Rispondo molto sinteticamente alle osservazioni al mio pezzo sul lavoce.info, in cui si è fatto riferimento all’operato amministrativo di questi primi mesi della giunta Pizzarotti, raffrontandolo per punti con il programma elettorale e con le “Linee programmatiche di mandato 2012-2017” approvate dal Consiglio comunale con delibera del 26 luglio 2012.
I fatti possono piacere o non piacere, alcuni commenti apparsi sul sito sono palesemente viziati da spirito di parte, se non palesemente in mala fede, ed a questi non è il caso di rispondere, pur non sottraendomi al merito sui singoli fatti. Tuttavia è in generale comprensibile la reazione di sorpresa e/o delusione alla presa d’atto di una distanza reale che si è manifestata tra le intenzioni elettorali e programmatiche del Movimento 5 stelle a Parma e la prassi amministrativa manifestatasi nei primi mesi con gli atti concreti della giunta Pizzarotti.
I miracoli non li fa nessuno, né li poteva fare in pochi mesi Pizzarotti, a cui va riconosciuto soprattutto il merito di una discontinuità etica netta rispetto a un sistema di potere che a Parma ha espresso nel recente passato un’idea distorta di città, oltre i limiti dell’illegalità.
Tuttavia è emersa in questi mesi la distanza reale tra le ottime intenzioni espresse in via programmatica e la difficoltà reale del governare. La stessa idea di democrazia partecipata, nella prassi, si è dimostrata ad ora di complessa attuazione e i tentativi effettuati sono sembrati non solo inefficaci, ma in alcuni casi ostili al confronto, frutto probabilmente della fatica di misurarsi con il dissenso.
Non vi è dubbio che il programma di governo su Parma possedesse aspetti molto affascinanti, lo stop immediato alla costruzione del termovalorizzatore, il consumo di suolo zero, il ripianamento del debito del Comune passando da una ricontrattazione con le banche (detentrici del debito), senza gravare i cittadini di imposizioni fiscali e tariffarie pesanti, la riconversione del sistema distorto delle partecipate. Come era affascinante il progetto di una giunta di esperti di levatura nazionale a servizio di una città, laboratorio di una nuova politica. La realtà è stata diversa. Al debito si è fatto fronte con un aumento drastico della pressione fiscale, di rette e tariffe, a fronte di una limitazione dei servizi. Il progetto di bloccare il termovalorizzatore avrebbe dovuto passare da scelte coraggiose e drastiche che, come noto anche nei tempi della campagna elettorale, avrebbero comportato rischi elevati di richieste danni da parte di Iren s.p.a., che sta realizzando l’impianto a proprie spese. Iren è soggetto attuatore del piano prov.le del 2005; vi sono dubbi sulla linearità dell’affidamento diretto (avvenne in realtà alla preesistente Enìa, allora a totale controllo pubblico, ora confluita in Iren, società quotata in borsa), come vi sono preoccupazioni per presunti pericoli alla salute pubblica in caso di attivazione del forno. Non entro nel merito di quello che il Sindaco avrebbe potuto fare o non fare, mi limito a rilevare che il sindaco non attivato nessun provvedimento e, se ancora nulla accade, entro poche settimane il forno entrerà in funzione.
Sulle politiche urbanistiche non è vero che i piani attuativi (circa 200.000 mq di nuove aree urbanizzate) erano già stati approvati dalla precedente amministrazione di centro-destra, mentre è vero che essi avevano già superato l’iter istruttorio, ma, in base alla legge regionale Emilia Romagna 20/2000, modalità e tempi di proposta al giudizio del consiglio spettano alla giunta, come l’approvazione spetta al consiglio comunale che è organo sovrano e che questi piani ha immediatamente approvato. Non si entra nel giudizio, si prende atto che in pochi mesi ed in assenza soprattutto di linee generali di trasformazione urbanistica di una città già martoriata da ipertrofia edificatoria e da eccesso di consumo di suolo, si sia voluto, con tempi velocissimi, dare il via a ulteriori espansioni edilizie, che avrebbero, se non altro, potuto attendere di essere contestualizzate in un nuovo progetto di città. Non può sfuggire, in generale e nello specifico di questo caso, come l’estensione di nuovi piani edificatori comporti un vantaggio immediato di cassa per il Comune, in termini di entrate dovute a contributi ed oneri di urbanizzazione: si tratta dell’ormai decrepito conflitto tra interessi tra esigenze di cassa dei Comuni e sostenibilità delle scelte sul territorio, il quale tuttavia è una risorsa finita e non rinnovabile. L’opzione consumo di suolo zero presuppone altre scelte, più rigorose.
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alessandro morini
Mi sembra che il litie dell’articolo nonché delle repliche sia quello di concrentarsi solo sulla politica del territorio. Al contrario il deficit amministrativo della giunta PIzzarotti conssteste nel velletarismo che contraddistingue la più gran parte delle amministrazioni locali. Il mancato rispetto rispetto di impegni assunti da giunte precedenti erroneamente inteso come segnale di discontinuità è, al contrario, fenomeo tipico del deficit di credibilità delle amministrazioni locali. Chi mai assume impegni eccedenti la durata di una giuta locale con la prosepttiva che quella successiva cambi completamente il quadro di riferimento? Come sarebbe possibile che un Comune che possiede circa il 7% del capitale sociale di una società quotata che sta compiendo un investimento di oltre 180 m/Euro nel poprio terriotorio potrebbe razionalmente pensare di danneggiare il valore della propria partecipazione impedendo la realizzazione del progetto stesso. Se il Comune di Parmao fosse stato coereente che il proprio progetto avrebbe dovuto prima dismettere tale parteicpazione. Non si comprende come gli organismi di vigilanza delle società quotate non verifichino la situazione di conflitto di interesse tra il Comune come socio ed il Comune come soggeto politco ed i riflessi reciproci di tali situazioni per gli azionisti terzi.