Il bombardamento del centro di detenzione di Tajoura non ha finora portato a ripensamenti nelle politiche dell’asilo di Italia e Ue. Eppure, i rifugiati detenuti in Libia sono solo 7 mila. Ecco una proposta per accoglierli in modo legale e ordinato.
Dopo il bombardamento del centro di detenzione
La vicenda del trattenimento forzato degli aspiranti richiedenti asilo in Libia ha toccato, il 2 luglio, un nuovo tragico vertice con il bombardamento del centro di detenzione di Tajoura, a Est di Tripoli, che ha causato almeno 53 morti e oltre 130 feriti.
Il bombardamento non ha finora causato ripensamenti nelle politiche dell’asilo italiane e dell’Ue, salvo forse aver indotto il nostro ministro dell’Interno, Matteo Salvini, a un prudente silenzio circa la sempre asserita idoneità della Libia ad accogliere i profughi salvati in mare. Tempo fa, sulla prevista e mai avvenuta apertura di un centro di accoglienza Unhcr (Alto commissariato Onu per i rifugiati) a Tripoli, il ministro aveva affermato, con il consueto tono dialogante, che la sua realizzazione avrebbe dovuto smontare “le menzogne e tutta la retorica in base alle quali in Libia si tortura e si ledono i diritti civili”.
Ricordiamo che continua a vigere l’assetto delineato dal precedente ministro dell’Interno, Marco Minniti, poi rafforzato da Salvini: la Libia ha rivendicato un’ampia zona di mare come di sua competenza per le operazioni Sar (ossia di ricerca e soccorso delle persone in mare). Fornita di motovedette e coordinamento logistico dall’Italia (che in realtà ne guida le operazioni, come dimostrato da Avvenire), dovrebbe rintracciare e riportare in Libia i naufraghi recuperati in mare. Qui, malgrado il paese non sia firmatario della convenzione di Ginevra, malgrado le ripetute denunce delle condizioni di detenzione dei profughi, malgrado l’impossibilità per le organizzazioni umanitarie di ispezionare la situazione e organizzare un’assistenza più idonea in loco, le persone continuano a essere trattenute senza nessun riguardo per i diritti umani più elementari. Ancora peggio vanno le cose quando i carcerieri non rispondono neppure al debole governo di Fāyez Muṣṭafā al-Sarraj, ma sono milizie locali fuori controllo.
Ponte aereo contro una detenzione ingiusta e disumana
Nonostante la guerra in corso, né Roma né Bruxelles hanno ventilato un ripensamento delle loro politiche nei confronti dei profughi trattenuti in Libia. Le stime parlano di 7 mila persone, almeno per quanto riguarda i detenuti in centri ufficiali. Una cifra che nel contesto politico e mediatico attuale potrebbe apparire rilevante, ma che in realtà non si avvicina neppure a quella dei profughi che arrivano nella Ue per altre vie. Nel 2019, nonostante gli accordi con i paesi di transito e le misure di contrasto che hanno drasticamente ridotto gli ingressi, tra il 1° gennaio e il 30 giugno 2019 sono arrivati via mare in Europa circa 36 mila migranti (contro circa 48 mila nello stesso periodo del 2018). La Grecia è tornata a essere il primo paese di approdo con oltre 18 mila nuovi arrivi, dunque circa 3 mila al mese, mentre la Spagna ne registra circa 13 mila, ossia poco più di 2 mila al mese. In Italia il dato è al di sotto delle 3 mila persone (2.769 al 30 giugno): un dubbio successo che Salvini e Minniti competono per intestarsi, con scarso riguardo per il diritto di asilo riconosciuto dall’articolo 10 della Costituzione. Non è neppure vero che i carichi di accoglienza pregressi vedano il nostro paese particolarmente esposto: secondo l’ultimo rapporto Unhcr, l’Italia accoglie quasi 300 mila tra rifugiati e richiedenti asilo a fine 2018. Nella Ue, per tacere dell’impegno che grava su molti paesi in via di sviluppo, ci precede non solo la Germania (1,1 milioni, più 300 mila richiedenti asilo), ma anche la Francia (459 mila) e la Svezia (318 mila). In proporzione alla popolazione, noi accogliamo circa 5 rifugiati ogni mille abitanti, la Svezia 25, Malta 20 e vari altri paesi fanno comunque più di noi.
Sul tema, oltre a confondere sistematicamente immigrati e rifugiati, politiche dell’immigrazione e politiche dell’asilo, uno dei più consolidati assiomi, anche tra i commentatori “illuminati”, riguarda l’avversione verso quelle che vengono definite “migrazioni disordinate”. Ma l’unica soluzione per evitare la fuga disordinata di persone minacciate da conflitti armati è la predisposizione di vie di scampo organizzate e sicure. Ossia simili ai corridoi umanitari gestiti da organizzazioni religiose, cattoliche e protestanti, in accordo con il governo italiano, che hanno consentito l’arrivo in Italia di circa 2.500 persone da Libano ed Etiopia e hanno trovato poi applicazione in Francia, Belgio e Andorra.
Avanzo quindi la proposta di un ponte aereo, se possibile organizzato dall’Unione Europea, altrimenti dall’Italia e da altri paesi disponibili, per trasferire in Europa i 7 mila africani detenuti in Libia senza aver commesso alcun crimine e oggi in pericolo di vita perché presi tra due fuochi nel conflitto in corso. Le amministrazioni locali, siano esse schierate per l’accoglienza oppure, come dicono, per migrazioni legali e ordinate, potrebbero candidarsi a ospitarne ciascuna un piccolo gruppo. Le forze impegnate della società civile, a loro volta, potrebbero indicare una “famiglia tutor” per accompagnare l’inserimento di ciascun rifugiato posto in salvo, seguendo l’esempio del corridoio umanitario dall’Etiopia. Mi pare il tempo di osare un’esemplare iniziativa bipartisan di soccorso a chi soffre una prigionia ingiusta e disumana, rischiando oggi la vita stessa.
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Mahmoud
Il problema sta proprio nel fatto che i detenuti nelle carceri libiche, perché di questo si tratta, sono i clandestini in Libia, cioè persone NON LIBICHE. Queste persone hanno una cittadinanza, con ogni probabilità di uno Stato legittimo e non in guerra, e dovrebbe essere quello stato ad interessarsi delle sorte dei propri cittadini detenuti all’estero ed organizzare un ponte aereo per loro. Spesso c’è del vero e proprio razzismo nei confronti di Stati sovrani quali Senegal, Gambia, Nigeria, lo stesso Mali martoriato (nella sola parte nord) da una guerra civile, Togo, Benin e via dicendo da parte di chi ha una visione eurocentrica del mondo. Stiamo comunque parlando di un conflitto presente in un diverso continente, che siano innanzitutto gli Stati sovrani di quel continente ad effettuare ponti aerei (tanto più che alcuni vedono i loro stessi cittadini detenuti) o altrimenti non solo l’Europa, ma dal Giappone al Canada ogni altro Stato di altri continenti ad effettuare azioni di questo tipo, rispetto alle quali io personalmente rimarrei comunque contrario. Chissà cosa ne pensano Egiziani, Tunisini o Ciadiani, popoli sovrani di rispettabilissime nazioni nel panorama ONU, rispetto a corridoi anche ben più facili di quelli aerei.
bruno puricelli
Provocazione.
… e che dire del milione e passa di Sud-sudanesi, del milione e passa dei camerunesi, dei bambini in Africa Centrale e Congo e delle centinaia di migliaia in Nigeria ma anche in Somalia, Eritrea, Etiopia (molto vicini a noi per tradizioni). Non ho finito…. che dire degli ucraini e tanti altri senza andare in Centro America?
Egr. professore, la nostra società europea s’è evoluta con sacrificio e morti (3, 4 cento milioni di morti per guerre negli ultimi secoli); in natura, la morte segue sempre la vita. Dal primo essere vivente, miliardi di miliardi di tentativi di generare nuovi e differenti esseri non hanno avuto buon esito. La selezione ha avuto alti e bassi, alla fine siamo arrivati noi e, fortunatamente, ci troviamo racchiusi in una scatola cranica robusta appartenente al genere umano. Ci siamo organizzati in società pacifica a prezzo di morti, sacrifici, sofferenze cui ci siamo o dovremmo esserci abituati come costo necessario. Ci siamo abituati. Abituarsi al meglio non ci pesa, peggiorare, sì!
La sua proposta è dettata dalla sensibilità che ogni uomo dovrebbe possedere ma che non fa i conti con la realtà umana e soprattutto materiale che ci ha permesso di raggiungere condizioni di vita che quei popoli invidierebbero ma che devono conquistarsi da soli perché qualunque interferenza esterna su una massa tanto numerosa di bisognosi e con cultura diversa tra loro e da noi provocherebbe danni ad altri. Non si devono fare ponti aerei ne’ aiutati a trasbordare
bruno puricelli
segue la precedente.
..trasbordare. A questo proposito, chiarisco che non si tratta di “salvataggi” o di “..salvare le vite di 30,50 100 persone” che desiderano venire in Europa. Per il 90% sono migranti attratti dalle nostre condizioni di vita. Più degli animali ordinari, l’uomo è opportunista (anche cinico) e va dove gli riesce di arrivare. Se lo si facilita a venire in Europa, la voce si diffonderà rapidamente (hanno tutti un cellulare) ed aumenterà il loro numero….a discapito delle nostre condizioni di vita per minor spazio, risorse, sicurezza. Dove mettiamo l’insicurezza accresciuta dopo il loro arrivo se non abbiamo capacità di inserirli? Un conto sono i desideri ma la realtà è quella che percepiamo.. e vediamo!
Henri Schmit
I salvataggi in mare stimolano ovviamente i tentativi di attraversata. Lo confermano anche le autorità libiche. Ma non è una ragione per lasciare i disperati annegare o per chiudere i porti! Ha quindi ragione il prof. Ambrosini. Ma non basta l’accoglienza da soli o da concertare con i partner UE – che il governo per colpa sua fa fatica a convincere. Trovo ipocrita però la glorificazione delle ONG (sintomo delle carenze pubbliche) e la criminalizzazione dei ‘passeurs’ tunisini e egiziani che fanno lo stesso mestiere, solo che sfruttati quant sfruttatori guadagno meno dei volontari benpensanti. Trovo ancora più ipocrita da un lato la chiusura dei porti, ma dall’altro l’appoggio al governo di Tripoli e ai gruppi privati che garantiscono la sicurezza dell’estrazione e dell’esportazione di gas e petrolio. Il discorso della sicurezza qua e là è uno solo: è la condizione dello sviluppo economico e dell’esportazione delle materie prime; la stabilizzazione politica in Africa e la gestione delle migrazioni è una sola grande sfida. Bisogna quindi intervenire in accordo con e in sostegno ai governi ritenuti “meritevoli”, stabilire rapporti asimmetrici ma di interesse reciproco come fa la Francia da tempo nel Sahel e oltre, appoggiata ora fattivamente dalla Germania, mentre l’Italia sembra mettersi, per ragioni legittime di calcolo, al servizio degli (interessi degli) Stati uniti.
Luigi Zammitti
Cosa facciamo se i carcerieri non vogliono consegnarci i prigionieri,mandiamo i nostri soldati ad i uccidere i carcerieri?
Henri Schmit
La domanda è pertinente. Ritengo che sarebbe nel nostro interesse (nonché dovere) andare a prendere tutti i rifugiati (identificati come tali dall’ONU), circa 3.300 secondo fonti ufficiali (lette oggi su Deutsche Welle), portarli con una nave da crociera in Europa e smistarli fra i paesi UE disposti a partecipare, fra cui necessariamente l’Italia e Malta ma non la Grecia, la quale dovrebbe invece essere aiutata (Lesbo) con una soluzione similare (dopo procedure di identificazione UE in loco). Sarebbe un grande sollievo per gli interessati e per i paesi più esposti, un piccolo contributo degli altri volonterosi (mille persone per gli Stati più grandi, proporzionalmente meno per gli altri). Alla Libia, alle sue milizie e mafie toglierebbe uno strumento di ricatto.
Henri Schmit
Preciso che secondo fonti ONU i rifugiati in Libia sono circa 50.000 mentre i migranti economici sarebbero 800.000 (la mia fonte è Deutsche Welle, servizio d’informazione disponibile anche in inglese).
Giampiero
Se non è credibile lo spirito umanitario ben esemplificato da tanti commenti, cos’è allora se non un ormai evidente progetto globale, ben strutturato da Organismi internazionali (ONU e altri)? , Far affluire in Italia e poi in Europa, sotto il pretesto umanitario alcune centinaia di africani oggi e milioni domani, per risolvere a modo loro demografia e mercati nella assoluta incuranza delle condizione di emergenza umanitaria in cui vivono milioni di cittadini italiani ed europei?.