Istat e Istituto superiore di sanità hanno pubblicato un rapporto sulla mortalità totale in Italia nel primo trimestre del 2020. Per le aree più colpite, è interessante il confronto tra i dati dell’Anagrafe nazionale e quelli della Sorveglianza Covid-19.
Il rapporto congiunto Istat-Istituto superiore di sanità
Il 4 maggio Istat e Istituto superiore di sanità hanno pubblicato un rapporto sulla mortalità totale nel primo trimestre del 2020. La principale novità è costituita dai dati forniti dall’Anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr; integrata da informazioni dall’Anagrafe tributaria). Le informazioni si riferiscono a 6.866 comuni italiani (pari all’87 per cento dei comuni italiani e all’86 per cento della popolazione residente). Nelle aree più colpite dall’epidemia, il grado di copertura è attorno al 93 per cento, per cui si può ragionevolmente ritenere che i dati forniscano un’immagine realistica di quanto è accaduto.
Per questi comuni, il rapporto compara la mortalità totale Anpr con i decessi diagnosticati Covid-19 raccolti dalla Sorveglianza nazionale integrata istituita presso l’Iss. La Sorveglianza raccoglie informazioni sui soggetti positivi al Covid-19 (notizie anagrafiche, residenza, informazioni sullo stato clinico e l’esito finale). I dati, relativi a tutti i casi di Covid-19 diagnosticati microbiologicamente (tampone naso-faringeo positivo a Sars-Cov-2) dai laboratori di riferimento regionali, vengono raccolti dalle regioni e province autonome attraverso una piattaforma web dedicata e aggiornati quotidianamente.
Sul confronto tra le stime derivate da queste due fonti si è già scritto più volte (si veda anche qui e qui) in occasione dei rilasci da parte dell’Istat di dati relativi a campioni di comuni con un grado di copertura della popolazione via via più soddisfacente.
La tabella 1 riassume i principali risultati del confronto, per il periodo che va dal 20 febbraio (data del primo caso segnalato in Italia) al 31 marzo.
Tabella 1 – Decessi totali (Anpr) e decessi Covid-19 (Sn) nei 6866 comuni coperti da Anpr – dal 20 febbraio al 31 marzo 2020 e, per confronto, valori medi 2015-2019
Nei quaranta giorni del 2020 considerati ci sono stati 25.354 decessi in eccesso rispetto alla media degli anni 2015-2019 (il 38,7 per cento in più), in gran parte concentrati in un numero relativamente piccolo di province italiane (sono le 37 province che il rapporto classifica come ad alto livello di diffusione di Covid-19). Dal lato Sorveglianza nazionale risultano invece 13.710 decessi certificati Covid-19, anche questi in gran parte concentrati nelle 37 province più colpite.
La differenza tra le due stime dei decessi dovuti all’epidemia è pari a 11.644.
La forte concentrazione geografica dell’epidemia è ulteriormente illustrata nella tabella 2, che mostra quanto è accaduto nelle dieci province più colpite. I decessi in eccesso secondo l’Anagrafe Anpr sono pari a 14.480 – il 57,1 per cento del totale – circa il doppio dei decessi certificati dalla Sorveglianza, che sono 7.381.
Tabella 2 – Decessi totali (Anpr) e decessi Covid-19 (Sn) nelle dieci province più colpite dal 20 febbraio al 31 marzo 2020 e, per confronto, valori medi 2015-2019
Perché tanta differenza fra le due stime
Il rapporto di Istat e Istituto superiore di sanità propone tre possibili spiegazioni per la differenza tra la stima Anagrafe nazionale e la stima Sorveglianza nazionale: “(…) una ulteriore mortalità associata a Covid-19 (nei casi in cui non è stato eseguito il tampone), una mortalità indiretta correlata a Covid-19 (decessi da disfunzioni di organi quali cuore o reni possibile conseguenza della malattia scatenata dal virus in persone non testate…), ed infine una mortalità indiretta non correlata al virus ma causata dalla crisi del sistema ospedaliero nelle aree maggiormente affette (…)”.
Le figure dalla 6 alla 11 del rapporto presentano l’andamento giornaliero dei decessi secondo le due fonti per il mese di marzo, per le aree più colpite dall’epidemia, distintamente per genere e per alcune regioni e province. La sottostima nel dato di Sorveglianza nazionale cresce nel tempo con il diffondersi dell’epidemia; il punto di massimo secondo il dato Anagrafe coincide approssimativamente con il punto di massimo secondo il dato Sorveglianza (in alcuni casi lo anticipa di 2-3 giorni); dal punto di massimo in poi le differenze tra le due fonti si riducono progressivamente. Le differenze tra le due fonti sono più marcate per le donne e nelle aree più colpite.
Il rapporto raccomanda di attendere gli aggiornamenti successivi del monitoraggio per una valutazione complessiva dell’impatto di Covid-19 sulla mortalità totale. Molte delle province nella classe a media diffusione dell’epidemia sono state colpite con alcune settimane di ritardo rispetto a quelle della classe ad alta diffusione: l’andamento dei decessi di marzo potrebbe quindi non essere sufficiente per cogliere le caratteristiche del fenomeno in queste aree.
Due considerazioni
Vale però la pena fare due ulteriori considerazioni sulle differenze tra le due fonti nella stima del numero di decessi causati dall’epidemia.
La prima ha a che vedere con il problema classico della statistica ufficiale: la tensione tra accuratezza e tempestività delle informazioni si ripropone in modo eclatante nel caso del coronavirus. Il dato di fonte Anagrafe nazionale ha tempi di produzione che non sono compatibili con le esigenze di monitoraggio in tempo reale dell’andamento di una epidemia. Nella nota metodologica in coda al rapporto l’Istat ricorda che “(…) in una situazione di normalità il dettaglio di informazioni che l’Istituto rilascia (serie giornaliera dei decessi per sesso e classe di età) necessita del completamento di un processo di acquisizione e validazione dei microdati delle cancellazioni dall’anagrafe per decesso che comporta una diffusione a circa 10 mesi di ritardo rispetto al 31/12 di ogni anno di riferimento (ad ottobre dell’anno t vengono diffusi i dati validati dell’anno t-1) (…)”. Eccezionalmente, vista la situazione, l’Istituto ha accelerato i tempi, nei limiti del possibile, fornendo comunque i dati aggiornati al 31 marzo oltre un mese dopo.
Per converso, il dato della Sorveglianza nazionale ha il grande pregio della tempestività – pregio fondamentale in una fase nella quale è indispensabile sapere in tempo reale come sta evolvendo l’epidemia – ma paga in termini di accuratezza, anche se forse la sottostima è meno grave di quanto sembra a prima vista.
La buona notizia che viene dal rapporto è che pur sottostimando la dimensione del fenomeno – in alcuni casi in modo grave – il dato Sorveglianza ha colto in modo soddisfacente la sua dinamica, in particolare nella sua fase più acuta.
La seconda considerazione riguarda le possibili ragioni della differenza tra le due fonti. In una recente nota gli autori osservano il forte sbilanciamento di genere nei decessi in eccesso avvenuti nel periodo dell’epidemia, confermato dal rapporto Istat-Iss. Sfruttando questo sbilanciamento è possibile ottenere, sia pure in via approssimata, una stima dei decessi indirettamente causati da Covid-19, cioè morti dovute alle difficoltà di accesso a ospedali, a posti in rianimazione, all’allungamento dei tempi medi di soccorso delle ambulanze per le emergenze, alla sospensione delle visite ambulatoriali di controllo di casi anche gravi.
Negli scenari considerati nella nota risulta che una frazione rilevante della differenza tra la stima Anagrafe nazionale e la stima Sorveglianza nazionale – gli 11.644 casi della tabella 1 – potrebbe essere dovuta ai decessi causati indirettamente dal Covid-19. Ma queste morti non rientrano nell’ambito di competenza della Sorveglianza nazionale, dunque l’errore di sottostima ne risulterebbe ridimensionato.
L’analisi delle cause di morte del 2020 dirà la parola definitiva sulla questione. Ma i tempi di produzione di queste statistiche saranno lunghi: “In linea con quanto previsto dalla normativa comunitaria, i dati vengono validati e diffusi entro 24 mesi dall’anno di riferimento. A dicembre 2019 sono stati rilasciati gli ultimi dati definitivi relativi all’anno 2017”, come si legge a pagina 28 del rapporto.
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franco
decessi indirettamente causati da Covid-19, cioè morti dovute alle difficoltà di accesso a ospedali, a posti in rianimazione, all’allungamento dei tempi medi di soccorso delle ambulanze per le emergenze, alla sospensione delle visite ambulatoriali di controllo di casi anche gravi. Ma queste morti non rientrano nell’ambito di competenza della Sorveglianza nazionale,. Domanda: sono competenza di chi?
Enrico Rettore
La SN ha competenza solo sui decessi causati direttamente da COVID-19. Tutti gli altri sono conteggiati regolarmente nelle statistiche sui decessi prodotte in via ordinaria da Istat.
Roberto
Come volevasi dimostrare, i numeri dei morti da Covid del Sn è largamente sottostimato rispetto all’aumento dei morti rilasciato dall’Anpr in confronto alla media degli anni precedenti, a maggior ragione nelle provincie più colpite. Tutto questo accade principalmente per i mancati tamponi effettuati, le cause indirette sono minime. Inoltre confrontando i numeri dei morti nei primi 2 mesi del 2020 (quindi senza covid) con la media degli anni precedenti si rileva una mortalità più bassa in Italia di circa il 6%, questo presuppone una mortalità ancora più alta nel mese di marzo a causa del covid e di conseguenza una differenza ancora più ampia rispetto ai numeri citati dal Sn. Per questo motivo quanto detto nell’articolo del 6 aprile, che i numeri dei morti da covid non erano sottostimati, è sbagliato.
Enrico Rettore
Nell’articolo del 6/4 **non** abbiamo scritto che la stima ufficiale dei decessi COVID-19 non è sottostimata. Legga bene. Abbiamo scritto ‘I dati pubblicati dall’Istat a inizio aprile non possono essere usati per stimare – nemmeno in via approssimativa – il numero totale di decessi causati da Covid-19.’, la ragione essendo che il criterio di selezione di **quel** campione impedisce il calcolo.
toninoc
“ una mortalità indiretta non correlata al virus ma causata dalla crisi del sistema ospedaliero…..…”. Che significa? Il sistema ospedaliero è andato in crisi a causa della pandemia da coronavirus e per le CARENZE DEL SISTEMA. Sempre e comunque causa dei decessi in numero MOLTO SUPERIORE rispetto alla media degli anni scorsi considerati. A 2 mesi di distanza si fanno poche sottrazioni elementari e si conferma quello che tutti sapevano da subito e nessuno, nei posti di responsabilità, aveva il coraggio di comunicare. Grottesco che dei dati giornalmente registrati in tutti gli uffici anagrafici dei comuni Italiani e dei medici che hanno certificato i decessi non possano essere divulgati prima di due anni. Poiché nel 2020 gli elaboratori di dati sono sufficientemente evoluti per dare risposte in tempi molto più brevi (per es. i risultati elettorali), credo che tutte le difficoltà , vere o presunte, siano dovute alla necessità di allungare i tempi e far conoscere le eventuali responsabilità quando le acque saranno più calme. Molti parenti delle vittime causate dalle CARENZE DEL SISTEMA non saranno d’accordo ma dovranno avere pazienza(purtroppo).
Amegighi
Io darei un’occhiata anche a EuroMOMO, European Mortality Monitoring, messo in piedi proprio per le epidemie. I dati sono molto (purtroppo) interessanti anche riguardo al picco del mortality rate rispetto a simili (qualitativamente) picchi degli anni precedenti