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Riforme istituzionali ripensate nelle promesse del Conte bis

Taglio al numero dei parlamentari, autonomia differenziata e legge elettorale: sono le riforme istituzionali citate da Conte nel discorso per la fiducia. Sulle prime due si era speso il suo primo governo. Ma ora hanno più probabilità di essere approvate.

Il discorso di Conte alla Camera

Prende vita il governo Conte bis e con esso una nuova agenda di obiettivi. Si tratta, naturalmente, nella maggior parte dei casi di obiettivi molto generici e non specificati, su cui è difficile esprimere una valutazione a priori. Tuttavia, è interessante capire quali siano le possibili discontinuità (o meno) rispetto al primo governo Conte. Per quanto riguarda le riforme istituzionali, si segnalano in particolare la promessa del taglio dei parlamentari e – di nuovo – la riapertura del cantiere sulla legge elettorale. Un programma ambizioso e forse non così irrealistico, visto il contesto in cui è nata la nuova maggioranza.

Nel discorso alla Camera per la fiducia, Giuseppe Conte ha illustrato gli obiettivi del governo e in particolare si è soffermato su alcune riforme istituzionali. Innanzitutto, ha promesso che verrà concluso l’iter per l’approvazione della legge di modifica della Costituzione che diminuisce il numero di parlamentari, avviato con la maggioranza Movimento 5 stelle–Lega e a cui manca solo l’approvazione definitiva del Senato. Tuttavia, ora la legge dovrebbe essere solo un elemento di un più complesso e articolato disegno di riforma del sistema, che dovrebbe prevedere anche strumenti per la tutela e la rappresentanza delle minoranze (politiche e territoriali), nonché la riapertura del cantiere sulla legge elettorale. Su quest’ultimo punto, non vengono forniti ulteriori dettagli. Il sospetto è che si voglia rinforzare ulteriormente la rappresentanza proporzionale. Sia per coerenza con gli obiettivi enunciati (tutela delle minoranze) sia molto probabilmente per evitare che alle prossime elezioni un partito molto forte, per esempio la Lega, sia in grado da solo di conquistare la maggioranza dei seggi. Viene anche ribadito che saranno riformati i requisiti di elettorato attivo e passivo, partendo probabilmente dal progetto già depositato di voto ai diciottenni per il Senato.

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Nel discorso di Conte, trova spazio l’attuazione dell’autonomia differenziata (articolo 116 comma 3 della Costituzione), definito un “sacrosanto progetto riformatore”, ma ribadendo che dovrà essere “giusta e cooperativa”: uno stop ai – comunque irrealistici – progetti che erano circolati nella prima parte della legislatura e tanto cari, perlomeno a parole, alla Lega. Ottimo il riferimento alla necessità di approvare fabbisogni standard e livelli essenziali delle prestazioni, vero punto di partenza per garantire una redistribuzione equa delle risorse tra territori.

Il capitolo delle autonomie si conclude con la promessa di revisione del Testo unico degli enti locali, la riforma di Roma capitale, la valorizzazione dei piccoli comuni e la soppressione enti inutili, senza specificare tuttavia quali siano questi enti inutili (probabilmente il Cnel, forse le province, sicuramente non i comuni piccoli).

Possibilità di approvazione

Alla legge sulla diminuzione del numero dei parlamentari manca solo un voto dei quattro previsti, quindi ha alte probabilità di venire approvata, salvo poi essere sottoposta a referendum confermativo. Nelle prime tre votazioni, la proposta ha ricevuto il voto favorevole della Lega, ma non del Partito democratico e di Liberi e uguali; sarà molto interessante (e divertente) leggere le dichiarazioni di voto se mai si raggiungerà la quarta votazione. Tuttavia, vale la pena notare che se fino a poche settimane fa la volontà della vecchia maggioranza era quella di mettere in calendario l’ultima votazione a settembre, ora, invece, Conte ha sottolineato che dovrà essere “[…] un percorso di ampio respiro, che […] richiederà tempo, attenzione, competenza. Ogni intervento sulla Costituzione presuppone una scrupolosa verifica degli effetti che può produrre sul sistema di pesi e contrappesi […]”. Insomma, non sembra esserci più tanta fretta di approvare la riforma.

Sarà invece interessante vedere da quale progetto si partirà per riformare la legge elettorale. Nella passata legislatura, il Movimento 5 stelle aveva depositato un progetto (estremamente scarno) che prevedeva il ritorno a una legge puramente proporzionale, salvo poi difendere il cosiddetto “Italicum” quando venne cambiato prima delle elezioni. Dunque, per il Movimento, si tratterebbe di un ritorno al passato. Ma si tratterebbe anche del definitivo affossamento della stagione riformatrice dei primi anni Novanta che, per ironia della sorte, venne proprio avviata dai referendum per superare il sistema proporzionale.

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Il tema dell’autonomia differenziata sembra essere affrontato ora con maggiore realismo, e quindi con maggiore probabilità di approvazione. Se attuata bene, l’autonomia differenziata potrebbe valorizzare non solo le regioni del Nord ma anche quelle del Sud (e quindi tutto il paese). Inoltre, si tratta di un tema fondamentale anche per i futuri equilibri politici: a ben vedere, infatti, potrebbe essere uno dei terreni di battaglia più efficaci con cui la nuova maggioranza potrà cercare di indebolire Matteo Salvini: basata sui contenuti e non solo sulle formule (elettorali).

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  1. Savino

    Non si risparmia sulla democrazia, meglio risparmiare su altri sprechi, ad esempio sugli stipendi di manager pubblici. Meglio, poi, ripartire da zero e riformare l’assetto delle istituzioni ripensando all’inutilità del bicameralismo perfetto. La legge elettorale più appropriata è il maggioritario, ripartire dai referndum degli anni ’90 e dal Mattarellum.

    • U G-M Tamburini

      Che il Maat sia una soluzione e’ talmente ovvio che non val la pana di andare oltre; tanto piu’ che il “padre della Patria” CAC non ha battuto ciglio a fronte della battutaccia di Calderoli. (ma questo lo si sapeva fino dai tempi dei dissesti favoriti di Bankitalia)
      Il guaio sta nelle prediche dei glitterati (quelli che secondo D’Agostino pensano che non ci sia differenza fra una cabina telefonica e un iPhone) che non sono in grado di recepire la necessita’ di dare voce (quod stultius in ore meo!) alla soppressione delle distorsioni. Si tratta di operazioni mirate -un caso alla volta- con una falsariga tecnica di riparazione martellata su ogni mezzo di comunicazione. Chi svicoli va inseguito per dare consapevolezza al pubblico. Questo -a casa mia- si chiama riforma.

  2. Henri Schmit

    Sarebbe la sesta legge elettorale in circa 25 anni, senza contare le due leggi d’impronta opposta definite dalla Consulta per colmare il vuoto lasciato dalle censure del Porcellum e dell’Italicum. Questa è la prima e più importante osservazione che va fatta. Di conseguenza bisognerebbe concordare finalmente una legge che possa durare e essere approvata da un ampio spettro del Parlamento. L’alternativa fra maggioritario e proporzionale può fuorviare dal vero problema. Adesso che il sistema politico si è ricomposto in senso bipolare, l’uninominale SENZA riduzione del numero dei deputati sarebbe la soluzione più azzeccata. Se si continuasse invece di votare in circoscrizioni plurinominali bisognerebbe essere capaci di rinunciare ai trucchi italici (premi di governabilità o di maggioranza) e internazionali (soglie legali), e ripristinare la scelta individuale degli eletti (preferenze o meglio voto unico alla finlandese). Per una volta sono i 5S ad essere più scrupolosi degli altri. Ma sono considerazioni inutili nel paese dei trucchi, inganni e truffe. La riduzione dell’età per votare (e essere eletti) al Senato completerebbe l’omogenizzazione che rende il Senato perfettamente superfluo, ma nessuno sembra rendersene conto. Sarebbe logico sopprimerlo per farlo rinascere come organo consultivo in grado di favorire la coerenza, la stabilità e la convergenza della legislazione, delle virtù che che mancano vistosamente, e non solo da quando i populisti governano.

  3. Franco

    Perché non pensare ad una riforma/Revisione della Costituzione: una sola camera con ovvio taglio dei parlamentari, Presidente del Consiglio (e della Repubblica ove si conservasse la figura) eletto direttamente dal popolo con modalità da definire (per es.con doppio turno) e relativa legge elettorale?

  4. Enzo

    Se proporzionale, quindi ritorno alla prima repubblica , deve essere , sarebbe opportuno introdurre modifiche costituzionali che correggano i problemi che abbiamo avuto in passato e quelli derivanti dalla trasformazione dei partiti. Per la legge elettorale credo che usare i collegi come in Spagna ridurrebbe la frammentazione, i partiti unipersonali. La stabilità potrebbe essere garantita dal cancellierato o simili, lo spitzenkandidat e la sfiducia costruttiva

  5. Henri Schmit

    Apprendo con piacere (ilsole24ore di oggi) che Prodi e Veltroni hanno richiamato agli attuali dirigenti che la posizione tradizionale del PD era il maggioritario, quello vero, il doppio turno in tanti colleghi uninominali. Meglio sopprimere il Senato che ridurre il numero dei deputati! Meglio eliminare i deputati eletti all’estero! Ora Di Maio chiede pure il vincolo di mandato. Si sta svuotando il sistema democratico!

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