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Dati alla mano, l’Italia ha poco da lamentarsi sui migranti

Ha ragione Salvini quando dice che gli altri stati Ue non fanno la loro parte nell’accoglienza dei rifugiati? Non proprio: se le domande d’asilo fossero ripartite in base al Pil, l’Italia dovrebbe accettarne più di quanto non abbia fatto finora.

Come superare il regolamento di Dublino

Da molto tempo, il nostro ministro dell’Interno, Matteo Salvini, sostiene che, di fronte al problema degli sbarchi di profughi, gli altri stati membri della Ue non fanno la loro parte. L’esame delle norme contenute nel regolamento Dublino indurrebbe a dargli ragione. Quelle norme assegnano infatti, nella stragrande maggioranza dei casi, la responsabilità e l’onere della procedura d’asilo (accoglienza, esame della domanda e provvedimenti conseguenti) allo stato membro che ha consentito, di diritto o di fatto, l’ingresso nel territorio della Ue. Per ragioni geografiche evidenti, l’Italia è particolarmente esposta al rischio di risultare paese responsabile, almeno per i profughi che intraprendono la traversata del Mediterraneo centrale. Resta ferma la facoltà, per ogni stato membro, di assumere la responsabilità di domande presentate sul proprio territorio anche in deroga a questo principio (la Germania, nel 2016, la applicò a 800 mila profughi siriani).

Che le norme del regolamento Dublino (per altro, discendenti da quelle della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen, del 1985) vadano corrette è cosa su cui si può convenire senza difficoltà. Un criterio ragionevole consisterebbe nel ripartire le domande d’asilo tra gli stati membri in base al Pil.

Iniquità della distribuzione e soglie di allarme sociale

Un parametro simile era alla base della proposta di riforma del regolamento approvata nel 2017 dal Parlamento Ue e poi affossata dal Consiglio. Se consideriamo “equo” un sistema di ripartizione di questo genere, possiamo misurare il grado di iniquità di quello vigente, anche per valutare la fondatezza delle lamentele del nostro ministro. Per esempio, per il periodo 2008-2017 (quello in cui si è registrata un’impennata di domande di asilo nella Ue), possiamo confrontare il numero delle richieste di asilo effettivamente sopportate da ciascuno stato membro con il numero che avrebbe dovuto accettare se si fosse adottato, durante tutto il periodo, il criterio relativo al Pil. Il rapporto tra i due numeri è un indice dell’iniquità sofferta, a causa della normativa in vigore, da quello stato.

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Oltre al dato complessivo, calcolato sul periodo 2008-2017, può assumere rilievo l’allarme determinato da flussi di richiedenti asilo molto intensi in determinati anni: a parità di numero totale di richieste di asilo, un flusso concentrato può spaventare la popolazione residente più di quanto non faccia uno uniformemente spalmato sull’intero periodo. Misuriamo questo effetto per mezzo del rapporto tra il numero di nuove richieste d’asilo registrato ogni anno da ciascuno stato membro e la sua popolazione. Il valore di riferimento, che considereremo convenzionalmente come soglia di allarme sociale, è dato dal rapporto tra il numero medio di nuove richieste per anno registrate nell’intera Unione Europea e la popolazione dell’Unione. Il valore è di poco superiore a 0,001 (un nuovo richiedente asilo ogni mille abitanti per anno).

La figura 1 riporta i valori dei due indici per gli stati Ue.

Figura 1 – Valori di allarme e iniquità (come definiti nel testo) per i diversi stati membri dell’Unione Europea

 

I valori di soglia, corrispondenti alla ripartizione equa (iniquità=1) e all’allarme sociale generato da un numero di nuove richieste per anno in linea col valor medio Ue (allarme=0,001), sono indicati, rispettivamente, dalla retta verticale blu e da quella orizzontale rossa. Nella figura 1a sono riportati i dati relativi agli stati membri che hanno sopportato una quota di richieste d’asilo più grande di quella equa; in certi casi (Ungheria, Malta, Bulgaria, Cipro e Svezia), molto più grande. Tutti questi stati, inoltre, hanno registrato quasi ogni anno flussi di nuove richieste più intensi della media Ue (la loro generosità non si è cioè limitata agli anni a basso flusso complessivo). Sotto questo profilo, le accuse di egoismo, spesso rivolte a Ungheria e Malta, sembrano assolutamente infondate.

Nella figura 1b sono riportati i dati relativi agli stati caratterizzati dai peggiori risultati in termini di oneri sopportati. Oltre al gruppo di dati riportati in verde – stati letteralmente blindati dalle norme Dublino -, non hanno alcun diritto di lamentarsi dell’applicazione di quelle norme, né di alimentare il timore di invasione nei propri cittadini, i governi di Polonia, Regno Unito, Slovenia, Irlanda, Croazia e Spagna. A cavallo tra i due quadranti di sinistra, sempre in figura 1b, vi sono i punti relativi a stati (tra gli altri, Italia, Francia e Olanda) che hanno subito, in certi anni, flussi di nuove richieste più intensi della media Ue, ma che, sull’intero periodo 2008-2017, hanno contribuito alla ripartizione delle richieste d’asilo in misura minore di quella equa.

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Alla base del dato italiano vi è certamente il fatto che i nostri governi hanno sistematicamente eluso, dal 2013 al 2015, gli obblighi imposti dalla normativa UE, omettendo in molti casi di identificare e registrare i profughi e favorendone i movimenti secondari verso altri stati membri (vedi figura 2, dati ministero dell’Interno).

Figura 2 – Confronto, per l’Italia, tra il numero di profughi sbarcati ogni anno, e quello delle domande d’asilo effettivamente registrate

La difficoltà, per i governi di questi stati, di dimostrare per tempo la provenienza dei movimenti secondari ha poi vanificato il ricorso alle norme Dublino. L’istituzione, alla fine del 2015, degli hotspot (centri di identificazione cogestiti con le istituzioni della Ue) ha smontato la prassi e ha fatto parzialmente ripianare il debito accumulato dall’Italia. Non al punto, però, di trasformarlo in un credito. Ogni recriminazione nei confronti dell’Unione Europea nel suo complesso appare quindi ingiustificata.

Il criterio su cui era basata la proposta di riforma del regolamento di Dublino del 2017 teneva conto, oltre che del Pil, della popolazione di ciascuno stato membro. Se adottassimo questo criterio, otterremmo valori di iniquità maggiori di quelli qui presentati per gli stati membri con Pil pro capite superiore a quello medio dell’Unione Europea; minori, per quelli con Pil pro capite inferiore. Di fatto, resterebbe pressoché inalterato quello relativo all’Italia.

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35 commenti

  1. mahmoud

    Utile sarebbe confrontare la mole di domande del decennio preso in esame non con il PIL, bensì con il suo andamento. Competizione lavorativa sommersa danneggia le fasce più deboli di cittadini tanto più quanto l’offerta di lavoro non specializzato diminuisce. Da qui le diverse rimostranze dei rispettivi popoli sovrani. Inoltre dal punto di vista qualitativo occorrerebbe valutare altre caratteristiche quali il livello di istruzione e la provenienza degli immigrati accolti. Avoja ad integrare millemila siriani se nel periodo 2008-2017 sei la Gemania o la Svezia. Diverso accogliere un qualsivoglia numero di semianalfabeti nigeriani, bengalesi o pakistani nelle periferie di un Paese in crisi.

    • Sergio Briguglio

      Che la diminuzione del PIL possa alimentare le paure e’ vero. L’equita’, pero’, e’ altra cosa. Supponiamo che io abbia due fratelli. Il primo e’ passato, nell’ultimo anno, da un reddito di 105.000 euro l’anno a un reddito di 100.000 (con una diminuzione del 5%). Il secondo, da un reddito di 10.000 a un reddito di 10.500 (con un aumento del 5%). Se rimanessi improvvisamente senza casa, dovrei aspettarmi aiuto dal primo o dal secondo?

      • Mahmoud

        Il sistema Paese è più complesso. Le dinamiche da me citate sono offerta e domanda di lavoro, tra gli effetti della contrazione o minor espansione dell’economia. Senza considerare che, ribadisco, la distribuzione dei richiedenti asilo e dei rifugiati per nazionalità e titolo di studio è ben diversa tra i Paesi del nord Europa e quelli di confine con l’Africa. Per rispondere comunque alla sua domanda: cittadini di Paesi diversi non fanno parte della stessa famiglia, quindi legittimamente dal punto di vista morale, oltre che da quello giuridico nel caso di fratelli, la risposta è DA NESSUNO DEI DUE. Se un’altra persona non è d’accordo, tanto più che non siamo parenti, non si può obbligarla a dare aiuto, anche se l’altro fratello ha già aiutato 5 familiari o estranei: si rimane all’addiaccio senza violare la proprietà privata fino a che non ci si mette o rimette in piedi con le proprie forze.

        • Sergio Briguglio

          Riguardo alla questione della “stessa famiglia”, osservo come i doveri dell’uno o dell’altro Stato membro non derivano da obblighi imposti da estranei, ma dalle regole che la famiglia stessa si e’ data. Se non piacciono queste regole, ci sono altre regole che stabiliscono come modificarle. Altrimenti, si puo’ sempre emigrare. A condizione, come detto in altra risposta, che si trovi un paese disposto ad accoglierci.

  2. Savino

    Sono i nostri giovani che dovrebbero fare domanda d’asilo in base al PIL: quello è il vero problema migratorio.

  3. Michele

    Come giudichereste voi un vostro coinquilino che prima approva regole di convivenza, poi le disapplica, poi vi si appella per giustificare il mancato rispetto di altre regole (deficit massimo), poi le critica e pretende di cambiarle, ma nel frattempo non partecipa alla discussione sul cambiamento?

  4. Alice

    Se le domande d’asilo fossero ripartite in base al livello di felicità di ogni singolo paese…

  5. Mauro

    Ma i migranti “economici” (i rifugiati sono meno del 5%) hanno diritto a venire in Italia ? Siamo obbligati ad accoglierli ? Non mi sembra. Un paese non ha diritto a proteggere le proprie frontiere?

    • Sergio Briguglio

      L’obbligo riguarda l’accoglienza e l’espletamento della procedura d’asilo di chiunque manifesti la volonta’ di chiedere asilo. Fermo restando che la procedura puo’ anche concludersi con l’allontanamento del richiedente, qualora vi siano i presupposti per il riconoscimento del diritto alla protezione. La protezione delle frontiere non e’ qui in discussione.

      • Mauro

        Ma allora è vero, dobbiamo accoglierli tutti !
        Forse sarebbe il caso di rivedere questi trattati internazionali firmati quando il fenomeno migratorio non aveva queste dimensioni (cosa che molti fanno finta di non ricordare).

        • Henri Schmit

          No. Dobbiamo salvare tutti coloro che sono in pericolo, identificarli tutti e permettere a tutti di far valere i loro diritti (definiti dall’Italia, assieme ad altri paesi, non da loro). Se l’Italia svolgesse il suo ruolo secondo le norme, invece di giocare sporco (p.es. alla frontiera francese), fare il cattivo (p.es. nelle acque territoriali) e rivelarsi incapace (p.es. nei centri gestiti da privati legati alla malavita politica) troverebbe almeno 20 stati europei a sostenerla, con ridistribuzioni.

  6. Henri Schmit

    Ottimo! Lo sto dicendo da tempo, su questo forum. Con questo non sto dicendo che all’UE non serva una politica dell’immigrazione e dello sviluppo (e della difesa) comune.

  7. Davide

    ”In base al PIL”. Bel ragionamento. Perché non in base alle preferenze degli elettori? O in base ai tassi di disoccupazione?

  8. giorgio belvedere

    Quali stati accolgono più minori non accompagnati senza parenti?
    Chi paga gli scafisti per loro?

  9. Catullo

    La gran parte di chi approda in Italia non è un profugo che necessita di asilo ma sono migranti economici poi lasciati a se stessi una volta arrivati. Che senso ha fare un articolo come questo?

    • Sergio Briguglio

      Se il profugo presenta richiesta d’asilo, il fatto che abbia o meno necessita’ di protezione e’ stabilito all’esito della procedura prevista dalla legge. Se non ottiene la protezione o non presenta richiesta d’asilo, e non ha altro titolo per restare in Italia, la legge prevede che venga allontanato. Nell’articolo si considerano i dati relativi a quanti hanno presentato richiesta d’asilo, per valutare se sia vero che le norme UE (in particolare, il Regolamento Dublino) abbiano penalizzato il nostro paese (cosa sistematicamente affermata dai nostri governanti). Ora e’ piu’ chiaro?

      • Catullo

        Sinceramente no, si fa rispettare la legge quando si richiede l’asilo e non quando si devono rimandare al proprio paese chi non lo ottiene?

      • Giampiero

        “Per ragioni geografiche evidenti, l’Italia è particolarmente esposta al rischio di risultare paese responsabile, almeno per i profughi che intraprendono la traversata del Mediterraneo centrale”. Su queste premesse come può pretendere che i nostri governi dovessero praticamente attendere agli obblighi imposti dalla normativa UE palesemente contrari agli interessi del nostro Paese? Al di la dei fatti, permanendo l’obbligo, è almeno sacrosanto lamentarsi a meno che non si accetti di essere il cavanserraglio della immigrazione ierregolare.

  10. David Morante

    Da anni l’intellighenzia che potrei chiamare “pro sbarchi” commette lo stesso errore: equiparare chi viene in Italia in modo caotico, via mare, agli altri migranti, utilissimi e benvenuti. C’è una differenza abissale e ignorandola si induce l’opinione pubblica in grave errore

    • Sergio Briguglio

      Cosa c’entra questo con gli oneri imposti dal Regolamento Dublino e con le richieste d’asilo, cui lo stesso Regolamento fa riferimento? Se l’Italia vuole aggiudicarsi una porzione di immigrazione altamente qualificata, o anche semplicemente ordinata, e’ sufficiente che il suo governo utilizzi gli strumenti previsti dalla normativa (in particolare, il decreto flussi).

  11. Antonio

    Bravo Sergio ottimo spunto. Se poi si considera che noi come paese abbiamo bisogno di questa migrazione (vedi germania) si comprende la cecità dei nostri politicanti

  12. Giampiero

    E’ già stato fatto notare e lo ribadisco anch’io che il PIL non è un criterio ragionevole per ripartire i profughi. E lo è ancora meno per i migranti dai quali ci si aspetta competenze. Inoltre lo studio non tiene conto del massiccio flusso di irregolari nei confronti dei quali l’Italia è obbligata rispondere prima e non dopo il loro arrivo se non si vuole fare il gioco di una presenza insostenibile di falsi profughi. Il diritti umani presuppongono per la loro applicazione che vengano gestiti non che si venga travolti.

    • Sergio Briguglio

      Riguardo al criterio del PIL e all’attesa di competenze dei migranti, vedi risposta all’osservazione di Pentangeli. Riguardo al cosiddetto flusso di irregolari, deve essere chiara una cosa: la Costituzione italiana e la normativa UE garantiscono il diritto d’asilo in presenza di certi presupposti (molto ampi). Questo non significa certo che tutte le richieste debbano esser accolte. Significa, pero’, che tutti i richiedenti hanno diritto di veder esaminata la loro richiesta. Nello stesso modo in cui io e Lei avremmo diritto a veder esaminata una nostra eventuale richiesta di riconoscimento di invalidita’ per una grave cardiopatia, anche se fossimo capaci di battere sui 100 piani Usain Bolt. La nostra richiesta verrebbe rigettata, ma non potemmo essere additati come truffatori. Dato l’oggetto della richiesta d’asilo, il richiedente non puo’ essere rinviato in un paese a rischio finche’ non si e’ stabilito che la sua richiesta d’asilo e’ infondata. Nello stesso modo in cui io e Lei non potremmo essere costretti a correre i 400 ad ostacoli finche’ la cardiopatia non sia stata esclusa. Queste sono le regole. Se non ci piacciono, si fa in modo di cambiarle o si emigra. Sempre che si trovi un paese disposto ad accoglierci.

      • giampiero

        Atteso il diritto di asilo per i veri profughi, portare in Italia tutti coloro che si gettano a mare, per garantirsi con la artefatta qualifica di profugo la valutazione della sussistenza del diritto, non considera che in presenza di un 95% che viene cassato a posteriori, siamo di fronte un uso fraudolento delle procedure. Secondo lei dobbiamo subire la frode e con essa tutti problemi enormi conseguenti perché lo vogliono la Costituzione e la normativa UE.. Io direi un loro uso criminale..

        • Sergio Briguglio

          Dato che mi chiede la mia opinione, cerchero’ di essere franco. C’e’ chi mette in giro dati assolutamente sballati, come quelli che Lei riporta (“un 95% che viene cassato a posteriori”), perche’ conta sulla credulita’ dell’elettore. Trovo che questo tipo di elettore – quello, cioe’, disposto a credere a qualunque sciocchezza gli venga propinata – oggi non sia giustificabile, stante la facilita’ con cui e’ possibile attingere i dati veri. Nella fattispecie, nel periodo considerato nel mio articolo (2008-2017), su 421.575 domande esaminate, l’Italia ha riconosciuto il diritto alla protezione in 198.157 casi (pari al 47% delle domande esaminate). I dati sono quelli ufficiali del Ministero dell’interno. Come vede, il 5% di esiti positivi che Lei ipotizza e’ lontanissimo dal dato reale. In una situazione in cui l’elettorato e’ troppo spesso conquistato sulla base di dati falsi, il rispetto rigoroso delle regole di base della Repubblica (Costituzione e, sulla base della stessa Costituzione, normativa UE) e’ fondamentale.

          • Giampiero

            Siccome fa riferimento ad un oltre 30 % di protezione umanitaria concessa ai richiedenti asilo non riconosciuti come rifugiati mi può gentilmente dire perché per gli italiani che versano in emergenza umanitaria in quanto non hanno lavoro, non hanno casa, sono abbandonati dal servizio di salute mentale perché inconsapevoli, sono disabili quando, gratia dei, riconosciuti con una pensione di 280 euro mese, non sono degni della stessa premura delle regole di base della nostra Repubblica?

        • Henri Schmit

          dovrebbe almeno scusarsi, con l’autore e con noi lettori, delle falsità messe in giro, senza nemmeno firmare nome e cognome, su un forum serio e aperto. Aspettiamo. Se no è meglio tacere.

      • Giampiero

        Puntualizzazione per puntualizzazione, Lo stato di rifugiato non raggiunge il 7% delle domande esaminate. Se lei aggiunge il 27% di protezione umanitaria e il 4 % per cento di quella sussidiaria ha ragione lei. Ma non ho torto io a considerare circa il 95% non rifugiati non aventi alcun diritto sotto il profilo della Convenzione di Ginevra. Quanto al rigoroso rispetto delle regole di base della Repubblica forse, una prassi politica tende a confonderle con quelle del Paese del bengodi.per tutti meno che per i propri cittadini. .

        • Sergio Briguglio

          Cerco di chiarire il mio punto di vista con un ultimo tentativo (poi chiudo, non perche’ il dibattito non mi interessi, ma per non appesantire il lavoro della Redazione de lavoce.info). Il diritto d’asilo ha un doppio fondamento in Italia: 1) la normativa della UE, che garantisce protezione al rifugiato e al destinatario della protezione sussidiaria (in particolare, chi fugga da un conflitto); 2) l’articolo 10 Cost., che lo garantisce a chi non goda delle liberta’ democratiche garantite dalla Costituzione stessa. La protezione umanitaria era destinata a coprire quest’ultimo caso. Uno straniero che goda di una delle tre forme di protezione non ha alcun diritto in piu’ rispetto al cittadino italiano. Rispetto agli altri stranieri, entro certi limiti, ha diritto a non essere allontanato. Entro certi limiti, gode delle misure assistenziali a parita’ con il cittadino italiano (questo non vale per il titolare di protezione umanitaria). Puo’ essere guardato come l’esponente di una ulteriore categoria fragile. Pensare che altre categorie fragili non siano assistite per colpa delle premure riservate dallo Stato ai titolari di diritto d’asilo e’ equivalente a ritenere che – poniamo – il disoccupato italiano non e’ sostenuto per colpa delle premure riservate al disabile italiano. Il Suo accenno al Paese del Bengodi, se riferito agli stranieri, fa dubitare che Lei abbia mai conosciuto le difficolta’ che lo straniero deve affrontare per vivere in Italia.

  13. Pawel Karwasz

    Mi preoccupa notare che, dalla Fig. 2, risulta che nel 2018 le richieste di asilo divergono considerevolmente dagli sbarchi. Una mia interpretazione benigna è che le persone arrivino prevalentemente via terra, una maligna è che il Governo attuale stia “massaggiando” le statistiche…

    • Sergio Briguglio

      Puo’ essere dovuto, piu’ semplicemente, a un certo ritardo nella verbalizzazione delle domande d’asilo.

  14. Bella analisi che pone su una stessa figura due dati interessanti.
    Non sono in linea tuttavia con l’idea di equiparare la distribuzione con il PIL, dato ormai obsoleto, lo sappiamo, per fare politica sociale. Dobbiamo sottrarci dal riferimento al PIL (le giovani generazioni di cui faccio parte lo stanno facendo per fortuna). Nemmeno il PIL pro capite la dice lunga sulle capacità di un paese di assorbire le migrazione (e quali migrazioni tra l’altro come indica Mahmoud ?). Dati più robusti a cui ancorarsi possono essere : distribuzione del reddito / indice GINI, disoccupazione, precarietà, capacità budgetaria (soffocata da vincoli comuni europei), livello di liberalizzazione del mercato lavoro – parallelo allo smantellamento delle tutele del lavoro e del welfare e quindi indirettamente responsabili della capacità di integrazione di una nazione.

    • Sergio Briguglio

      Una riforma dei criteri del Regolamento Dublino potrebbe essere impostata certamente in molti modi diversi. Quella approvata dal Parlamento UE si basava su PIL e popolazione (come detto nell’articolo, il tener conto anche della popolazione non altererebbe in modo significativo le conclusioni). Credo che far dipendere la ripartizione da un calcolo troppo complicato esporrebbe ogni decisione a un contenzioso infinito. Quanto al fattore “quali migrazioni”, osservo come qui si sta parlando del diritto d’asilo, non dell’immigrazione economica. Non e’ in gioco l’interesse dello Stato, ma il suo dovere di valutare se una persona abbia diritto alla protezione o meno; anche quando tale protezione si risolva solo in un onere per la collettivita’. Nessuno impedisce all’Italia di attrarre immigrazione economica qualificata. Sempre che una migrazione qualificata sia interessata ad avere come meta l’Italia…

  15. Massimo Giorgio Di Valerio

    Qualcuno riesce a spiegarmi perché in Israele (al porto di Haifa) non attracca nessuna nave di migranti? Sono o non sono l’unica Democrazia del Medio-Oriente? E perché non accolgono profughi siriani?

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