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Maschi sessantenni e premiati da quota 100

I primi dati confermano che quota 100 è una riforma pensionistica che favorisce un gruppo selezionato di lavoratori: pubblici e privati, al Nord e al Sud, ma quasi esclusivamente uomini e con meno di 65 anni. E ci costerà 45 miliardi in dieci anni.

Primi dati su quota 100

Il 1° aprile, dopo quasi un anno di gestazione, sono state erogate le prime pensioni assegnate con quota 100 – la misura introdotta dal governo Conte che consente alle persone con almeno 38 anni di contributi e almeno 62 anni di età di accedere al pensionamento anticipato.

Secondo dati Inps, le domande di pensionamento che usano quota 100 sono state 131 mila in circa tre mesi. Probabilmente non tutte si tradurranno in erogazioni di benefici pensionistici, poiché l’Istituto di previdenza sociale deve ancora verificare che i richiedenti abbiano effettivamente raggiunto i requisiti necessari. Si tratta comunque di un numero importante, se si considera che in tutto il 2018 le nuove pensioni di anzianità erogate dall’Inps erano state circa 150 mila.

Tuttavia, non c’è da stupirsi. Quota 100 consente di accedere al pensionamento anticipato in maniera molto agevolata rispetto alle modalità vigenti, in quanto la penalizzazione dovuta all’uscita anticipata si applica alla sola parte contributiva. E poiché la platea di persone a cui quota 100 si rivolge è tipicamente coperta dal sistema misto, con molti anni di contributi conteggiati con il metodo retributivo e pochi con il contributivo – per alcuni solo i sette anni successivi alla riforma Fornero – la penalizzazione finale è limitata.

I dati pubblicati dall’Inps ci consentono di ottenere una fotografia degli aspiranti “quotisti” che hanno fatto domanda, da confrontare con la platea di chi poteva accedere a quota 100. Tre domande su quattro provengono da uomini. L’80 per cento dei richiedenti ha meno di 65 anni, il 35 per cento meno di 63. Le domande provengono da tutte le gestioni: per un terzo da lavoratori dipendenti nel settore privato, per un terzo da lavoratori del settore pubblico e per un terzo da “altro” (commercianti, artigiani, fondi speciali). Anche la provenienza geografica è bilanciata. Dalle grandi regioni del Sud (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia) arriva il 30 per cento delle domande di quota 100. La stessa proporzione provenie dalle grandi regioni del Nord (Liguria, Piemonte, Lombardia e Veneto).

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Tuttavia, se si considera la platea degli aventi diritto, l’adesione è più elevata al Sud.
Dall’analisi delle prime 130 mila domande, quota 100 si conferma una riforma pensionistica che favorisce un gruppo selezionato di lavoratori: pubblici e privati, al Nord e al Sud, ma quasi esclusivamente uomini e con meno di 65 anni. Era proprio necessario spendere 22 miliardi di euro in tre anni, e oltre 45 in dieci, e lasciare alle generazioni future 37,6 miliardi di euro di debito implicito pensionistico in più per una misura temporanea che manda anticipatamente in pensione – quasi senza penalizzazioni – un gruppetto di fortunati sessantenni?

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  1. Savino

    E’ stato un incentivo assistenzialista che il settentrionale Salvini (il quale non conosce bene il nord) ha concesso solo agli statali che non avevano più voglia di usare il badge (unica cosa cui erano obbligati).

    • Gianno

      Ma perché c’è L ha con gli statali che invece sono stati penalizzati anche stavolta, come sempre, tanto che per loro non vale la quota 100 ma quota 101?

  2. Gianni

    22 mld diviso 130 Mila fa 169 Annuo pro capite. 14.000 euro al mese? Guardi che L importo medio è inferiore a mille euro!

    • Ilario

      Gianni, nel tuo calcolo manca un diviso 3. 22 000 /130 /3/13 = 4339 € lordi per 13 mensilità. Mi sembrano anche a me, un poco elevati visto che lo stipendio medio è di circa (spannometrico) 25000 €.

    • Andrea A

      I 22mld sono in 3 anni. E non conta solo l’importo pagato dallo stato, ma anche quelli che lo stato non riceve più.

    • Ilario

      due errori nel commento 22 mld va diviso per 3 e 130 Mila per i primi 4 (5 ?) mesi e anche qui c’è un 3.In totale i 14000 €/ mese diventano 1500€ circa

    • Gaetano Proto

      I 22 miliardi si riferiscono a 3 anni, 130.000 sono le domande presentate nei primi 3 mesi, quindi sono numeri non confrontabili. La Relazione tecnica al disegno di legge di conversione del d.l. 4/2019 (Atto Senato n. 1018, pag. 33) contiene cifre che consentono di stimare l’importo medio mensile, applicando agli importi medi lordi annui dei soggetti che sono previsti accedere a “quota 100” nel triennio 2019-2021 la composizione per professione del maggior numero complessivo di pensioni a fine anno nello stesso triennio. Questa ponderazione è necessaria per tenere conto dei diversi livelli medi delle nuove pensioni per “quota 100” dei dipendenti pubblici e di quelli privati (30.200 euro annui per i primi e 28.300 per i secondi nel 2019), ma soprattutto degli autonomi (18.400 euro). Il risultato dell’operazione, diviso per 13 per ottenere il valore mensile, è vicinissimo a 2.000 euro per il 2019 e si colloca intorno ai 1.900 euro nel biennio successivo. D’altronde, essendo la scelta di “quota 100” del tutto volontaria, è logico che ne usufruisca chi ha maturato una pensione di una certa consistenza: soggetti in linea di massima forti, come sostiene l’articolo.

    • Aram Megighian

      Osservazione molto interessante. Magari potrebbe dirla a voce davanti ad una platea di giovani che non si sa che pensione vedranno, che avranno una pensione contributiva, probabilmente basata fondamentalmente su di un lavoro in buona parte a tempo definito per una buona parte della loro vita, con periodi vuoti senza contributi che sommandosi saranno ben più dei 3 anni concessi ai quota 100, e che sconteranno un debito di altri 40 miliardi di euro, non godendo di molti servizi che lo Stato dovrà chiudere per fare cassa e che Lei ed io stiamo beatamente godendo.
      Ma che dico, in fondo sono solo 1000 euro…….

      • OSCAR DANIELE

        Ci sono anche lavoratori over 60 che hanno perso il lavoro e non riescono a trovarlo che hanno fatto la domanda pensionistica con quota 100, inoltre adesso iniziano ad andare in pensione i lavoratori nati negli anni del boom demografico (dal 1956 al 1965) e non sono sostituiti a causa del calo demografico avvenuto negli anno 1970 – 1990. I giovani inoltre hanno stipendi bassi e buchi contributivi a causa della mancanza di lavoro di qualità

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