Il calo delle nascite in Italia non è un destino ineluttabile, al quale rassegnarsi. Per invertire la tendenza bisogna costruire un ambiente sociale favorevole alle coppie con figli, varando politiche incisive e inclusive. Come insegna l’Alto Adige.
La famiglia nella legge di bilancio
La legge di bilancio approvata poco prima della fine del 2018 difficilmente verrà ricordata come manovra “del cambiamento”, quantomeno sul versante demografico. Leggendo il testo non si intravedono salti di qualità, in termini di impostazione e contenuti sulle misure familiari, rispetto al poco proposto (e con scarsa efficacia) dai precedenti governi. Si tratta, infatti, di conferme e aggiustamenti “senza riforme strutturali” (come ribadito anche dal Forum delle associazioni familiari), e quindi anche con scarsa capacità di incidere sulle scelte di coppia e invertire l’andamento negativo della natalità italiana.
Eppure, la manovra è stata stesa mentre erano ancora freschi nella memoria i dati Istat sulle nascite in Italia nel 2017, scese a poco meno di 460 mila. Dati che confermano un declino ininterrotto dal 2009 (e anche le premesse per il 2018 non sembrano positive, in base ai dati provvisori disponibili, con il rischio di scendere sotto quota 450 mila).
Il presente peggiore delle previsioni
La riduzione del numero assoluto di nati era stata prevista già da tempo dai demografi come conseguenza del progressivo invecchiamento della popolazione, in particolare per la lenta ma inesorabile diminuzione delle potenziali madri (conseguenza della denatalità passata, solo in parte compensata dall’immigrazione). Quello che nessuno si aspettava è la velocità della discesa, fortemente accelerata dopo la crisi economica iniziata nel 2008, tutt’ora senza segnali di ripresa. Nella figura 1 si confrontano i valori del numero di nati previsti dall’Istat prima della crisi (2007) e dopo il suo inizio (2011) e i valori reali registrati. Come si può vedere, la differenza si allarga nel tempo, segno di un impatto diventato sempre più forte.
Figura 1 – Nascite effettive (osservate) e nascite previste dall’Istat nelle previsioni con base 2007 e 2011.
Fonte: Elaborazioni su dati Istat.
Nota: Per il 2007 e 2011 scenario centrale. Il dato delle nascite nel 2018 è stato stimato a partire dai valori osservati nei primi sette mesi dell’anno.
Tuttavia, quello che va guardato con attenzione non è tanto il valore assoluto delle nascite, fortemente influenzato dalla riduzione delle potenziali madri, quanto il numero medio di figli per donna (misurato tecnicamente dal Tft, tasso di fecondità totale). Come si vede dalla figura 2, dopo aver raggiunto nel 2010 il valore di 1,46 figli (massimo dal 1995), l’indicatore è poi scemato ininterrottamente, fino a scivolare a 1,32 lo scorso anno (il più basso valore in Europa). La discesa è frutto del rinvio della nascita di un figlio da parte di molte coppie, in attesa di tempi migliori, ma anche della rinuncia definitiva di sempre più donne ad avere figli (probabilmente circa un quarto tra le nate nel 1980).
Figura 2 – Numero medio di figli per donna, Italia e provincia di Bolzano, 2007-2017.
Fonte: Elaborazioni su dati Istat.
Ma il futuro non necessariamente è peggiore del presente
Non si tratta però necessariamente di un destino ineluttabile. Come si vede in figura 2, il numero medio di figli per donna in provincia di Bolzano ha registrato una tendenza opposta a quella dell’Italia, crescendo invece di diminuire nonostante la crisi, arrivando a oltre 1,7 figli (anche la provincia di Trento mostra un andamento simile, anche se non così decisamente positivo). La ricetta è semplice. L’attenzione verso le nuove generazioni e le politiche familiari diventano una priorità con impegno al continuo miglioramento. La cultura della conciliazione tra lavoro e famiglia è consolidata nelle aziende come valore condiviso, comprese le piccole imprese alle quali è fornito supporto qualificato per sperimentare soluzioni specifiche e innovative. L’offerta dei servizi per l’infanzia è versatile e diversificata, stimolando anche l’iniziativa privata, ma con garanzia di qualità certificata dal pubblico. Una conferma empirica arriva dal “Mother’s Index” elaborato dall’Istat per Save the Children (costruito sulle dimensioni della cura, del lavoro e dei servizi), che vede il Trentino-Alto Adige al vertice delle regioni italiane.Certamente le caratteristiche del tessuto produttivo dell’Alto Adige hanno aiutato a contrastare gli effetti della crisi, ma è soprattutto un ambiente favorevole alle coppie con figli a far sì che i valori del Tft si avvicinino a quelli dei paesi scandinavi più che a quelli del resto del paese.
Ma quale sarebbe il valore minimo del numero medio di figli per donna per avere tra un decennio (nel 2028) un numero di nati costante rispetto al 2017, tenuto conto del fatto che il numero di potenziali madri andrà comunque a diminuire nel tempo?
Una stima approssimata, basata sulla relazione empirica tra tasso generico di fecondità (il rapporto tra nati e popolazione femminile media tra 15 e 49 anni) e Tft, fornisce un valore (intorno a 1,45) parecchio più basso di quello oggi osservato a Bolzano e che in Italia era stato già registrato nel 2010. Un obiettivo dunque del tutto raggiungibile.
Per riportare invece il numero dei nati verso quota 500 mila servirebbe un impulso leggermente più forte, che corrisponde a una fecondità pari a 1,58 figli per donna. Si tratta di un livello comunque più modesto sia della media europea che della Germania (che dieci anni fa partiva da valori inferiori ai nostri e che nel 2017 è arrivata a 1,60).
Tabella 1 – Valore minimo del Tft per avere N nascite data la struttura per età prevista dall’Istat al 2028.
Fonte: Elaborazioni su dati Istat.
Nota: previsione con base 1.1.2017, scenario mediano.
Quindi, vedere le nascite diminuire ogni anno non è un destino ineluttabile. Per frenare il declino (o anche invertire la tendenza) è necessario far tornare progressivamente a crescere il tasso di fecondità e per ottenere tale risultato è necessaria la combinazione tra clima sociale favorevole e politiche davvero incisive e inclusive.
Questo articolo è pubblicato in contemporanea con Neodemos.
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Savino
Se gli adulti e gli anziani non si fanno da parte è impossibile fare alcunchè. Numericamente, anche se tutti i giovani, nessuno escluso, scendessero in piazza, essi sarebbero di meno. La responsabilità e la colpa è dell’ngordigia dei seniores, che sono tenuti a fare molti passi indietro se vogliono davvero il bene dei loro figli e nipoti.
Alessandro Cassinis
Dico una cosa poco scientifica e ancor meno polticamente corretta. Parte del calo demografico è dovuto all’egoismo dei (potenziali) genitori: è più facile e meno costoso fare un solo figlio che 2 (non dico 3 come io e mia moglie, vera superdonna, supermamma, superlavoratrice)
Giorgio
Mi risulta che nella provincia autonoma di Bolzano vengano erogati mensilmente 200/300 euro a figlio più tutta una serie di facilitazioni e sconti (trasporto pubblico in primis).
Un amico che ha 5 figli (la più grande 11 anni) mantiene la famiglia con il solo stipendio da insegnante di scuola superiore con casa di proprietà ereditata.
A Bologna dove vivo non sarebbe possibile con un solo stipendio. Quindi fare figli è sempre più correlato alla allocazione di risorse per favorire e sostenere la natalità. Mi sembra che la Francia abbia fatto questo e ci stia riuscendo
Lorenzo
Dico la mia. Il clima di “terrore” creato intorno all’evento nascita disincentiva i tentativi …
Jacopo
ha ha ha, effettivamente potrebbe essere come dice Lorenzo. Mi rendo conto di essere controtendenza ma considero il calo delle nascite e della popolazione un non-problema anzi una possibilità per ristabilire l’equilibrio ambientale nel pianeta. Sarebbe preferibile se ciò avvenisse riducendo il consumo pro-capite, in particolare gli sprechi soprattutto nei paesi più ricchi, ma sappiamo benissimo che ciò non avverrà. Quindi non ci rimane che il second best del calo della popoplazione. Se questa è la prospettiva, rispondo anche ad Alessandro sotto che egoista in realtà è la coppia che ha deciso di fare 3 o + figli considerato che l’equilibrio del pianeta ne richiederebe al massimo due (io e mia moglie ne abbiamo fatti due).
Umberto
Manca una considerazione fondamentale:
L’Alto Adige non è Italia
marco
Ho 3 figli sia io e mia moglie lavoriamo. Economicamente è molto dura. Sarebbe interessante condurre uno studio, molto difficile, per evidenziare il numero dei figli della dirigenza nella pubblica amministrazione e la politica che governa ai vari livelli. Noto che i dirigenti nella p.a. e i politici, spesso sono senza figli, se non addirittura single. Per cui che interesse può esserci a promuovere riforme strutturali per la famiglia?
Basti pensare agli assegni familiari in busta paga per i figli, un valore ridicolo.
Carlo
Occorre trasformare le detrazioni IRPEF e gli assegni familiari in sussidi monetari ancorati all’ISE. Infatti il solo parametro del reddito IRPEF è fuorviante perché vi sono redditi non soggetti all’IRPEF come i dividendi e le plusvalenze azionarie oppure vi possono essere rilevanti patrimoni finanziari per non parlare dell’evasione, elusione ed erosione fiscali.
Inoltre le detrazioni IRPEF sostengono anche nuclei familiari all’estero: infatti il figlio od il fratello od il suocero possono essere residenti ovunque.
Nell’articolo si citano stati esteri tutti accomunati dal fatto che il monte orario annuo lavorativo è inferiore a quello italiano, per cui è evidente che la natalità può essere sostenuta anche da una riduzione delle ore lavorate. Infatti le regioni italiane più prolifiche sono quelle dove vi sono poche strutture industriali come il Trentino Alto Adige o dove il lavoro purtroppo manca come il Sud.
Alessandro
Credo che il problema sia principalmente culturale: infatti l’Alto Adige culturalmente non è italiano. Quelli come me nati negli anni 80 sono resistenti a separarsi dalla famiglia d’origine, troppo esigenti nella scelta del partner e della realizzazione professionale, infantili nella ricerca di esperienze. I motivi non li saprei dire, anzi, invito qualcuno ad elencarne alcuni.
Matteo9
Non sono un esperto di demografia,ma credo che il tasso di natalita per donna debba essere 2 o 2,1 come ho letto da qualche part per mantenere l’equilibrio numerico.Anche auspicando un cambiamento di tendenza che ci porti verso tassi di natalita simili a quelli di Bolzano o di altri paesi europei,si tratta sempre di una prospettiva futura squilibrata in particolare se continuera l’aumento della vita media.Con tutte le conseguenze dal punto di vista degli equilibri previdenziali e non solo.Inoltre teniamo conto che gli immigrati rimasti hanno un buon grado di integrazione e assimilano tante cose del nostro modo di vivere.Inoltre le previsioni dell’immigrazione prevedono anche in presenza di una ripresa economica un arrivo di un numero declinante di immigrati provenienti da Est Europa,sud America,Filippine e altri.E anche se non fosse cosi’ prima di sistemare un differenziale creatosi in questi decenni,ne dovra’ passare di tempo.Allora si vede che,con tutte le difficolta’ che ci sono,l’arrivo di giovani dell’Africa e dal Medio Oriente,non e’ poi questa catastrofe che il Popolo teme.Certo tutto va governato
Andrea
Non so se si possibili raggiungere i livelli tirolesi in tutta Italia, anche a Trento sono solo a 1,62. Che si possa spiegare con alcuni resistenze culturali. ancora presenti? Anche qui in Veneto, a 100km da Trento, si sentono ancora storie circa datori o collegi che hanno paura delle gravidanze delle dipendenti/colleghe. O qualche uomo che la condivisione delle cure parentali in testa non c’è l’ha.
Enzo Pisano
il problema deriva da una assoluta incapacità politica nell’adottare provvedimenti adeguati.
enumero le problematiche:
non si ha la certezza del lavoro (a titolo esemplificativo un fatto che ha dell’incredibile: alla moglie di mio figlio laureata con lode con contratto (contratti) a progetto, il direttore di una importatnte amministrazione pubblica che aveva saputo del suo matrimonio imminente, le esclamò : “Ma non è che ora mi fai anche un figlio?”;
non si ha la certezza di svolgere il proprio lavoro sul territorio di origine (si pensi alle insegnanti precarie da anni che per vedere stabilizzato il proprio contratto avrebbero dovuto trasferirsi fino a 200 Km. di distanza)
servizi sociali insufficienti senza parlare degli inefficienti.
per chi non ha ancora capito credo che basti.
guido segre
Perché dobbiamo preoccuparci del calo della natalità? Per le nostre pensioni? Se la popolazione diminuisce, i costi degli allloggi e di tutto il resto dovrebbero diminuire. Da un punto di vista ecologico, unicamente una forte denatalità a livello mondiale permetterà a tutti di produrre una adeguata impronta di carbone senza eccessivi danni all’ambiente
RAFFAELLA
Credo che il problema della denatalità sia solo parzialmente imputabile a una mera questione economica.Secondo me l’unico studioso che ha ben compreso il cuore del problema che attraversa la nostra società dando una chiave di lettura diversa dalla “vulgata” è lo statistico Roberto Volpi. Gia’ nel libro “La fine della famiglia”(Mondadori,2007) ha infatti sottolineato come la realtà del paese sia molto differente da quello che immaginiamo: se, dice l’autore, “un quarto delle famiglie è formato da un solo individuo, quasi un altro quarto da coppie senza figli, e per il resto da una maggioranza di coppie con un unico figlio e da un numero crescente di famiglie con un solo genitore” non ci sono politiche fiscali ed economiche che tengano per rilanciare la natalita’.Il vero e unico problema è la coppia che NON si forma in giovane età e il crollo dell’istituto matrimoniale. Fino a quando non si avranno cambiamenti culturali e “valoriali”in tal senso (e sinceramente non vedo luce all’orizzonte, almeno nel breve periodo) sarà impossibile arrestare la spirale demografica in cui l’Italia si sta avvitando e che peggiorerà ulteriormente negli anni a venire.
gianna villani
Vabbè in un mondo finito non si può crescere all’infinito, i processi naturali di rigenerazione non hanno il tempo di riequlibrarsi. Siamo 8 miliardi con cambiamenti climatici devastanti, se diminuiamo può essere solo un bene. È non ditemi che l’occidente è troppo ricco e si potrebbe fare a meno di questo e di quello. I messicani che non avranno moltissimo, ma di certo non muoiono di fame se potessero si trasferirebbero in massa negli usa, tanto per sottolineare che l’essere umano desidera una qualità della vita alta. Secondo me meglio diminuire l’impatto demografico un figlio a coppia può bastare. Ci saranno problemi col welfare? Pace! È pur sempre meglio delle guerre per accaparrarci le poche risorse rimaste a partire dall’acqua