Divisioni interne al partito del presidente del Consiglio e coesione tra i sindacati possono impedire a un governo di realizzare le promesse elettorali. Perché producono veti che, come in una palude, limitano la capacità d’intervento dell’esecutivo.
Le determinanti politiche della spesa pubblica
Ricordate quando Matteo Renzi, allora presidente del Consiglio e segretario Pd, inveiva contro “i gufi”, cioè le correnti di sinistra interne al suo partito, e la Cgil, il sindacato più ostile alle sue proposte di riforma, accusando entrambi di resistere al cambiamento e di non permettere al paese di uscire dalla “palude”? “Gufi” e “palude” erano espressioni colorite, certo, ma non molto distanti dalla realtà, come rivela un nostro recente studio pubblicato sulla rivista scientifica Public Choice.
Il nostro studio ipotizza che il potere decisionale del presidente del Consiglio in materia di spesa pubblica sia fortemente indebolito, se non del tutto cancellato, se all’interno del suo stesso partito sono presenti forti divisioni e se le forze sindacali sono coese tra loro e avverse alle riforme.
Per testare le nostre ipotesi, abbiamo raccolto e codificato diversi documenti: i discorsi di insediamento dei presidenti del Consiglio (e i relativi dibattiti parlamentari), le mozioni congressuali presentate dalle correnti interne al partito del premier e le mozioni finali dei congressi di Cgil e Cisl (escludiamo la Uil perché minoritaria e storicamente collocata su posizioni intermedie tra gli altri due sindacati). La nostra codifica ha permesso di collocare su un’unica scala ideologica sinistra-destra la posizione di governi, correnti e sindacati dal 1946 al 2016.
Figura 1 – La posizione dei governi italiani sulla scala sinistra-destra (1946-2016)
La figura 1 mostra che i governi si collocano mediamente in posizione centrista (-0.05). Tuttavia, esistono differenze importanti tra gli esecutivi di centro-sinistra guidati da Amintore Fanfani, Romano Prodi o Massimo D’Alema (media: -0.65) e quelli di centro-destra guidati da Giulio Andreotti o Silvio Berlusconi (>0.50).
Partendo dalle posizioni delle correnti sulla scala sinistra-destra, abbiamo poi calcolato un indice di divisione interna al partito del presidente del Consiglio (figura 2). L’indice cresce fortemente negli anni Sessanta con la proliferazione delle correnti Dc. Nella Seconda Repubblica, la divisione interna al partito del presidente del Consiglio è pressoché nulla durante i governi tecnici o a guida Berlusconi, mentre cresce negli anni del centro-sinistra.
Figura 2 – Divisione interna al partito del premier e polarizzazione Cgil-Cisl (1946-2016)
In modo analogo, abbiamo calcolato l’indice di polarizzazione sindacale (figura 2). L’indice cresce dopo il 1948, con la scissione tra Cgil e Cisl, mentre si riduce nei primi anni Settanta, quando i sindacati siglano tra loro un patto federativo. La polarizzazione raggiunge il suo picco nel 1984, quando la Cgil rompe il patto opponendosi al taglio della “scala mobile” effettuato da Bettino Craxi con l’appoggio della Cisl. Negli anni della concertazione (1993-2001), i due sindacati tornano coesi.
L’effetto di correnti e sindacati sulla spesa
La nostra analisi statistica conferma che due elementi sono in grado di minare l’effettiva capacità del governo di dare seguito alle proprie promesse in tema di spesa pubblica. Da un lato, la divisione interna al partito del presidente del Consiglio, dall’altro la coesione tra i sindacati. Entrambi gli elementi producono veti che, come in una “palude”, limitano la capacità dei governi di intervenire sulla spesa pubblica.
Emblematico il caso delle leggi di bilancio dei governi Cossiga II (1980), Spadolini I (1982) e Goria (1988), affossate dalle schermaglie tra le correnti di destra e di sinistra della Dc. Anche nella Seconda Repubblica, le correnti liberal-democratiche interne a Ds e Pd sono più volte intervenute per razionalizzare le intenzioni pro-spesa dei governi di centro-sinistra. Viceversa, la sinistra Pd ha tentato di contenere i tagli alla spesa promessi da Enrico Letta e Matteo Renzi.
Anche i sindacati giocano un ruolo. Se compatti, sono in grado di esercitare un veto rispetto a politiche economiche di destra. Se polarizzati, il governo può fare leva sulle divisioni per riformare welfare e mercato del lavoro, come accaduto nel 2014 con il governo Renzi, osteggiato dalla Cgil, ma visto con un relativamente maggior favore dalla Cisl.
Uno sguardo al futuro
Implicazione chiave della nostra analisi è che i governi hanno maggiori probabilità di realizzare le promesse quando i vertici politici agiscono al fine di comporre i contrasti interni ai partiti, superando i veti di correnti e dissidenti. In caso contrario, la catena della capacità di risposta (responsiveness), che connette le preferenze degli elettori alle scelte politiche rischia di essere spezzata. La capacità di Lega e Movimento 5 stelle di limitare o ignorare i dissensi esistenti all’interno dei rispettivi partiti può quindi spiegare perché il governo Conte, al netto dei vincoli imposti dall’Unione Europea, sia riuscito a dare seguito alle proprie intenzioni pro-spesa, aumentando quella pensionistica e introducendo il reddito di cittadinanza.
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Savino
Secondo l’opinione degli italiani, le riforme e le semplificazioni della politica, con il bipolarismo (verso il bipartitismo) e l’uninominale, avvenute negli anni ’90, erano inutili. In realtà, gli italiani si sbagliano, perchè proprio quelle riforme e semplificazioni aiuterebbero, tra gli altri, la spesa.
Fedra
Caro Savino, quello che suggerisci (maggioritario / meno partiti —> meno spesa; proporzionale/più partiti —> più spesa) é confermato da molti studi empirici comparati in scienza politica (non é un risultato unanime, ma é un risultato ampiamente confermato). Quindi SI, é molto probabile che tua abbia ragione 🙂 Grazie per la lettura!
Alberto Lusiani
Grazie per lo studio, e’ interessante cercare di quantificare con indicatori oggettivi la politica italiana. Mi piacerebbe vedere come si colloca nell’indicatore utilizzato destra-sinistra il governo Conte. Dal fatto che appaia riuscire a spendere, deduco che sia posizionato a sinistra. E’ cosi’?
Fedra
Grazie Alberto per l’interesse e la domanda. In merito, ti segnalo questo articolo di Ceron e Curini sempre per LaVoce: https://www.lavoce.info/archives/54566/tanta-onesta-e-poca-competenza-i-valori-nel-discorso-di-governo/
toninoc
Un governo realizza le promesse elettorali quando queste sono credibili , sostenibili economicamente e condivise all’interno della maggioranza. Se non si ascoltano e discutono con rispetto le obiezioni delle minoranze interne al governo chiamate “gufi”, la maggioranza si indebolisce ed i partiti che la compongono si frantumano e destabilizzano lo stesso. Renzi e Bersani docet. I governi autoritari non hanno bisogno di confrontarsi con nessuno. Forti della maggioranza parlamentare vanno avanti con i loro obiettivi anche se questi portano al disastro. Salvini e Di Maio docet.
Fedra
Gentile Tonino, grazie per aver letto il pezzo. Quello che suggerisci é corretto e comprovato in letteratura: maggioranze eterogenee (internamente e tra i partiti che le compongono) fanno più fatica a realizzare le promesse elettorali (a paritá di vincoli esterni e interni). La capacità di mediazione del Primo Ministro é cruciale.