Uno studio comparato condotto in Italia, Spagna e Regno Unito mostra come il lockdown e l’incertezza che ne deriva facciano sentire i loro effetti sulla salute mentale. Forte la richiesta di un piano di uscita dalla crisi, che ora è anche economica.
Vulnerabilità e salute mentale
Il dibattito pubblico scaturito in molti paesi a seguito del prolungato lockdown affronta un difficile compromesso tra salute ed economia. Come ha scritto Mario Draghi, se molti soffrono per la scomparsa dei loro cari (loss of life), molti di più soffriranno per la loro stessa possibilità di sopravvivere (loss of livelihood). Un allarme rilanciato di recente anche dall’Oms.
La questione è molto complessa, anche perché gli effetti collaterali del lockdown, incluse le conseguenze economiche e di salute mentale, sono meno facili da identificare rispetto ai temi epidemiologici, come il numero di contagi e di vittime causate dal Covid-19. E anche per questa loro complessità, già sottolineata su lavoce.info, hanno ricevuto meno attenzione sia nell’opinione pubblica che nelle ricerche scientifiche.
In uno studio comparato condotto in Italia, Spagna e Regno Unito tra il 24 aprile e il 1° maggio abbiamo cercato di dare un contributo per far comprendere l’entità del problema. Lo studio – al quale hanno contribuito Open Evidence, Università degli Studi di Milano, Università di Trento, Universidad Nacional de Colombia, Universitat Oberta de Catalunya, University of Glasgow – è diviso in due parti. In primo luogo, abbiamo elaborato una stima delle conseguenze del lockdown sulla salute mentale della popolazione (misurata in termini di stress, ansietà e depressione), collegandola a una serie di fattori critici di vulnerabilità sociale ed economica.
Nella tabella 1 mostriamo la percentuale di partecipanti (circa 3.500 in ciascun paese) che hanno riportato uno dei sintomi psicologici indicati.
Nota: per raccogliere le risposte sono state usate scale psicometriche validate, poi per ogni voce le variabili sono state normalizzate su una scala da 0 a 1.
Il risultato forse più rilevante della nostra analisi è che lo stress psicologico è fortemente correlato alla vulnerabilità sociale e all’esposizione a shock economici dei partecipanti. Infatti, abbiamo trovato una correlazione positiva con tutti i fattori di vulnerabilità controllati, quali per esempio le condizioni abitative, l’essere disoccupato, la limitata riserva di risparmio, la presenza di bambini a casa, la perdita di reddito o di lavoro.
Di per sé, questo tipo di correlazione solleva un tema certamente importante, ma da sola non restituisce un quadro sull’entità del problema. Quindi, sulla base dei risultati ottenuti, abbiamo fatto alcune proiezioni in tutti e tre i paesi per valutare la percentuale di popolazione la cui salute mentale è a rischio a causa di fattori di vulnerabilità socioeconomica. La stima è stata fatta prima utilizzando un algoritmo di machine learning che ha calcolato la percentuale di partecipanti il cui indice di stress, misurato usando i fattori di vulnerabilità citati, è superiore al 50 per cento. I valori così ottenuti sono stati proiettati sull’intera popolazione stratificando poi per sesso, età e regione di residenza. Le stime ci dicono che una media del 42,8 per cento della popolazione nei tre paesi è a rischio di salute mentale come conseguenza dell’elevata vulnerabilità sociale ed economica: in Italia il 41,5 per cento, nel Regno Unito il 41,8 per cento, in Spagna il 45,8 per cento).
Le preoccupazioni dei cittadini
Il quadro – preoccupante – è da leggere insieme alla seconda parte dello studio, in cui abbiamo cercato di comprendere se i cittadini credono che le misure e le comunicazioni dei governi dei tre paesi sottovalutino le ricadute economiche della pandemia.
Attraverso il metodo del list experiment, che neutralizza il cosiddetto fattore di desiderabilità sociale (Social Desirability Bias – Sdb), ai partecipanti sono state sottoposte due affermazioni contestate presenti nel dibattito pubblico. Questa manipolazione sperimentale viene effettuata usando un campione sul quale si effettua l’indagine e uno di controllo, definendo una domanda con una lista di item non sensibili a Sdb da sottoporre al gruppo di controllo e una lista con l’item sensibile a Sdb da proporre al gruppo sottoposto al trattamento. Il metodo ha permesso di evitare che i partecipanti scegliessero risposte considerate socialmente accettabili, così da ottenere il livello effettivo di approvazione delle due affermazioni.
Le due affermazioni sottoposte ai partecipanti recitano: “il governo non dovrebbe concentrarsi solo su come contenere il contagio, ma anche su come evitare una crisi economica”, la prima; “il governo non dovrebbe concentrarsi solo sul comunicare ai cittadini come rispettare le misure di sicurezza, ma anche spiegare in modo chiaro come sta pianificando l’uscita dalla crisi”, la seconda.
Come si può vedere dalle figure 1 e 2, c’è una differenza tra le risposte ottenute con la manipolazione sperimentale (barra “indiretto”) e quelle ottenute ponendo la domanda direttamente come nei sondaggi classici (barra “diretto”). La differenza conferma la presenza del Social Desirability Bias.
In tutti e tre paesi c’è un generale consenso sull’idea che il governo dovrebbe comunicare meglio la strategia per uscire dalla crisi sanitaria ed economica. In Italia è d’accordo con l’affermazione il 64,6 per cento, in Spagna il 72,2 per cento e nel Regno Unito il 72,4 per cento. I risultati potrebbero riflettere l’esigenza dei cittadini di tornare a pianificare i propri consumi e investimenti.
Lo studio mostra che esiste un’altra emergenza, oltre a quella sanitaria, che richiede maggiore attenzione, ed è quella che riguarda le conseguenze economiche e di salute mentale dei cittadini. L’entità del problema è tale, soprattutto per le persone più vulnerabili, che i cittadini adesso si aspettano risposte dai governi in tre paesi che pure hanno affrontato la pandemia in modo abbastanza diverso fra loro. Le autorità, dopo una prima fase in cui comprensibilmente hanno seguito il principio di precauzione e privilegiato la lotta al contagio, devono adesso concentrarsi sulla ripartenza con un approccio più bilanciato, che passi dalla precauzione a un’analisi costi e benefici delle diverse opzioni.
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Cristiano Codagnone è ricercatore di sociologia all’Università di Milano e professore alla Universitat Oberta de Catalunya (UOC). Ha lavorato al Joint Research Center della Commissione Europea. Co-fondatore e direttore dello spin-off Open Evidence della stessa UOC dal 2013, che si occupa di ricerca economica, sociale e comportamentale a sostegno di politiche pubbliche. Collabora regolarmente con la London School of Economics, con cui ha condotto numerosi studi ed esperimenti di economia comportamentale per la Commissione Europea. Ha conseguito un Phd in sociologia presso la New York University.
Giovanni Liva è ricercatore presso lo spin-off Open Evidence dell’Universitat Oberta de Catalunya. Le sue ricerche mirano soprattutto a valutare gli impatti sociali, economici e comportamentali delle politiche pubbliche, e sono condotte principalmente come servizi di consulenza per la Commissione Europea. Ha ottenuto un Master presso la London School of Economics nel 2015 in Philosophy and Public Policy.
Francisco Lupiáñez-Villanueva è professore alla Universitat Oberta de Catalunya (UOC), presso la quale ha ottenuto il Phd. Co-fondatore e direttore dello spin-off Open Evidence dal 2013. Ha lavorato al Joint Research Center della Commissione Europea, dove si è occupato di valutazioni economiche e modellizzazione nell’ambito sanitario. Esperto di analisi multivariata, economia sperimentale e valutazioni d’impatto di politiche pubbliche.
Diego Polo-Friz é socio di Open Evidence, professore a contratto di gestione aziendale presso l’Università degli Studi di Milano e consigliere di amministrazione di MBE Worldwide. Ha ottenuto un master in Business Administration alla Wharton School dell’Università della Pennsylvania ed è laureato in Economia e Commercio all’Università Luigi Bocconi di Milano. E' stato presidente della società Tucano Urbano, direttore generale di un istituto di pagamento e partner di McKinsey.
Motta Enrico
Sulla salute mentale, sarà interessante conoscere anche se c’è stata una variazione nel numero dei suicidi. Leggevo pochi giorni fa che in Giappone sono diminuiti del 20% durante il lockdown, presumibilmente per la riduzione dello stress da lavoro o studio. In Italia non mi aspetto variazioni così importanti in quanto la società è meno competitiva, ma vedremo i dati.