Nell’emergenza coronavirus gli italiani hanno risposto con generosità, moltiplicando le donazioni, specie in campo sanitario e assistenziale. A scapito, però, di alcuni ambiti più tradizionali del terzo settore, come la cooperazione internazionale.

Un popolo di donatori?

Lemergenza legata alla pandemia di coronavirus ha investito anche il settore non profit del nostro paese: da un lato gli italiani hanno risposto con generosità, moltiplicando le donazioni, specie in ambito sanitario e assistenziale, ancor di più che in altri momenti emergenziali del passato; dallaltro le organizzazioni non profit (Onp) hanno mostrato flessibilità e capacità di adattarsi alla nuova situazione. Alcuni ambiti più tradizionali del terzo settore, tuttavia, ne hanno sofferto.

Il nostro paese vanta una lunga e consolidata tradizione di offerta privata di attività di interesse collettivo. Il variegato settore non profit italiano si compone di oltre 350 mila istituzioni, che impiegano oltre 844 mila dipendenti, e registra tassi di crescita superiori a quelli delle imprese for profit. Aumenta di conseguenza lincidenza delle Onp rispetto al complesso del sistema produttivo italiano (dal 5,8 del 2001 all8 per cento del 2017 per numero di unità e dal 4,8 per cento del 2001 al 7 per cento del 2017 per numero di dipendenti).

Stime recenti (fonte l’Istituto italiano della donazione) indicano in 10 milioni il numero di donatori di denaro alle organizzazioni non profit e 6,3 milioni i donatori informali, ossia coloro che offrono denaro non attraverso i consueti canali delle istituzioni non profit. 6,9 milioni di persone, inoltre, svolgono in Italia attività di volontariato e 10,7 milioni partecipano alla vita sociale e organizzativa delle Onp, con vari risvolti sul piano della raccolta fondi e del coinvolgimento di potenziali benefattori. Così come per le donazioni, esiste poi un volontariato informale praticato da 3 milioni di persone. Infine, si stima che vi siano nel nostro paese quasi 5 milioni di donatori biologici. Il valore annuale delle donazioni monetarie individuali a favore di Onp si aggira intorno ai 5 miliardi di euro, cui vanno aggiunti 2,7 miliardi di donazioni monetarie informali.

Non è semplice assegnare con precisione un posto allItalia nel confronto internazionale. Secondo alcune rilevazioni (World Giving Index della Charities Aid Foundation) il nostro paese si colloca al 44° posto su 146 nel ranking mondiale per il numero di donatori; neppure Eurostat (2019), sulla base dei dati EU-Silc, mette lItalia ai primi posti nella classifica europea per numero di volontari. Al contrario, il centro studi francese CerPhi ci classifica al terzo posto in Europa (dopo Regno Unito e Germania) per il valore complessivo delle donazioni monetarie.

Ciò che emerge con sufficiente evidenza è che in Italia il trend delle donazioni, monetarie e non, mostra un andamento altalenante, che tende a crescere negli anni in cui si verificano le emergenze (sia nazionali sia internazionali).

Gli economisti raggruppano in tre le principali motivazioni alla base del comportamento di donazione e in generale del comportamento altruistico e pro-sociale: motivazioni estrinseche (ad esempio, gli incentivi fiscali), motivazioni di immagine e motivazioni intrinseche, tra cui il warm-glow). Questultima motivazione, accanto al senso civico e agli aspetti di tradizione morale e culturale associati alla solidarietà, si registra laddove prevale lelevato livello di soddisfazione e di gratificazione personale derivante dallo stesso comportamento pro-sociale e solidaristico, dallatto stesso del donare. Si tratta di un “paradosso egoistico” per unazione puramente altruistica, dato che fa bene (a se stessi) far del bene, che sembra spingere unimportante quota di popolazione a devolvere in beneficenza piccole o grandi quantità di denaro e a svolgere attività gratuita a favore degli altri.

Limpatto dellemergenza Covid-19

Lenorme manovra della solidarietà è scattata dal basso quasi subito allindomani del lockdown. Da unindagine svolta a marzo sullimpatto del coronavirus su un campione rappresentativo della popolazione maggiorenne (Bva Doxa) emerge che il 24 per cento della popolazione dichiara di aver fatto una donazione in ambito sanitario (e un ulteriore 35 per cento ha dichiarato lintenzione di farlo). Si tratterebbe di un aumento di circa il 30 per cento rispetto al numero di donatori abituali per fini di ricerca scientifica e sanitaria.

Ai primi di maggio linserto Buone notizie del Corriere della Sera ha stimato in 1,2 miliardi di euro le donazioni complessive in denaro, beni e servizi, un dato certamente prudenziale, che non considera molte iniziative spontanee – comprese le numerose azioni di social responsibility da parte delle imprese – sfuggite a ogni mappatura. Oltre la metà delle erogazioni stimate proviene dai cosiddetti “grandi donatori” (fonte: Italia non profit): 708 milioni di euro da parte di fondazioni, imprese o privati con donazioni superiori a 100mila euro. Come prevedibile, si è raccolto di più dove il virus ha colpito più duramente: più di 130 milioni in Lombardia, oltre 75 milioni in Emilia Romagna.

A beneficiarne sono stati prevalentemente ospedali e strutture sanitarie, direttamente o per il tramite delle Protezioni civili (quella nazionale ha raccolto finora oltre 165 milioni).

Si tratta di una grande mobilitazione che sta aiutando il paese a fronteggiare lemergenza, ma che lascia indietro molti ambiti tradizionali del terzo settore. Secondo lindagine dellIstituto italiano della donazione su un campione di 130 organizzazioni non profit, il 24 per cento di loro ha trasformato giocoforza i propri interventi diretti sul campo in una rete di relazioni di supporto da remoto; il 20 per cento ha portato avanti i servizi offerti, seppur soffrendo difficoltà economiche e organizzative, mentre solo il 7 per cento ha dichiarato di aver dovuto sospendere completamente i propri servizi di assistenza e aiuto.

Il diverso orientamento delle scelte dei donatori verso soggetti beneficiari percepiti come più “vicini” espone complessivamente il settore non profit a un pedaggio molto alto: l81 per cento del campione ha dichiarato un netto impatto negativo sulle raccolte fondi dei primi mesi dellanno (il 40 per cento denuncia un calo superiore al 50 per cento e l11 per cento una contrazione del 100 per cento della raccolta). Emblematico è il caso della cooperazione internazionale: tutte le Onp intervistate riscontrano un calo marcato delle entrate: sembrerebbe dunque che i benefattori abbiano abbandonato il sostegno allo sviluppo internazionale a vantaggio di quello alle istituzioni pubbliche nostrane, come la Protezione civile e gli ospedali del territorio.

Si è trattato di un imponente fenomeno, non già di nazionalismo della solidarietà, bensì di temporaneo dirottamento di risorse private verso la sanità e lassistenza pubblica: una forma inusuale di tassazione volontaria, sollecitata dallemergenza del momento e motivata anche da aspettative di reciprocità.

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