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La Ue dei parlamentari di tre paesi europei

I risultati di una ricerca sui parlamentari di Italia, Francia e Germania a proposito di Europa mostrano che i punti d’accordo sono molti. In particolare, italiani e francesi concordano sulla riforma dell’Eurozona, nonostante i conflitti tra i due governi.

Cosa pensano i parlamentari di Italia, Francia e Germania

Che cosa pensano i parlamentari dei paesi dell’Unione europea dei progressi possibili in campo europeo? A poco più di due mesi dalle elezioni europee, vale sicuramente la pena domandarselo, alla luce della crescita dei partiti sovranisti, del pasticcio infinito della Brexit e del fatto che la costruzione europea, a cominciare dell’Unione monetaria, si trova chiaramente in mezzo al guado. Andiamo avanti con l’integrazione oppure torniamo indietro, riportando risorse e competenze ai paesi membri? Chiederlo ai parlamentari nazionali è utile perché sono loro che in primo luogo dovrebbero approvare eventuali riforme nella costruzione europea.

Per questa ragione, in collaborazione con altri studiosi europei, abbiamo sottoposto ai parlamentari italiani, francesi e tedeschi un questionario uguale per tutti, espresso nella lingua nazionale. A chi ha risposto è stato garantito l’anonimato per incentivare risposte oneste, che potevano variare da fortemente contrario a fortemente favorevole, con varie possibilità intermedie. Naturalmente, perché una determinata proposta sia approvata in sede europea anche l’eventuale supporto dei parlamenti dei tre paesi più importanti per reddito e popolazione può non essere sufficiente. Tuttavia, è probabile che sia una condizione necessaria.

Il questionario pone domande su progetti che sono da tempo in discussione in varie sedi europee, in particolare su tre ambiti:

  • Possibili trasferimenti di competenze a livello europeo su varie politiche (immigrazione, difesa, energia, politica salariale e mercato del lavoro);
  • Proposte per il completamento dell’eurozona (giudizio sul Quantitative easing (Qe), assicurazione europea per la disoccupazione, Eurobond, regole del Patto di stabilità meno restrittive, un budget comune per l’Eurozona e il completamento dell’Unione bancaria);
  • Proposte di modifica del funzionamento della governance dell’Unione europea (attribuzione dell’iniziativa legislativa al Parlamento europeo, passaggio alla maggioranza qualificata per le decisioni inerenti alla fiscalità diretta in ambito europeo, introduzione di un’imposta europea).

I risultati della ricerca, in lingua inglese, sono riportati qui.

Il tasso di risposta medio è stato in linea con quello di altre ricerche dello stesso tipo (il 13 per cento), ma con la curiosa distorsione che mentre i parlamentari di un partito populista come Alternative für Deutschland (Afd) hanno risposto in massa, in Italia il tasso di risposta di Movimento 5 stelle e Lega è stato particolarmente basso, poco superiore al 5 per cento. Per aumentarne la rappresentatività, le risposte sono state comunque ripesate per la quota dei seggi di ciascun partito nel rispettivo parlamento. Le risposte sono state anche aggregate sulla base delle alleanze dei vari partiti nazionali a livello europeo; i risultati anticipano dunque anche le posizioni dei diversi gruppi politici europei nel futuro parlamento.

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I principali risultati

Mentre si rimanda al lavoro per una discussione più approfondita, vale la pena riportare qui i principali risultati (tabella 1).

Per quello che riguarda l’Eurozona, il sondaggio conferma le attese. C’è una contrapposizione frontale tra Sud e Nord Europa sostanzialmente su tutte le proposte, con francesi e italiani largamente favorevoli e tedeschi largamente contrari a Eurobond, budget per l’Eurozona, Qe, sussidi europei per la disoccupazione, revisione patto di stabilità. Difficile immaginare grandi progressi su questo fronte. C’è però una novità interessante. Tolta Afd – che in modo sistematico è fortemente contraria a ogni proposta di progresso in sede europea, ma che alla fine rappresenta solo il 13 per cento dei seggi nel Bundestag – gli altri parlamentari tedeschi si dichiarano a favore dell’ipotesi di introdurre l’assicurazione europea sui depositi, offrendo dunque una possibilità concreta di chiudere l’annosa partita sull’Unione bancaria.

Più unanimi le risposte sugli altri fronti, in particolare per quello che riguarda l’Unione europea, sebbene in media i parlamentari tedeschi risultino sempre più tiepidi di italiani e francesi sulle proposte di integrazione, a causa della presenza di Afd. Tutti i parlamenti sono favorevoli a una maggiore integrazione delle politiche per quanto riguarda difesa e immigrazione, mentre i tedeschi sono contrari all’idea di spostare a livello europeo politiche salariali e regolamentazione del mercato del lavoro.

Interessante il fatto che mentre tutti i parlamenti respingono l’idea che una maggiore flessibilità salariale sia necessaria per aumentare la crescita economica, sono anche tutti convinti, compreso quello tedesco, che incrementare gli investimenti pubblici sia la chiave per aumentare la crescita. È una buona notizia, vista la compressione degli investimenti soprattutto in ambito tedesco e italiano dopo la crisi, una ragione non secondaria per la carenza generale di domanda aggregata nell’area euro e per la bassa crescita della produttività.

Importante anche il fatto che tutti i parlamenti e tutti i partiti (Afd con una posizione quasi neutra) si dichiarino favorevoli alla proposta di attribuire al Parlamento europeo l’iniziativa legislativa, oggi una competenza esclusiva della Commissione. Si tratta di un aspetto importante, perché il Parlamento europeo tende a dividersi lungo linee partitiche più che nazionali e un suo ruolo più attivo in ambito legislativo sicuramente aiuterebbe a superare i vari veti nazionali che condizionano le decisioni europee.

Importante anche il fatto che tutti i parlamenti (compreso quello tedesco, se non si considera la posizione di Afd) si dichiarino moderatamente favorevoli all’introduzione della maggioranza qualificata al posto dell’unanimità per le decisioni relative alla fiscalità diretta, in particolare su imprese e capitali. Segno che è diffusa la percezione che la concorrenza fiscale in ambito europeo, consentita dalla totale libertà di movimento di capitali e imprese assieme al mantenimento di decisioni puramente nazionali sulla fiscalità, stia pesando negativamente sui bilanci dei grandi paesi. Naturalmente, che sia davvero possibile ottenere progressi su questo fronte è condizionato dalla strenua opposizione da parte di paesi come Olanda, Irlanda e Lussemburgo, da sempre i grandi beneficiari delle forme di concorrenza fiscale.

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E i partiti?

Le divisioni delle opinioni dei parlamentari sulla base della loro appartenenza ideologica sono generalmente in linea con le attese (tabella 2). I parlamentari che appartengono a partiti che a livello europeo sono alleati nel gruppo socialdemocratico (S&D) sono ovunque più favorevoli a processi di integrazione europea, mentre i parlamentari appartenenti al gruppo dei popolari (Ppe) frenano ovunque.

Sempre in linea con le attese, i popolari sono ovunque più favorevoli a politiche di liberalizzazione del mercato del lavoro e sospettosi di ogni forma possibile di aumento della tassazione, mentre i socialdemocratici sono soprattutto favorevoli a ipotesi di aumento della domanda (gli investimenti) e contrarissimi a ogni ipotesi di flessibilità ulteriore del mercato del lavoro. En Marche è vicino alla posizione dei socialdemocratici, ma con qualche variazione: è ancora più favorevole di questi ultimi all’ipotesi di un budget e di un’imposta europea e meno favorevole all’idea di flessibilizzare il Patto di stabilità e crescita. Sulla contrarietà assoluta di Afd a ogni ipotesi di maggiore integrazione si è già detto.

Per i partiti italiani, la Lega ha accenti più europei, soprattutto sulle proposte relative all’Eurozona, ma su altre questioni (per esempio, immigrazione, difesa o fiscalità europea) è contraria quanto e più dei popolari. Curioso il caso dei Cinquestelle: nonostante lo scontro frontale con la Francia di Emmanuel Macron imposto dai suoi leader politici, la posizione dei suoi parlamentari (o almeno di quelli che hanno risposto) risulta vicinissima a quella di En Marche su quasi tutti i temi. In ogni caso, sulla base delle opinioni riportare, sembra molto difficile immaginare forme di collaborazione tra i rappresentanti di Afd e dei due partiti populisti italiani nel futuro Parlamento europeo.

In conclusione, nonostante le variegate appartenenze politiche, va segnalata l’ampia convergenza di opinioni su quasi tutti i temi tra parlamentari francesi e italiani rispetto a quelli tedeschi e in particolare sull’Eurozona. Perché tutto questo si sia invece risolto in un conflitto tra i due governi in vista delle elezioni europee, è scarsamente comprensibile.

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  1. Henri Schmit

    1. Il risultato dell’indagine è +/- scontato. 2. Non conta niente, perché PE uscente e 2.bis. il PE senza poteri decisionali (aggiungerei quasi, per fortuna, se potessi articolare di più). 3. Quello che conta è quello che dicono, pensano e propongono il governanti. 3.bis. A parte un accenno vago e vuoto nel programma di Siamo Europei (una conferenza di Roma per lanciare da lì il processo di riforma …!?!), da parte italiana non c’è NIENTE, solo parole vuote, quasi esclusivamente negative. 4. Questo vuoto è in forte contrasto con le iniziative dei governi francese (Sorbonne 2017, ieri lettera ai cittadini d’Europa) e tedesco (più legato da un’opinione potenzalmente ostile), fra cui l’accordo ‘Eliseo bis’ di Acquisgrana. 5. In Italia anche l’inventiva accademica in materia è piuttosto scarsa, in linea con l’incoerenza del dicorso pubblico.

  2. Giorgio de Varda

    Ho trovato l’indagine molto interessante specie se approfondita nella versione completa in inglese.Riporterò alcuni dei risultati esposti in una mia presentazione che terrò presso l’Associazione Dirigenti industriali il 27 marzo sul Futuro economico e sociale dell’Unione Europea.
    Molte di queste domande sono state poste ai dirigenti industriali 2 anni fa e abbiamo avuto risposte molto favorevoli sulla costruzione e integrazione dell’Europa, partendo da un nucleo centrale con risorse aggiuntive, da circa 2000 dirigenti.
    Dalla vostra ricerca emergerebbe che tra i punti per noi italiani essenziale, il completamento dell’Unione bancaria (EDIS), forse per i gravi problemi che hanno ora alcune banche tedesche, è forse ora il più facile da raggiungere. Risulta inoltre la grande differenza tra il movimento 5 Stelle e la lega sull’Europa e questo lascia ben sperare. La concordanza di tutti nell’attribuire un potere legislativo al Parlamento Europeo però mi sembra la chiave di volta per una svolta veramente essenziale verso l’integrazione europea.

  3. Henri Schmit

    Devo correggere il mio precedente commento. L’articolo non indaga sulle preferenze degli eurodeputati ma su quelle dei deputati nazionali, che sono formalmente più competenti in materia. Alla fine le loro preferenze rispecchiano l’opinione pubblica. La domanda è chi potrebbe o dovrebbe formulare proposte di riforma. La risposta è i governanti (governi e parlamenti) e gli esperti, indipendenti o consulenti dei precedenti. Quindi tutti coloro che hanno responsabilità pubbliche o che hanno studiato, all’università o sul campo, le problematiche europee possono e forse devono prendere l’iniziativa. Da 30 anni nessun’idea vagamente condivisibile da un ampio numero di paesi membri (sono loro che decidono) è venuta dall’Italia, nemmeno per definire una nuova politica dell’immigrazione. I vertici decisivi dei ministri degli interni dell’UE si fanno senza il ministro italiano. Gli esperti pontificano su unione bancaria invece di proporre soluzioni per superare le debolezze strutturali del settore in Italia. La più impellente riforma dell’UE è il risanamento in profondità delle strutture giuridiche, amministrative, fiscali, finanziarie italiane. Non lo farà l’Italia, sovrana ma incapace; dovrà essere “imposto” dall’esterno?

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