Con la pandemia sono aumentate le assunzioni attraverso canali virtuali. La rivoluzione digitale può facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, ma non tutti si fidano delle informazioni dei curriculum. La soluzione è un badge digitale.
Più assunzioni virtuali nel 2020
Il 2020 ha fatto registrare un’accelerazione delle assunzioni virtuali in tutto il mondo, per le limitate opportunità di incontrare i candidati di persona. Per comprenderne l’evoluzione Monster (piattaforma per il recruiting on line) ha collaborato con una società di ricerca indipendente (Dynata) allo sviluppo di una indagine, che ha coinvolto 3100 selezionatori e oltre 7 mila dipendenti di tutto il mondo.
Figura 1 – Caratteristiche del campione oggetto d’indagine.
Il virtual recruiting è utilizzato dal 70 per cento delle aziende intervistate, le quali dichiarano che almeno la metà delle loro assunzioni e degli inserimenti avviene in maniera virtuale. Addirittura, negli Stati Uniti e in Canada la metà dei datori di lavoro afferma di praticare prevalentemente assunzioni virtuali. In Europa è il Regno Unito (45 per cento) ad aver abbracciato di più l’assunzione virtuale. La pratica è molto diffusa nel settore “tech” e finanziario, mentre nella vendita al dettaglio, nell’assistenza sanitaria e nel manifatturiero le imprese si affidano ancora a modalità di selezione tradizionali. Sebbene consenta di incontrare i candidati in maniera sicura, garantendo il rispetto del distanziamento sociale, sia le aziende (quattro quinti) che i candidati (tre quarti) trovano difficile pensare al reclutamento virtuale come la metodologia migliore per capire se vi è un allineamento di valori e cultura tra le parti.
Rispetto al passato, saltare da un lavoro all’altro, vivere lontano dal posto di lavoro (il 46 per cento delle grandi imprese accetta più facilmente i candidati che vivono al di fuori della loro area geografica) e i “buchi” nel curriculum non spaventano più i recruiter come una volta. Inoltre, aumentano i settori disposti ad assumere neolaureati senza esperienza nel campo.
Figura 2 – Percentuali assunzioni senza esperienza da parte dei candidati.
In generale, il 59 per cento dei datori di lavoro è principalmente alla ricerca di un curriculum che dimostri le competenze di un candidato. A livello globale, a seconda del settore e della classe dimensionali, le aziende considerano per la valutazione di un candidato i seguenti fattori
Tra le competenze trasversali più apprezzate dai recruiter ci sono affidabilità e flessibilità, a seguire lavoro di squadra/collaborazione e problem solving/pensiero critico.
In merito agli strumenti di comunicazione del candidato, telefono ed e-mail rimangono gli strumenti di comunicazione più efficaci per le assunzioni, scelti rispettivamente dal 71 per cento e dal 62 per cento di tutti i recruiter a livello globale.
Figura 3 – Strumenti di comunicazione con il candidato.
Gli strumenti tradizionali come curriculum e colloqui hanno ancora la loro importanza, ma si evidenzia una sostanziale differenza tra ciò che i candidati scrivono nei loro cv e ciò che le aziende preferirebbero effettivamente vedere nei profili. Senza contare che molti datori di lavoro si dicono preoccupati di non riuscire a distinguere la realtà dalla finzione con il virtual recruiting, ritenendo che molti candidati mentano circa le proprie competenze. In tal senso, il 66 per cento dei datori di lavoro afferma che i candidati “gonfiano” il livello delle loro competenze nel curriculum, il 44 per cento addirittura parla di “alterazione della verità”; mentre il 32 per cento dei datori di lavoro nel settore ricreativo/alberghiero definiscono i profili social dei candidati “discutibili”.
L’importanza delle certificazioni di competenza
La rivoluzione digitale consente di tracciare e incrociare informazioni per facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, ma si pone un problema di fiducia sulle informazioni dei curriculum. Solo attraverso un processo volto ad aumentare la certificazione di competenza cognitive e non cognitive si potrà ridurre l’aleatorietà dei sistemi di selezione.
A tale scopo, uno strumento utile potrebbe essere il favorire l’espansione di strumenti analoghi agli “Open Badges”, ovvero immagini digitali (a cui sono associati dei metadati contenenti la descrizione) che certificano determinate competenze acquisite.
L’assegnazione di un badge digitale è un atto di fiducia con cui il soggetto emittente dichiara che il destinatario ha partecipato a un corso di formazione, preso parte a un’iniziativa formativa o sviluppato una competenza. Possono essere usati nei curricula elettronici e sui social network per comunicare in modo sintetico, rapido e credibile ai datori di lavoro di tutto il mondo che cosa si è appreso, in che modo lo si è appreso e con quali risultati.
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carlo des dorides
Sono presidente del Comitato di selezione di un’azienda pubblica.
Nella mia esperienza la pandemia ha modificato in misura marginale il processo selettivo, agendo soltanto sulle modalità con le quali viene realizzato il colloquio (in presenza o in remoto) di approfondimento delle caratteristiche dei diversi candidati.
Infatti, sia in presenza che in remoto, è necessario partire dalle esperienze/competenze dichiarate nei CV e scandagliarle per comprendere sia la loro effettiva presenza sia la loro omogeneità rispetto a quelle richieste nei profili delle vacancies aziendali.
E questo vale sia per la parte tecnica della selezione (verifica delle conoscenze tecniche richieste nel profilo di riferimento) che nella realizzazione di eventuali assessment delle capacità/orientamenti delle persone.
L’esperienza mi porta a dire che lo strumento più utilizzato dalle persone per la descrizione del proprio profilo professionale (CV europeo) non ha un’elevata qualità.
Infatti si sostanzia in un elenco di esperienze professionali in genere indifferenziate, che descrivono solo in parte le caratteristiche professionali delle persone. Le ‘ore di volo’ del selezionatore però fanno sì che egli possa scandagliare i pieni ed i vuoti del CV, proprio per comprendere le caratteristiche delle persone.
Per esperienza diretta sono a mio avviso più efficaci i CV che, oltre all’elenco descrittivo dei passaggi, riportano anche una breve sintesi in premessa delle caratteristiche del profilo dei candidati.