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Come si sgonfiano le bolle

Quali sono le ragioni che portano alla creazione di bolle nei mercati finanziari? E quali sono gli strumenti più idonei per prevenirne la nascita? Sembrano considerazioni prive di attualità, ma uno dei membri del Board of Governors della Fed la pensa diversamente. I titoli da monitorare.
COME NASCE UNA BOLLA

In un recente discorso a un convegno promosso dalla Fed di St. Louis, Jeremy Stein, professore di Harvard alcuni mesi fa nominato da Barack Obama a membro del Board of Governors della Fed, ha affrontato il problema della formazione delle bolle sui mercati finanziari e su quali strategie sono appropriate per contenerle.
La domanda di partenza è perché assistiamo periodicamente a fenomeni di enorme afflusso di credito verso alcuni settori dell’economia. L’esempio più recente è quello del mercato immobiliare in vari paesi, tra cui Stati Uniti, Spagna e Irlanda. Una spiegazione è che l’appetito per il rischio o il grado di fiducia nell’economia degli investitori possano variare nel tempo. Se gli investitori sono ottimisti o propensi al rischio, l’offerta di risparmio sarà elevata e questo può condurre alla creazione di bolle quando essa è indirizzata verso specifiche forme d’investimento. L’esempio proposto da Stein è quello delle società dot.com alla fine degli anni Novanta: il prezzo delle azioni era elevatissimo senza che le aziende in questione avessero mai prodotto utili.
Tuttavia, questa spiegazione non può essere esaustiva. Infatti, il credito è concesso da istituzioni finanziarie le cui decisioni dipendono dalle regole, dalla governance e dagli schemi d’incentivazione vigenti al loro interno. Le regole dovrebbero impedire un’eccessiva esposizione verso forme d’investimento molto rischiose. Stein identifica però un problema nello schema di incentivazioni: la vulnerabilità verso investimenti ad alto rendimento e con rischi legati a eventi a bassissima probabilità. Per questo tipo d’investimenti, la valutazione del rischio è difficile e si può pertanto creare l’illusione di una performance superiore alla media. La concorrenza tra istituzioni spinge inoltre in tale direzione. Le cartolarizzazioni legate ai mutui, che hanno giocato un ruolo cruciale nella crisi del 2008, sono un esempio di questo tipo di investimento.
Ci sono dei fattori che amplificano l’emergere delle criticità. Ad esempio, l’innovazione finanziaria può generare massicci flussi di investimento in prodotti non compresi fino in fondo. Cambiamenti nella regolamentazione creano nuovi spiragli per investimenti solo apparentemente non rischiosi. Infine anche l’ambiente economico è cruciale. Quando, ad esempio, i tassi di interesse rimangono bassi per molti anni, è normale cercare di aumentare il rendimento attraverso strategie di investimento più rischiose.
Può sembrare bizzarro preoccuparsi della possibilità della creazione di bolle oggi, ma Stein identifica i titoli ad alto rendimento (i cosiddetti junk bond o titoli spazzatura) come un tipo di investimento soggetto alla possibilità di una bolla e quindi da monitorare attentamente.

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CHE FARE?

Infine, Stein si chiede: se fossimo d’accordo sul fatto che un mercato è a rischio bolla, cosa occorrerebbe fare? Occorre che intervenga l’autorità di politica monetaria o quella di supervisione e regolamentazione?
Come ricorda Gavyn Davies in un suo recente articolo, la dottrina Bernanke/Greenspan prevede che la politica monetaria debba essere rivolta al controllo del tasso di inflazione e di disoccupazione, mentre della stabilità del sistema finanziario si deve occupare l’autorità di supervisione e regolamentazione. Stein sembra suggerire l’opposto. Infatti, a suo avviso, regolamentazione e supervisione hanno un limite: una parte del sistema finanziario sfugge alla loro giurisdizione. Il recente sviluppo del sistema finanziario ombra, emerso come fattore critico nella crisi del 2008, ne è una prova. Più stretta la regolamentazione, maggiore l’incentivo ad aggirarla attraverso veicoli che non ne sono soggetti. Invece la politica monetaria ha la proprietà di influenzare tutti gli attori del sistema finanziario. Inoltre ha un effetto sulla curva dei rendimenti, cioè sui tassi alle diverse scadenze, e quindi, se usata in modo appropriato, può mitigare l’incentivo a indebitarsi a breve, con conseguente riduzione della fragilità del sistema finanziario. Ma ovviamente innalzare i tassi d’interesse non è senza costi, specie in momenti di recessione come questo e Ben Bernanke sembra escluderlo, nella presente congiuntura. Sarebbe interessante capire se le considerazioni di Stein potrebbero prefigurare una divergenza all’interno della Fed rispetto a quali azioni intraprendere in caso di esuberanza dei mercati finanziari.

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  1. Piero

    se stampano fan le bolle.. se non stampano falliscono stati/banche e disoccupazione aumenta ancor di più.. quindi.. preferisco la prima ipotesi come la meno peggio..
    about inefficacia regolamentazione/soveglianza è problema globale.. dalle nostre Fonsai/Mps/Bpm fino a RBS/Braclay in Uk o AIG/Lemhan in Usa.. d’accordo su maggiore efficacia politica monetaria vs regolamentazione.. infine con riferimento a politica moneraria ormai il tassi sono a quasi zero.. quel che conta è la base monetaria (intesa in senso ancor più esteso della M£… includendo anche derivati e black pool)..

  2. marco

    Penso che sia più giusta la visione di Bernanke. La moneta deve essere utilizzata per arrivare alla piena occupazione e deve essere emessa e gestita in modo da controllare l’inflazione e le tasse. E’ la supervisione che dovrebbe evitare il formarsi delle bolle. Il problema è quello di renderla efficace attraverso una regolamentaizone diversa che controlli l’afflusso di capitali, contro una visione neoliberista spinta e dannosa. Alzare i tassi in un periodo di recessione sarebbe una sciocchezza immane al pari dell’inflazione zero e del deficit zero proposto dalla BCE. Che questo STEIN abbia studiato in Germania?

  3. Vincè

    Sono un piccolo risparmiatore in pensione e non ho nessuna propensione al gioco d’azzardo.
    A me andrebbe bene l’inflazione zero e il deficit zero, anche se non ho studiato in Germania.
    Ho dovuto difendermi strenuamente dalla mia banca, che voleva convertire i miei euro in titoli spazzatura.
    Capisco però che il deficit e la creazione di moneta fasulla possano aiutare la produzione e la occupazione.
    Penso che c’è un limite al deficit e credo che noi lo abbiamo già superato.

  4. Federico

    Articolo interessante e alquanto attuale!
    La soluzione non potrebbe essere quella di tenere conto della variazione del valore delle attività finanziarie (beni mobiliari, beni immobiliari e commodities) all’interno del paniere dell’inflazione?

  5. Francesco Rotondo

    Articolo veramente interessante. Tuttavia nella crisi del 2008, a mio parere, si dimentica che norme di regolamentazione sul mercato dei derivati USA erano pressoché assenti.

  6. P. Magotti

    Tutto molto bello, tutto molto giusto. Però sappiamo tutti che con una variabile di politica economica, possiamo puntare ad un solo obiettivo di politica economica. La stessa dottrina Bernanke/Greenspan, come viene chiamata nell’articolo, non può puntare contemporaneamente ad un obbiettivo sia di inflazione, che di disoccupazione. Non per niente Bernanke ha detto l’obbiettivo sarà la disoccupazione fino ad una certa percentuale e sotto questa percentuale tornerà l’inflazione l’obbiettivo. Tralasciando il fatto che per me è errato inserivi la disoccupazione tra gli obbiettivi raggiungibili con la politica monetaria, se aggiungiamo un altro target da raggiungere dobbiamo rinunciare ai 2 sopracitati obiettivi (disoccupazione e inflazione). Non mi sembra il caso.

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