UE E’ ANDATA BENE : ORA CON LA GOLDEN RULE PRIVATA-PUBBLICA LA CRESCITA.
Francesco Forti
Ho letto il maxiemendamento ma al netto dei 10 miliardi risparmiati per passare da 2.4 a 2.04 io vorrei sapere a quanto ammonta il deficit previsto per i 2019 ed i due anni successivi.
In pratica lo stato dovrà rinnovare nel 2019 ben 316.8 miliardi d titoli in circolazione che giungono a scadenza, più il deficit da finanziare con nuove emissioni.
Le cifre assolute sono a volte più importanti dei decimali!