Martin Feldstein è stato un pioniere nell’uso dei dati per analizzare questioni di politica economica. Ma va ricordato anche per la rifondazione del National Bureau of Economic Research, che è diventato un modello per altri importanti istituti di ricerca.
I contributi scientifici
I ricercatori passano alla storia per i loro contributi scientifici. Martin Feldstein è stato un pioniere nell’uso dei dati, in particolare delle indagini su famiglie e imprese, per analizzare questioni di politica economica. Con questi lavori, fin dagli anni Sessanta, ha plasmato e in alcuni casi aperto nuove aree di ricerca in quella che noi chiameremmo la scienza delle finanze, ma anche, ad esempio, negli studi sui sistemi sanitari. Uno dei suoi primi lavori fu un’analisi del National Health Service della Gran Bretagna. Negli studi sui sistemi di assicurazione contro la disoccupazione, Feldstein fu tra i primi a evidenziarne gli effetti sugli incentivi a lavorare e risparmiare. Lo stesso fece nei suoi studi sulle distorsioni che la tassazione produce sugli investimenti e, ancora, sugli incentivi a lavorare, temi ai quali negli anni Sessanta gli scienziati delle finanze erano scarsamente interessati. E certamente erano poco attenti ad analizzarne gli effetti tramite analisi empiriche.
Il modello Nber
A mio parere, però, se Martin Feldstein occuperà un posto nella storia dell’economia del secolo scorso è per la rifondazione del National Bureau of Economic Research.
Nato negli anni Venti come istituzione pubblica (l’Nber è una fondazione cui partecipano le maggiori università americane) dedicata all’analisi empirica dei cicli economici, l’Nber aveva già raggiunto una reputazione eccellente quando, nel 1977, Feldstein ne fu nominato presidente. L’intuizione di Feldstein fu l’idea di creare una “rete” che facilitasse le collaborazioni e gli scambi di idee fra economisti in tutte le aree: non solo l’analisi del ciclo economico ma anche, appunto, la scienza delle finanze, gli studi di economia internazionale, gli strumenti econometrici e così via. Il primo passo fu la creazione, nell’estate del 1978, del Summer Institute. Quello del luglio 1978 era molto diverso dalla kermesse che ogni anno raccoglie sulle rive del Charles River migliaia di economisti e che nel tempo è diventato un luogo di incontro più importante delle stesse riunioni dell’American Economic Association.
Nel luglio del 1978, Feldstein raccolse una cinquantina di economisti che si impegnarono a rimanere nella Cambridge del Massachusetts tutto il mese. L’Nber forniva a tutti una casa e un ufficio: il mattino era dedicato ai seminari, i pomeriggi agli scambi di idee, in ufficio o correndo lungo le sponde del fiume. Nell’area dell’economia che meglio conosco partecipavano Rudiger Dornbusch, Bill Branson, Jerry Hausman, Stan Fischer, Rick Mishkin, Robert Lucas, Pentti Kouri e anche un giovane Mario Draghi, in quei mesi impegnato a trasformare un capitolo della sua tesi di dottorato (quello in cui aveva applicato la programmazione stocastica all’analisi del consumo) in un articolo da pubblicare. Negli stessi mesi Feldstein lanciò la serie degli Nber working paper, intesa a facilitare la disseminazione di risultati scientifici ventenni prima della diffusione di Internet. Con l’allungarsi dei tempi di referaggio e pubblicazione degli articoli, la serie divenne negli anni sempre più importante: proprio questa settimana è stato pubblicato il working paper numero 26 mila.
La nascita, a Londra, solo cinque anni dopo la rifondazione dell’Nber, del Centre for Economic Policy Research, che nei trent’anni successivi svolgerà in Europa un ruolo simile a quello dell’Nber negli Stati Uniti, fu chiaramente ispirata dal successo del “Bureau”, come ormai viene familiarmente chiamato l’Nber. Una nascita, quella del Cepr, favorita anche dall’amicizia fra lo stesso Feldstein e Richard Portes, due giovani americani che a metà degli anni Sessanta avevano deciso, sorprendentemente, di “snobbare” le università Ivy League e si erano recati a Oxford per svolgere il loro corso di PhD. Senza il successo e la competizione con il Bureau in Europa non avremmo il Cepr. E a Milano non avremmo l’Igier – Innocenzo Gasparini Institute for Economic Research, un centro di ricerca ospitato (e ampiamente finanziato) dall’università Bocconi, che trent’anni fa decollò grazie alla decisione di Feldstein e Portes di affiancare Nber e Cepr nella governance dell’istituto e che ad oggi rimane la sola iniziativa stabile del Bureau al di fuori degli Stati Uniti.
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