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Una crisi a V, dice il Fondo monetario. Anche per noi

Le stime del Fmi indicano che, se l’emergenza sanitaria si attenua in poche settimane, la crisi per l’economia mondiale sarà una V. Le previsioni per l’Italia (-9 nel 2020 e +4,8 per il 2021) richiedono un rapido ritorno alla crescita già dal secondo semestre di quest’anno.

Il Fondo monetario vede una crisi senza precedenti…

Dopo settimane di dati non ufficiali provenienti da associazioni di categoria e banche di investimento, il Fondo monetario internazionale ha prodotto nel suo World Economic Outlook di aprile 2020 le prime stime ufficiali che consentono di descrivere con maggiore precisione l’entità degli effetti della pandemia da coronavirus sull’economia mondiale. Sono stime e come tali sono soggette a errore: d’altronde non sbaglia le previsioni solo chi può permettersi il lusso di non farle o di farle fare ad altri. Ma, come ha spiegato bene la capo economista del Fondo Gita Gopinath, stavolta le stime sono sottoposte a margini di errore sconosciuti in passato, compresa la grande crisi post-Lehman. Per questo insolitamente i numeri dell’istituto di Washington si spingono solo fino al 2021 e non oltre. Ma i numeri ci sono e quindi tanto vale ragionarci sopra con l’aiuto di qualche grafico.

…ma che disegna una V

Cominciando dall’economia mondiale (il virus non riconosce confini e così neanche i suoi effetti), dalla Figura 1 si vede che gli economisti del Fondo si aspettano una evoluzione del Pil del mondo che descrive una V solo leggermente asimmetrica. Le cattive notizie sono relative al 2020: nell’anno in corso la crescita (decrescita, veramente) sarebbe di -3 punti percentuali rispetto al 2019, il che farebbe scendere il livello del Pil mondiale al netto dell’inflazione da circa 90 mila miliardi di dollari del 2019 a un po’ meno di 88 nel 2020. Nel 2021 tuttavia arriverebbero già le buone notizie perché secondo le stime che arrivano da Washington ci sarebbe un rimbalzo di 5,8 punti percentuali che – pur partendo da una base inferiore – più che compenserebbe nell’arco di un solo anno i miliardi di dollari di Pil persi nel 2020.

Per la verità, dalla tabella 1 che riporta i tassi di crescita dei grandi paesi si vede che la V non avrà la stessa forma per tutti ma si vede anche che la V sarà presente ovunque. Il dato comune è che il 2020 avrà un pesante segno meno (nell’intervallo tra il -5,2 del Giappone e il -9,1 per cento dell’Italia) in tutti i paesi avanzati che – collettivamente – vedranno scendere il loro Pil in volume per poco più del 6 per cento. L’economia americana si contrarrà per 5,9 punti percentuali, quella dell’eurozona di un enorme 7,5 per cento. In tutti questi casi di tratterebbe di una contrazione più o meno doppia (in punti percentuali) rispetto a quella registrata nel 2009. Anche i paesi emergenti nel loro complesso vedrebbero scendere il loro Pil ma solo dell’1 per cento per la prima volta da quando il Fondo monetario riporta dati comparati. È più o meno la media tra il +1,5 per cento circa di Cina e India e il -5 per cento di Brasile e Russia. Nel complesso il 2020 sarà un grande anno per i fautori della decrescita (infelice): il Pil pro capite del mondo scenderà in 170 paesi sui 190 monitorati dal Fondo monetario.

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Poi però arriverà il 2021 con un rimbalzo – dicono le stime del Fondo – registrabile ovunque. Il mondo crescerebbe del 5,8 per cento, i paesi avanzati del 4,5 per cento (più o meno come Stati Uniti ed Eurozona) e i paesi emergenti farebbero registrare un +6,6 per cento (+9 per la Cina, +7,5 per l’India e circa +3,5 per Brasile e Russia).

Allora non c’è problema?

Ma se è una “V” quella che ci aspetta, se si tratta solo di tirare la cinghia per qualche trimestre e poi tutto come prima, allora si fa tanto per rumore per nulla? No, per due ragioni. La prima la suggerisce la figura 2 che, andando indietro fino al 2015, mostra come l’economia mondiale normalmente cresca, e non dello zero virgola, ma circa del 3,4 per cento l’anno. Il prezzo del virus non è solo il visibile calo del Pil ma anche la minor crescita potenziale, il +3,4 per cento di crescita normale che nel 2020 non avrà luogo: mancheranno all’appello 6,4 punti di crescita del Pil rispetto al solito. Se la crescita fosse stata più o meno quella degli ultimi cinque anni, il Pil del mondo nel 2021 sarebbe stato pari a 96,9 mila miliardi di dollari (come indicato nella linea color ruggine nella figura), e non 92,9 mila miliardi di dollari. Invece, per colpa del virus e delle necessarie politiche di contenimento dello stesso, nel 2021 mancheranno all’appello circa 4 mila miliardi di dollari. Come se andando al 2021 scomparisse la Germania, il cui Pil vale appunto circa 4 mila miliardi di dollari, o l’Italia e il Brasile messi insieme.

Ma c’è anche un’altra e più importante ragione per non essere noncuranti rispetto ai numeri del Fondo monetario. Come spiegato bene nel rapporto, la parte crescente della V del “Pil dopo il virus” richiede il verificarsi di due condizioni. La prima è che l’emergenza sanitaria si esaurisca entro il primo semestre 2020, il che – allo stato attuale delle cose – è più probabile per Cina e paesi Ue, e un po’ meno probabile per Stati Uniti e Regno Unito. La seconda condizione è che –  non si verifichi una seconda ondata di contagi a seguito di una uscita dalla crisi sanitaria con precauzioni insufficienti dalla crisi sanitaria o di un ritorno autunnale o invernale del virus. Nei due casi avremmo scenari molto peggiori che rispettivamente potrebbero spingere il calo del Pil mondiale nel 2020 a un -6 per cento e quasi annullare la ripresa del 2021, schiacciandola a un ben più modesto +1 per cento. Dati che trasformerebbero la qualità della crisi: niente più V, si avrebbe una U o una L, con conseguenze sociali di ancora maggiore portata rispetto a quelle di oggi.

E l’Italia?

Per capire meglio se e quanto siano plausibili le stime del -9,1 per cento per il 2020 e del +4,8 per cento per il nostro paese, sono arrivate le stime di Banca d’Italia e Ufficio parlamentare di bilancio sulla crescita trimestrale dell’Italia che indicano – preliminarmente – un meno 5 per cento di crescita congiunturale del Pil nel primo trimestre 2020 (sul quarto trimestre 2019) e un meno 10 per cento per il secondo trimestre dell’anno (rispetto al primo). Con questo inizio anno poco rassicurante, cosa ci si può aspettare per l’anno intero? È sensato attendersi che nel corso dell’intero 2020 la crescita si attesti al -9,1 previsto dal Fondo monetario? E cosa dire del +4,8 previsto (o auspicato) per il 2021?

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Nella tabella 2 è riportata una delle sequenze di tassi di crescita trimestrali 2020 e 2021 compatibili con le previsioni annuali del Fondo monetario. Non è ovviamente l’unica sequenza di dati possibile ma i numeri indicati non sono scelti a caso. Dalla tabella, partendo dai numeri di Banca d’Italia e Upb sul primo semestre 2020, si vede che per ottenere una crescita annuale del -9 per cento (molto vicina a quella prevista dal Fondo), il Pil italiano dovrebbe rimbalzare in modo robusto nel terzo e nel quarto trimestre di quest’anno. Del resto, quando si riparte dopo uno stop drammatico ma breve come quello attuale, una rapida ripartenza non è insensata. La tabella mostra che il meno 9 per cento ipotizzato dal Fondo monetario per il 2020 è compatibile – dati in grassetto nella tabella – con un +6 per cento di crescita nel terzo trimestre e un +3 per cento nel quarto trimestre. Per il 2021, i numeri indicati dal Fondo monetario (+4,8 per cento per l’anno) sarebbero il risultato di una sequenza di tassi di crescita in graduale declino verso il tasso di crescita trimestrale medio dell’economia italiana durante la ripresa del 2015-18 (+0,3 per cento) raggiunto nel secondo semestre 2021.

Cosa può andare storto rispetto a questo scenario?

Lo scenario ipotizzato è ottimistico? Forse sì, esattamente come lo è quello del Fondo monetario per l’economia mondiale nel suo complesso. Molto può andare storto nei prossimi mesi, più o meno le stesse cose che possono andare storte per l’economia mondiale: potranno verificarsi una più lenta fine dell’emergenza sanitaria o un ritorno del virus. E sarà difficile essere sorpresi da qualche inattesa buona notizia. Ma, in assenza di nuove complicazioni sanitarie, il ritorno a una crescita che descriva più o meno una forma a V per l’andamento del Pil anche per l’Italia non è impossibile e anzi coerente con i dati delle riprese del passato. Speriamo che la politica si dia da fare per ottenere (o migliorare) questi risultati. Ce n’è bisogno e c’è modo di farlo a partire dal prossimo Documento di economia e finanza.

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Il cerino chiamato Recovery Fund

  1. Savino

    Non si può ripartire con il reddito di emergenza, ulteriore assistenzialismo sterile. Occorrono riforme strutturali con la stessa intensità con cui ci hanno tenuti 2 mesi in casa. Come hanno multato chi andava a fare una passeggiata, così dovrebbero agire verso burocrati lenti e maneggioni o verso regole stringenti di ordini professionali ormai inutili che impediscono ai nostri giovani l’accesso al lavoro, o verso una giustizia civile che rinvia alle calende greche, o verso manager sanitari che palesemente non hanno raggiunto i loro obiettivi e l’elenco potrebbe essere lunghissimo. Finora, dicendo solo alla massa “state a casa” e spaventando tutti, lo Stato, per l’ennesima volta, ha dimostrato esclusivamente di saper essere forte con in deboli.

  2. emilio

    Questa crisi da sanitaria si è trasformata per forza di cose e senza grosse alternative in una crisi di economia reale che dovrebbe rientrare. Come rientrerà e soprattutto il recupero di un paese come l’Italia dipende un po’ da regole ecc. maneggiate dal governo e dalla PA ma un ruolo fondamentale e maggiore a mio avviso lo svolgerà l’atteggiamento dei cittadini quando torneranno al lavoro ovvero: se saranno presi dalla voglia di fare o il viceversa

  3. Mario Morino

    Perfettamente d’accordo con Savino. Se il lockdown è servito a qualcosa è servito a capire che si potrebbe usare lo stesso metodo per far pagare le tasse agli evasori, regolarizzare gli irregolari, chiudere (o liberalizzare, nel caso) lo spaccio di droga, ecc. ecc. Non possiamo perdere migliaia di ore di lavoro per compilare moduli assurdi (es. sull’antiriciclaggio, con la definizione di “titolare effettivo”, “politicamente esposto” “persona che ha rapporti stretti con politici”) senza andare a guardare la sostanza. A casa i burocrati ottusi. Chiediamo una consulenza alla Svizzera e vediamo come fanno loro. Sono i nostri vicini di casa, e lì tutto funziona perfettamente. Sapremo pur farlo anche noi o siamo “geneticamente modificati”?

  4. Eugenio Carnazza

    L’Italia perde più della media Ue, anche al netto del recupero ipotizzato ()solo ipotizzato) per il 2021. Significa un ulteriore declassamento del nostro peso economico. Non basta pensare alla Fase 2 come semplice ripresa dell’attività economica normale. Occorrono riforme per una crescita molto più dinamica. Realistico con un quadro politico così frammentato ed autolesionista ?

  5. Marcello

    Mi sembra una stima veramente ottimistica. Tutti i più importanti centri di ricerca tedeschi (DIW, IFO, Kiel, Halle, RWI) dicono -8,9% per la Germania e secondo il FMI l’Italia dovrebbe avere una contrazione del PIL del 9%, cioè la stessa? Dubitare mi sembra il minimo

  6. Giorgio

    sarà se va bene ad “L” la ripresa… basta vedere oil market e quello che ne sarà nei prossimi mesi tra produttori, broker, hedge fund, fondi d’investimneto, compagnie di trasporto… risparmi e banche connesse… questa è una deflazione da debito… adesso più che un cigno nero è uno stormo di centinaia di cigni neri. Le banche centrali dovranno scontare le fatture delle aziende alla fine sperando di tenere in piedi la baracca

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