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Nel settore idrico tornano di moda gli anni Ottanta

In Parlamento si discutono due riforme della gestione e regolazione del settore idrico. Rischiano di riportarci alla situazione degli anni Ottanta, fermando un faticoso processo di ammodernamento. Con conseguenze per cittadini e casse dello stato.

Dalla legge Galli a oggi

Nel 2019 ricorrono i venticinque anni dall’approvazione della legge Galli, che aveva lo scopo di superare la frammentazione del settore idrico – caratterizzato in larga parte dal ricorso alla gestione in economia a livello municipale. Da allora l’evoluzione del settore è stata molto lenta (esistono ancora più di 2 mila gestori), soprattutto per le incertezze e le debolezze del quadro regolatorio, per lungo tempo in capo al ministero dell’Ambiente.
Dopo il referendum del 2011, il legislatore ha dotato il settore di una regolazione economica forte e indipendente, affidata ad Arera – Autorità di regolazione per energia reti e ambiente. L’Autorità ha sviluppato un metodo tariffario basato su buone pratiche di regolazione incentivante e ha affrontato in modo convincente il problema della valutazione degli asset non ancora ammortizzati in caso di subentro nella gestione, favorendo una forte ripresa degli investimenti, triplicati nel periodo 2012-2018. Negli stessi anni il tasso di realizzazione è stato del 90 per cento, contro il 60 per cento del periodo di regolazione ministeriale, come mostrato in questo lavoro.
Ora sono in discussione alla Camera due proposte di legge (Pdl AC 52 e Pdl AC 773) che intendono apportare importanti riforme al settore. A fianco di alcuni elementi condivisibili che le accomunano, altri punti potrebbero tuttavia compromettere il percorso di crescita degli investimenti e di miglioramento della qualità iniziato negli ultimi anni.

Proposte preoccupanti

La proposta AC 52 prevede che nessun bacino idrico possa superare la scala provinciale, determinando probabilmente un numero di bacini significativamente maggiore rispetto a quello degli attuali ambiti territoriali (circa 90). In secondo luogo, l’articolo 4 consente ai comuni con meno di 5 mila abitanti situati nel territorio di comunità montane o di unioni di comuni di gestire in autonomia il servizio idrico integrato. La norma intende anche sottrarre la potestà regolatoria ad Arera. Le tre previsioni nel loro complesso, insieme al superamento del principio di unicità di gestione all’interno del bacino, potrebbero favorire un’ulteriore frammentazione del settore, la perdita di economie di scala e quindi una crescita dei costi e delle tariffe.

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Un altro aspetto fortemente critico è legato all’affidamento dei poteri regolatori al ministero dell’Ambiente invece che all’Arera. La teoria economica suggerisce il contrario: le decisioni di un regolatore indipendente sono infatti meno legate al ciclo politico-elettorale. In più, il ministero dell’Ambiente non ha le competenze tecniche necessarie per svolgere attività di regolazione nei settori a rete e ambientali: questo potrebbe accrescere l’incertezza regolatoria e quindi scoraggiare gli investimenti programmati.
Parallelamente, la proposta di legge AC 52 vuole superare il principio del full cost recovery, prevedendo il finanziamento degli investimenti tramite fiscalità generale. Ne derivano due importanti conseguenze: a) i consumi idrici aumenterebbero, contribuendo al depauperamento di una risorsa scarsa; b) l’utilizzo massiccio della fiscalità generale introdurrebbe costi nascosti legati agli effetti distorsivi della tassazione.

L’eliminazione della regolazione indipendente accompagnata dall’abolizione del principio del full cost recovery rischierebbe di lasciare il settore in balia della politica che, a ogni sessione di bilancio, dovrebbe decidere quanto investire: alla luce del chiaro pregiudizio verso la spesa corrente che ha caratterizzato gli ultimi governi, e della situazione di finanza pubblica in cui versa il nostro paese, ci sembra probabile che si verifichi una contrazione degli investimenti nel settore.
Per quanto concerne le forme di affidamento, in luogo della pluralità di tipologie finora previste, la proposta di legge AC 52 ammette solo aziende speciali o enti di diritto pubblico: al di là dell’eterno dibattito sulla efficienza relativa delle imprese pubbliche o private, ci preme qua ricordare che il rimborso degli azionisti privati comporterà una spesa una tantum di circa 15 miliardi di euro, alla quale andranno aggiunti, ogni anno, circa 7 miliardi di euro dovuti al finanziamento degli investimenti programmati e alla distribuzione gratuita di 50 litri per abitante al giorno, attraverso la quale si generebbe – per il ricorso alla fiscalità generale – un sussidio agli utenti benestanti da parte di quelli economicamente disagiati.

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Il disegno di legge rischia dunque di compromettere il faticoso processo di industrializzazione del servizio idrico. L’obiettivo di tutelare gli utenti più deboli andrebbe perseguito favorendo il potenziamento di strumenti che già esistono o che sono allo studio di Arera, come l’adozione di strutture tariffarie a scaglioni crescenti per incentivare l’uso consapevole della risorsa o il bonus idrico per rispondere alle esigenze delle utenze indigenti. Mentre si dovrebbe evitare di perseguire, ideologicamente, “riforme strutturali” (ripubblicizzazione del settore, gestori di ridotte dimensioni, ricorso ingente alla finanza pubblica) che avrebbero, come unico risultato, quello di far precipitare il settore negli anni Ottanta.

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  1. Savino

    Quella che i 5 stelle chiamano “acqua pubblica” è acqua gestita dalla politica, come per l’Acquedotto Pugliese che, più che far bere, ha fatto mangiare. Ma, ormai, l’incoerenza dei 5 stelle ha raggiunto livelli indescrivibili.

  2. micheledisaverio

    Articolo interessante e ricco di spunti. In particolare, è da notare in che modo una tariffa agevolata per i poveri sia trasformata in una tassa progressiva sulla povertà. Al contrario, il bonus idrico già esistente, dovrebbe essere reso concretamente fruibile, ad esempio introducendo una procedura semplificata di rinnovo automatico, qualora l’ISEE complessivo e la composizione del nucleo famigliare risultino invariati rispetto all’anno precedente, evitando l’onere di ripetere ogni anno l’intero iter approvativo.

    http://www.oipamagazine.it/2018/09/11/sconto-in-bolletta-pochi-lo-conoscono-e-ne-fanno-richiesta/

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