Dagli anni Novanta, la società americana vive una forte polarizzazione delle posizioni politiche degli elettori e dei loro rappresentanti. Ciò ha progressivamente portato allo stallo del governo. E potrebbe determinare la lacerazione del tessuto sociale.

Una battaglia sempre più accesa

L’episodio a metà tra lo spionaggio e la farsa avvenuto mercoledì 12 febbraio scorso: alcuni dirigenti repubblicani hanno spiato una riunione sulle strategie elettorali dei democratici. Ennesima dimostrazione di come diventano sempre più rudi e spregiudicati i modi che caratterizzano il confronto politico statunitense, soprattutto da parte repubblicana, come suggerito anche dal nuovo libro di Francesco Costa.

L’effetto sulle istituzioni

Il funzionamento della democrazia americana, il più antico stato liberale al mondo, si basa soprattutto sul compromesso tra le parti politiche, con un sistema di pesi e contrappesi generalmente più stringenti rispetto a quelli degli stati costituzionali europei. Salvo poche e non particolarmente rilevanti modifiche, la natura delle istituzioni statunitensi è rimasta la stessa per oltre due secoli. Eppure, sembra che negli ultimi anni il meccanismo si sia inceppato, soprattutto perché è venuta meno la collaborazione tra partiti che aveva sempre caratterizzato la politica americana.

La polemica e il blocco dei provvedimenti degli avversari sono diventate pratiche comuni, soprattutto da quando l’ex deputato e speaker della Camera Newt Gringich, insieme ad altri compagni di partito, ha stravolto la strategia parlamentare dei repubblicani, passando dal compromesso, che aveva garantito ai democratici il controllo del Congresso per 40 anni, all’ostruzionismo più sfrenato.

La conseguenza più evidente è lo shutdown del governo, che blocca molte attività governative, come la protezione dei parchi nazionali o la promozione turistica, ma anche alcuni programmi federali di welfare (figura 2). La possibilità di shutdown esiste dalla metà degli anni Settanta e si è verificata circa 20 volte, di cui tre solamente nell’amministrazione Trump.

Proprio il presidente in carica è un personaggio emblematico della polarizzazione: eletto dopo una campagna divisiva, in cui non si è mai risparmiato nel distinguere “loro” da “noi”, il presidente attacca quotidianamente i propri avversari dalla più alta posizione delle istituzioni statunitensi, ricevendo una reazione molto combattiva dai democratici, che sono arrivati a utilizzare l’opzione estrema di mettere in stato d’accusa il capo dell’esecutivo, l’impeachment.

Figura 2 – Agenzie federali colpite dallo Shutdown del 2019

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Fonte: Vox.

Gli studi empirici sulla polarizzazione

I numerosi studi realizzati dal Pew Research Center sulle opinioni politiche degli americani evidenziano come la polarizzazione sia aumentata drasticamente negli ultimi 30 anni: nel 1994 il 23 per cento dei repubblicani aveva idee più liberal della mediana dei democratici, mentre il 17 per cento dei democratici era più conservatore della mediana repubblicana. Oggi i valori sono rispettivamente del 4 e del 5 per cento. Nella figura 3 si nota come le posizioni politiche si siano progressivamente allontanate nel corso del tempo: nel 1994 il 64 per cento degli elettori repubblicani era più conservatore della mediana dei democratici, la percentuale è salita al 92 per cento in 20 anni.

Figura 3 – Distribuzione dei democratici e dei repubblicani basata su una scala di valori politici composta da dieci elementi


Fonte: Pew Research Center.

L’antipatia tra le parti sta diventando “più intensa e personale”, come mostrato nella figura 4: larga parte degli elettori considera i sostenitori del partito avversario di più strette vedute, meno patriottici, immorali, pigri e meno intelligenti. I repubblicani tendono più spesso a ritenersi superiori agli avversari, tranne per quanto riguarda la prima categoria, con il 64 per cento dei democratici che si ritiene più “open-minded” dei repubblicani.

Secondo uno studio del National Bureau of Economic Research (Nber), che ha ricostruito i trend della polarizzazione politica in un’analisi tra paesi, l’aumento del fenomeno negli Stati Uniti nasce anche da questioni identitarie, come il fatto che le minoranze tendano ormai a sostenere in massa il Partito democratico nonostante avessero dimostrato in passato di accogliere posizioni conservatrici (si pensi alle elezioni del 2004, in cui Bush venne votato da più del 40 per cento degli ispanici e degli asiatici, contro il 28 e il 27 per cento ottenuto da Trump nel 2016).

Una caratteristica tipica degli Stati Uniti nel processo di polarizzazione è la presenza di canali televisivi all-news privati schierati politicamente. Lo studio del Nber sostiene che l’esistenza di canali pubblici, come accade nelle democrazie europee, tende a ridurre la polarizzazione. Tra i canali monotematici di notizie, è emblematico il caso di Fox News, una rete che propone talk show politici in cui le posizioni liberal vengono quotidianamente messe in ridicolo, spesso attraverso notizie false o manipolate. La netta divaricazione delle posizioni politiche emerge anche dalle preferenze verso questi canali, notoriamente schierati: nella figura 5 si evidenzia il fatto che non esiste una rete che venga considerata attendibile da almeno il 50 per cento degli adulti americani. Fox News viene considerata tale dal 65 per cento dei repubblicani, mentre non è degna di fiducia per il 61 per cento dei democratici.

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In conclusione, l’agone politico americano diventa sempre più acceso, trasformandosi in una battaglia senza esclusione di colpi. Anche se è vero che una maggiore partecipazione e intensità nel dibattito possono provocare benefici, il deterioramento dei rapporti tra i due grandi schieramenti della politica americana sta portando a momenti di stallo della nazione e alla progressiva perdita di fiducia nei confronti della democrazia da parte dei cittadini. Due elementi che le classi dirigenti dei partiti dovranno combattere insieme se decideranno di ripartire da una base comune costruita sulle ceneri di questa lotta politica esasperata.

Figura 6 – Percentuale di americani che non sono soddisfatti dalla democrazia liberale

Fonte: The Atlantic.

 

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