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Nuovo credito dai dividendi congelati delle banche

L’ammontare di nuovo credito reso disponibile dal blocco della distribuzione dei dividenti delle banche non riuscirebbe a sostenere un’economia bloccata. Vanno aggiunte altre misure che stabilizzino le aspettative su perdite attese e inattese.

La raccomandazione della Bce

La Banca centrale europea, con una raccomandazione pubblicata il 27 marzo 2020, ha chiesto alle banche di non effettuare alcuna distribuzione in forma di dividendo o qualsiasi tipo di pagamento in contanti soggetto all’approvazione dell’assemblea. Agli istituti di credito raccomanda anche di non assumere impegni irrevocabili a pagare dividendi per gli esercizi finanziari 2019 e 2020 e di astenersi dal riacquisto di azioni (buy-back) per remunerare gli azionisti.

La raccomandazione, indirizzata alle banche significative, cioè a quelle di maggiori dimensioni e direttamente soggette alla supervisione della Bce, è stata estesa a quelle meno significative da un intervento analogo della Banca d’Italia, cosicché si applica all’intero sistema bancario nazionale.

Poiché si tratta di una raccomandazione, non è escluso che qualche intermediario decida di non conformarsi. In questo caso, le banche dovranno contattare l’autorità di vigilanza e “spiegare le loro motivazioni”.

Tutto ciò vale almeno fino all’inizio di ottobre 2020, ma la Bce e le autorità di vigilanza nazionali valuteranno l’opportunità di un’ulteriore sospensione per un periodo più prolungato.

Le finalità e gli effetti sul patrimonio bancario

Queste indicazioni hanno due finalità: (a) destinare gli utili al rafforzamento dei mezzi propri e mettere il sistema finanziario nella condizione migliore per assorbire le perdite che si materializzeranno a causa dell’emergenza sanitaria e (b) poter continuare a sostenere l’economia.

In altri termini, l’impatto economico della crisi pandemica si manifesterà in una recessione con inevitabile deterioramento della qualità del credito. Le perdite dovranno essere assorbite dal sistema bancario. Distribuire oggi parte dell’utile dello scorso esercizio renderebbe insostenibile il rischio che inevitabilmente si va generando per effetto dello shock di offerta e di domanda.

Tecnicamente, la decisione si configura come un’applicazione estesa del conservation buffer che già oggi limita la distribuzione dei dividendi degli intermediari bancari relativamente sotto capitalizzati, ma vi unisce anche una visione anti-ciclica, che è presidiata dal counter-cyclical buffer e che molte autorità hanno azzerato proprio per liberare risorse finalizzate al sostegno dell’economia in questa fase di ciclo negativo.

Purtroppo, l’Italia non aveva alcuna risorsa accumulata in quest’ultimo strumento prudenziale e non sarà possibile aggiungere ulteriori risorse patrimoniali bancarie.

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Sulla base dei risultati economici del 2019 e di alcuni annunci fatti prima dello scoppio dell’emergenza, la stima relativa alla volontà di distribuzione dei dividendi per le banche significative era compresa fra 5 e 6 miliardi di euro. La previsione si basava sui dati dei primi tre trimestri del 2019, da cui si osservava un leggero calo del margine di intermediazione (che ancora sconta i bassi tassi sul margine di interesse, con un effetto di riduzione del 5,6 per cento) e una diminuzione dei costi operativi (-3,4 per cento) rispetto al 2018. La redditività (Roe) delle banche significative dovrebbe passare dal 6,2 al 7,9 per cento. Questo aveva spinto le banche a pianificare un aumento dei dividendi anche per ridurre il costo del capitale che condiziona la loro competitività creditizia e finanziaria.

L’impatto per il credito delle imprese

Il secondo obiettivo della raccomandazione è sostenere l’economia (“The European Central Bank (ECB) considers it crucial that credit institutions can continue to fulfil their role to fund households, small and medium businesses and corporations amid the coronavirus disease 2019”- “La Banca centrale europea considera cruciale che gli istituti di credito possano continuare a svolgere il loro ruolo nell’erogare credito a famiglie, piccole e medie imprese e grandi società durante la pandemia da coronavirus 2019”). Lo si realizzerà facendo leva sugli utili non distribuiti che permetteranno di allentare le barriere dell’accesso al credito per imprese e famiglie.

Per stimare questo impatto si sono simulati alcuni scenari. Alla fine del terzo trimestre 2019, il grado di capitalizzazione delle banche significative italiane era pari a 13,6 per cento, superiore a quello dello stesso periodo dell’anno precedente di 0,3 per cento. Se si ipotizza la stabilizzazione del livello attuale del Cet1 si possono costruire due ipotesi:

– Scenario 1: dividendi attesi pari a 5 miliardi di euro a pari risk weighted asset (Cet1 = 13,6 per cento)

– Scenario 2: dividendi attesi pari a 6 miliardi di euro a pari risk weighted asset (Cet1 = 13,6 per cento)

Ma se si introduce un’ipotesi più ragionevole, che cioè la capitalizzazione delle banche veda una flessione dell’1 per cento portando il Cet1 al 12,6 per cento, si possono costruire altri due scenari:

– Scenario 3: dividendi attesi pari a 5 miliardi di euro con riduzione della capitalizzazione (Cet1 = 12,6 per cento)

– Scenario 4: dividendi attesi pari a 6 miliardi di euro con riduzione della capitalizzazione (Cet1 = 12,6 per cento)

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Si ipotizza inoltre che la quota di credito distribuito a imprese e famiglie residenti in Italia rimanga costante e che tutto l’importo dei dividendi che le banche prevedevano di distribuire ai propri azionisti venga tradotto in nuovo credito.

Nella tabella si stimano i nuovi flussi creditizi, distinti per imprese e famiglie, nei quattro scenari

Le simulazioni mostrano un potenziale di crescita del credito pari al 2,1 per cento se i dividendi congelati fossero 5 miliardi e 2,5 per cento se fossero 6 miliardi, nel caso si mantenesse invariato il tasso di capitalizzazione delle banche significative. Se invece si prevedesse un potenziale di leva superiore, si avrebbe un leggero aumento del credito (2,2 e 2,7 per cento del Pil rispettivamente) ma con un sensibile decremento del patrimonio bancario, anche considerando il probabile aumento futuro dei crediti deteriorati.

Se lo scenario recessivo fosse nell’intervallo di una riduzione tra il 5 e il 9 per cento del Pil, un intervento creditizio del 2,5 per cento circa sarebbe importante ma non sufficiente. Quello che emerge dalla simulazione è che il nuovo credito non riuscirebbe a sostenere un’economia bloccata in molti settori e con enormi tensioni, oggi di liquidità e, domani, di solvibilità.

Rimanendo al ruolo che le banche possono svolgere  – e nella scia di quanto dichiarato dal presidente del Consiglio di vigilanza Bce, Andrea Enria, secondo il quale le banche sono parte della soluzione del problema – alla raccomandazione sui dividendi, necessaria in questo contesto, si dovranno aggiungere altre soluzioni volte a compensare il crescente rischio di credito.

In particolare, sarebbe necessario un pacchetto di garanzie e di strumenti finanziari con scadenze medio-lunghe che possano stabilizzare le aspettative su perdite attese e inattese e di conseguenza tranquillizzare tutti gli stakeholder in relazione al futuro del ciclo creditizio.

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  1. Grazie dell’interessante articolo. Numerosi politici in questi giorni hanno parlato liberamente di “stato di guerra” e di “economia di guerra”. Tuttavia, è probabile che rischiamo una depressione della domanda di mercato e una serie di fallimenti a catena causati dalla discesa dei prezzi al disotto del costo variabile di produzione. Seguirà una fase di sottodimensionamento dell’offerta -più o meno duratura- e di conseguente iperinflazione.
    Almeno questo è ciò che la teoria macroeconomica afferma.

    Le misure di contenimento impediscono materialmente l’incontro tra domanda e offerta il manifestarsi di questi fenomeni ben noti e studiati. Unica eccezione sono i siti di e-commerce con tutte le limitazioni di ordine logistico che staranno incontrando, specialmente nell’ambito del commercio internazionale.

    Quando la gente potrà tornare liberamente a muoversi e ad acquistare, cosa sarà della domanda dei beni di importazione con le frontiere chiuse e le scorte esaurite? per non parlare delle ditte che dovranno portare i libri in tribunale, sottraendo la loro precedente capacità produttiva alla domanda interna del Paese.

    Con il crollo delle Borse nel 1929, le banche riuscirono ad accumulare in breve tempo un enorme patrimonio immobiliare grazie ai fallimenti e ai pignoramenti che ne seguirono. Temiamo che anche oggi gli investitori siano molto attenti alla composizione QUALITATIVA dell’attivo di bilancio. Una cosa è avere euro, un’altra beni materiali comunque valorizzabili altrove

  2. Fabio Basso

    Le Banche sono tenute per effetto dei vari DPCM a sospendere le rate dei finanziamenti su richiesta del cliente ed a fornire ai clienti il più ampio sostegno; si stanno organizzando nel miglior modo possibile per fornire delle risposte nel più breve tempo. Lo affermo con cognizione di causa perché è il mio lavoro. Stanno, inoltre, ad esempio trasformando in apertura di credito tutte le linee di autoliquidante (assumendosi quindi un rischio molto più elevato). Mi domando, con il dovuto rispetto, come Il Sottosegretario Castelli (PORTAVOCE del MEF) possa dichiarare con estrema leggerezza che le Banche DEBBANO CONCEDERE NUOVE LINEE DI CREDITO a prescindere da una adeguata valutazione del merito creditizio?. Anche per iniziativa delle Banche, sono stati messi a disposizione fondi per nuovi affidamenti, ma non è senz’altro possibile farlo senza un minimo di criterio. Vale a dire, se fino ad un mese fa quando l’economia non era in questo stato, un cliente non aveva il merito creditizio per avere nuovi affidamenti, ora perché dovrebbe NECESSARIAMENTE averlo ? Le affermazioni del Sottosegretario Castelli sono perlomeno ingenue perché alimentano la fiamma dell’ostilità verso le Banche che non sono in grado di sostituirsi allo Stato perché non dispongono delle stesse risorse e strumenti. Insomma, vogliamo di nuovo cadere nell’errore di ritenere che le Banche siano il grande male di questo Paese?

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