Zero a 360 gradi: questo secondo l’Istat è il risultato di crescita dell’economia italiana nel secondo trimestre. Con poche speranze di trasformare nel resto dell’anno lo zero spaccato in qualcosa di diverso dallo zero virgola.
Ti giri e ti volti, sempre zero è
Per una volta i dati sulla crescita preliminare del Pil del secondo trimestre 2019 non si prestano a manipolazioni. Comunque li si guardi, dicono la stessa cosa: la crescita misurata è zero a 360 gradi, rispetto al trimestre precedente ma anche rispetto a un anno fa (confrontando il secondo trimestre 2019 con lo stesso trimestre del 2018). Zero è anche la crescita della domanda interna (consumi delle famiglie, investimenti aziendali e spesa delle pubbliche amministrazioni) così come della domanda estera netta (cioè delle esportazioni al netto delle importazioni). E a zero secondo l’Istat è anche la cosiddetta crescita acquisita, cioè la crescita che si otterrebbe in tutto il 2019 se nel terzo e quarto trimestre 2019 la crescita trimestrale fosse pari a zero.
Parlando di crescita acquisita c’è da tenere a mente che essa ha solo un meccanico (ed elementare) significato algebrico, e non ha dunque alcun valore previsivo. Una crescita acquisita zero non vuol dire in automatico che la previsione di crescita del Pil allo 0,2 per cento (su tutto il 2019 rispetto al 2018) che il governo ha scritto nel Def 2019 sia invalidata. Rimane però che, dati i primi due trimestri, se si vuole raggiungere una crescita annua dello 0,2 per cento su tutto l’anno ci vorrà un’accelerazione nei prossimi due trimestri. L’algebra (basta un file excel per calcolarlo) dice infatti che nel 2019 si raggiungerà un +0,2 sul 2018 solo nel caso in cui la crescita registrata nei prossimi due trimestri sia dello 0,2 per cento in ognuno dei due trimestri rispetto al trimestre precedente. Per dire, negli ultimi cinque trimestri la crescita media è stata invece – sorpresona – zero spaccato. Se dunque la crescita acquisita dello zero non deve essere presa come una previsione, il +0,2 previsto dal del governo è legato al verificarsi di un’accelerazione non marginale della crescita nel secondo semestre dell’anno.
Da dove può venire la crescita: dall’estero e dall’interno
Per ottenere l’accelerazione sopra indicata c’è da sperare in buone notizie dall’estero e buone notizie dall’interno.
Dall’estero il quadro è misto. Si dice che l’andamento meno positivo del previsto delle esportazioni italiane abbia un’origine nella persistente guerra commerciale tra Usa e Cina che una settimana finisce e la settimana dopo si riaffaccia in funzione dei volatili tweet del presidente americano e malgrado la stabilità derivante dalla visione di lungo periodo dei cinesi. In effetti, se, con i suoi dazi, Trump sottrae crescita alla Cina, c’è un effetto indiretto sulla crescita delle economie europee: un’America che accelera importerà più prodotti europei, mentre una Cina che decelera a causa dei dazi Usa importerà meno prodotti europei. C’è da calcolare un netto che può variare tra paesi in funzione di tante variabili. Per farsi un’idea preliminare si può osservare che la Germania esporta l’8,8 per cento del suo export in Usa e solo il 6,8 per cento in Cina, mentre per gli altri grandi paesi europei la differenza è anche più rilevante: l’Italia vende in America il 9,2 per cento del suo export e in Cina solo il 3,8 per cento, la Francia rispettivamente il 7,3 e il 4,1 per cento e la Spagna il 7 per cento contro il 2,3 per cento. Nell’insieme, a grandi linee e parità di crescita complessiva, se un punto in meno di crescita in Cina si traduce in un punto in più di crescita in America, le economie europee potrebbero beneficiarne. Sta di fatto che, lo ha annunciato ieri Eurostat, anche il Pil dell’eurozona decelera al +0,2 per cento, segno che forse tutti questi vantaggi dalla guerra tariffaria finora noi sono arrivati. In tutti i casi, la nuova guerra valutaria tra le banche centrali Usa e dell’eurozona – hanno annunciato l’attuazione di politiche monetarie più espansive – contro il resto del mondo farà svalutare dollaro ed euro rispetto alle altre valute mondiali (tranne la sterlina che soffre dei piani di hard Brexit del nuovo inquilino di Downing Street Boris Johnson), il che aiuterà gli esportatori americani ed europei (e quindi anche quelli italiani).
Sull’interno un più di crescita potrebbe venire dall’effetto positivo sui consumi del reddito di cittadinanza (contabilizzato nei documenti ufficiali con un +0,2 sull’anno ma che ha visto una platea di beneficiari molto inferiore alle attese) e negli effetti del decreto crescita approvato di recente – un caotico omnibus che include di tutto, varie misure pro crescita come il ristoro del super ammortamento e il rinnovo e l’estensione di vecchi e nuovi finanziamenti per le piccole imprese ma anche misure simbolo anti-crescita che hanno fatto molto discutere come l’articolo che rivisita in senso restrittivo l’accordo Ilva già firmato sulla limitazione di responsabilità dei nuovi proprietari di fronte a rischi ambientali e che rischia di far fermare gli impianti dal prossimo 7 settembre.
Nell’insieme è difficile intravedere stimoli esteri e interni che possano allontanare l’economia dalla stagnazione che il governo gialloverde ha contribuito a peggiorare con la sequenza di annunci e azioni contraddittorie che si sono succeduti nel corso del tempo. L’auspicio – più che un’attesa razionale – è che il valzer danzato quest’anno non si ripeta con la prossima legge di bilancio 2020.
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simone
buongiorno,
un doveroso riconoscimento al Prof. Daveri che , come sempre, con il suo approccio caustico e ironico (anche se nulla c’è da rallegrarsi) “illumina” e chiarisce in modo esaustivo la disorientante politica economica del nostro governo bicolore (?) .
Henri Schmit
Non intendo criticare l’analisi del prof Daveri, che condivido; vorrei solo puntualizzare sui colori. La non crescita non è specifica al governo giallo verde ma una costante tricolore da almeno 12 anni, ad eccezione delle riforme strutturali del governo Monti (propedeutiche a futura crescita), del troppo breve governo Letta e della prima fase del governo Renzi. Il resto, dai ristoranti pieni alle mance elettorali e riforme istituzionali per sollevare l’economia (sic) tutto si assomiglia. È troppo facile dare tutte le colpe ai nuovi barbari, che sono al governo per tripla colpa di chi li ha preceduti: 1. Da loro hanno imparato discorso e metodi; 2. Da loro è stata preparata la trappola elettorale nella quella il cacciatore stesso è finito intrappolato; 3. Il loro rifiuto di trattare ponendo condizioni severe ha aperto la stagione a binomio giallo verde e ha permesso il travaso dei consensi dai penta stellati ai leghisti, invece di un possibile e naturale travaso dai populisti incompetenti ai loro partner di governo democratici più esperti. Dopo tanti anni siamo colpevoli un po’ tutti, in un modo o in un altro.
Andrea
Non ho capito, cosa avrebbero fatto crescere le riforme dei governi mai eletti da nessuno Monti, Letta e Renzi?
Henri Schmit
Allora provi a riflettere: per fare crescere l’economia servono riforme (non costituzionali, ma) strutturali, riforma delle pensioni, riforma del mercato del lavoro, riforma della giustizia, riforma delle procedure degli appalti e dei fallimenti, riforma del sistema bancario, riforma della fiscalità. I tre governi da me menzionati hanno contribuito a ammodernare queste strutture obsolete, purtroppo non abbastanza e per quanto riguarda l’ultimo disfacendo pure riforme già realizzate dai predecessori. L’attuale governo ha fatto solo propaganda, ha adottato misure zoppe e discutibili (quota 100 e RdC) distruggendo quel poco di consenso che ci poteva essere. Riformare non vuol dire cambiare ma migliorare lentamente nel tempo. La democrazia non vuol dire che una maggioranza qualsiasi può fare quello che vuole. Prima di tutto bisogna comprendere e dire la verità. L’elemento epistemologico della politica e della democrazia è stato da tempo sostituito dal rozzo potere della maggioranza del momento, purtroppo molto volatile. Comprende adesso meglio?
Virginio Zaffaroni
Replica esemplare.
Andrea
Comprendo tutto, non si preoccupi, semplicemente non lo condivido. A me non risulta, ad esempio, che il debito pubblico si sia ridotto in quegli anni (questo era il principale scopo del governo Monti, o almeno uno dei principali). Se riforma delle pensioni vuol dire arrivare ad avere una delle età pensionabili più alte in Europa, a me non sembra una buona riforma: poi non ci si può lamentare dell’alta disoccupazione giovanile. Il fisco non è stato assolutamente riformato, la giustizia le risulta riformata? Se vuole parliamo del mercato del lavoro….eliminare il vecchio contratto a tempo indeterminato ha portato grandi benefici? A me non risulta, nonostante gli inizialmente cospicui sgravi contributivi che alla fine hanno spostato di poco i numeri. E che dire del contratto a tempo determinato di 36 mesi senza causali e con un sistema di tutele e politiche attive molto meno sviluppato che nei paesi EU nostri competitor? Anche questa era buona?
A me le “riforme” raccomandateci hanno ricordato molto quelle che il FMI raccomanda ai paesi in via di sviluppo che poi mai si sviluppano davvero. Comprende adesso?
michele
Ancora con questa favole? Nessun governo in Italia è votato “dar poppolo”, e ancor meno quello del “tecnico” Conte. Tutti, ma proprio tutti, sono votati dal Parlamento. Si consiglia lettura Costituzione.
Savino
Proprio le scelte del “popolo” ,della “ggente”, tra le politiche del 4 marzo 2018 e le europee del 26 maggio 2019, si sono dimostrate inconcludenti. Non è solo il Governo che ha fallito, ma ha fallito anzitutto il popolo a scegliere. Era meglio quando i Governi non li “sceglieva il popolo”, ammesso (e non concesso) che si possa usare questa espressione (la Costituzione dice di no).
michele
Infatti, al massimo si può dire che i rappresentanti in Parlamento “der poppolo” e “della ggente” hanno votato l’avvocato der poppolo Conte. E le scelte der poppolo sono, come dice lei, fallimentari. Arridatemi le elite!
Andrea
Eh…la “ggente”, mi spiace per lei ma è questa ggente che ancora si reca alle urne e speriamo che lo faccia ancora. O il suffragio universale va bene solo quando si vota “dalla parte giusta”?
Savino
@Andrea Nessuno, in uno Stato democratico, può rivolgersi al popolo chiedendo “pieni poteri”. Stupido è il popolo che concedesse “pieni poteri” facendo nascere una non democrazia illiberale.
Luca Ba
In uno stato democratico chiunque può rivolgersi al popolo chiedendo pieni poteri è lo stato che deve impedire che quel qualcuno li abbia davvero ed il popolo che deve capire che non è una buona idea dare pieni poteri ad una persona sola.
Virginio Zaffaroni
Se comprendo bene il + 0,2% dell’ Eurozona è dato dal confronto con il trimestre precedente (confronto coingunturale?). I dati Eurostat, a cui il professore rimanda, danno come II°trim2019 su II°trim2018 (confronto tendenziale) dell’Eurozona +1,1%. E’ corretto dire che è questo il gap su proiezione annuale tra l’Italia e la media Eurozona?
francesco daveri
Sì, quello che scrive è tutto corretto, grazie
serlio
Il mercato interno asfittico è causato dalla ignobile e insopportabile tassazione inflitta a gli italiani da mario monti (che aveva invece la possibilità e il dovere di ridurre la spesa pubblica) e dalla inflazione derivante dall’euro che ha dimezzato il potere di acquisto degli italiani (con protagonista di ciò un altro professore universitario prestato alla politica…)
con questi due interventi gli italiani non sono più in grado di spendere, tant’è che da anni si parla di deflazione. per forza con l’euro vi è stata una botta di inflazione niente male. peccato che gli intellettuali ottenebrati dalla ideologia non lo riconoscano, lasciando così il campo a salvini.
Virginio Zaffaroni
Guarda caso il Governo Monti la spesa pubblica l’ha ridotta come minimo proprio con la Legge Fornero. Ma lei forse non se n’è accorto. E’ che giudicare il governo dello spread a 560 con i criteri di oggi è questa sì operazione furba, ingiusta e poco nobile.
Quanto all’inflazione da Euro che “ha dimezzato il potere d’acquisto degli italiani”, bé sinceramente non comprendo che libri e giornali abbia letto. L’inflazione annua l’Euro caso mai l’ha ridotta. Ma forse lei, nella foga non ci ha detto che il suo pensiero andava al cambio cartellino prezzi del 2002: capitò che ciò che costava 2000 lire passò a 4 euro (4.000 lire circa). Ma qui non mi risulta che Berlusconi (2001-2006) fosse un “professore universitario prestato alla politica”.
Giovanni
Taglio del costo del lavoro per rendere il parse più competitivo. Robusta (e possibilmente di buon senso) spending review. Riforma della giustizia è un codice degli appalti pubblici comprensibile (la paura – se non il terrore – di commettere errori sta bloccando di fatto molte opere). Così forse si può cominciare a sperare.