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Governo dimissionario e “affari correnti”. Cosa sono?

È vaga la formula “affari correnti” per limitare l’azione di un Governo dimissionario. In pratica, che cosa può fare e cosa no l’esecutivo guidato da Monti in attesa del nuovo Governo? Solo la prassi costituzionale aiuta a definire meglio questo perimetro.

Sette punti da chiarire nella complessa fase tra dimissioni del Governo Monti e possibile formazione di un nuovo Governo.

La continuità

Fino a che non verrà nominato il nuovo Governo, rimarrà in carica il Governo Monti. L’eventuale incarico (esplorativo o meno) che darà il Presidente della Repubblica non farà cessare il Governo Monti. Solo quando (e se) l’incaricato scioglierà positivamente la riserva, il Presidente della Repubblica firmerà i decreti di nomina del nuovo Governo e, contestualmente, il decreto di accettazione delle dimissioni del Governo Monti. Vi è, pertanto, continuità: il paese non resta mai senza un esecutivo in carica.

Dimissioni e “affari correnti”

Ciò chiarito, è necessario domandarsi se un Governo dimissionario (come, oggi, il Governo Monti) abbia tutti i poteri di un Governo nel pieno del suo mandato, oppure se questi siano limitati.
Quando il presidente Monti è salito al Quirinale per rassegnare le dimissioni, il Presidente della Repubblica “ha preso atto delle dimissioni e ha invitato il Governo a rimanere in carica per il disbrigo degli affari correnti”. Così si legge nel comunicato del Quirinale del 21 dicembre 2012.
Cosa sono, dunque, gli “affari correnti”? Non ne esiste una definizione normativa, né alcuna norma prevede espressamente che il Governo dimissionario debba limitarsi agli “affari correnti”. L’espressione, dunque, è il frutto di una prassi costituzionale, che si è ripetuta senza significative eccezioni in tutti i comunicati quirinalizi post-dimissioni.

La dottrina

La dottrina costituzionalistica non offre una ricostruzione univoca dei poteri del Governo dimissionario. Alcuni autori offrono una lettura fortemente restrittiva, parlando di “organo straordinario” o di organo “meramente amministrativo”, e non più politico. L’opinione prevalente, tuttavia, è che la natura del Governo non muti e che la restrizione dei poteri derivi dalla prassi e dalla correttezza costituzionale. Come notano alcuni, poi, l’intensità della limitazione varia caso per caso, a seconda che il Governo sia stato espressamente sfiduciato in Parlamento (e che, dunque, sia stato accertato il venir meno di una maggioranza parlamentare), oppure che si sia spontaneamente dimesso (come è avvenuto per il Governo Monti).

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Un unico limite espresso

Secondo alcuni, il Governo dimissionario non potrebbe chiedere la registrazione con riserva degli atti che la Corte dei conti, in sede di controllo, abbia ritenuto illegittimi. Tale previsione, peraltro dalla portata limitata, è contenuta nel Regio Decreto n. 2441 del 1923, che, essendo anteriore alla Costituzione, è di dubbia legittimità.

Gli autolimiti del governo

Nella vaghezza dei confini sopra descritta, molti Presidenti del consiglio, a partire dagli anni ’80 (cfr., ad esempio, la nota di Fanfani del 5 maggio 1983), hanno ritenuto di perimetrare il significato di “affari correnti”, adottando apposite direttive in occasione delle dimissioni. Ultimo della serie il presidente Prodi, con la direttiva del 25 gennaio 2008. Nel preambolo si legge che “il Governo rimane impegnato nel disbrigo degli affari correnti, nell’attuazione delle determinazioni già assunte dal Parlamento e nell’adozione degli atti urgenti. Dovrà, in particolare, essere assicurata la continuità dell’azione amministrativa, con particolare riguardo ai problemi dell’occupazione, degli investimenti pubblici ed ai processi di liberalizzazione e di contenimento della spesa pubblica». Limiti, certo, ma tutt’altro che a maglie strette. Ciò è confermato da corpo della direttiva, che consente al Governo l’adozione di atti imposti dal rispetto di vincoli europei, l’effettuazione di nomine “strettamente necessarie”, l’approvazione di decreti legislativi in scadenza e di decreti-legge in casi di urgenza.

In effetti il Governo Prodi, pur essendo dimissionario a causa di un voto di sfiducia del Parlamento, dovette occuparsi di questioni politicamente assai delicate: su tutte, la gestione della crisi in Kosovo (con concessione delle basi alla Nato) e l’emergenza rifiuti in Campania.

Le direttive sono vincolanti?

Una curiosità: la magistratura amministrativa si è pronunciata sulla portata vincolante delle direttive in tema di “affari correnti”. Davanti al Tar della Puglia, infatti, è stata contestata la validità di un provvedimento di revoca, adottato dall’allora ministro Pecoraro Scanio, non conforme con le previsioni contenute nella direttiva Prodi. I magistrati amministrativi hanno annullato l’atto di revoca, fondando l’illegittimità proprio sulla violazione della direttiva del Presidente del consiglio e della prassi costituzionale (cfr. TAR Puglia, Bari, sentenza n. 996 del 22 aprile 2008).

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Quali limiti per il governo Monti?

Come si è detto, non vi sono limiti precostituiti. È importante sottolineare che qualunque Governo dimissionario può, e anzi deve, utilizzare tutti i propri poteri per fare fronte alle situazioni di urgenza. Se, ad esempio, si verificassero particolari tensioni sui mercati e condizioni particolarmente avverse per il paese (ad esempio con una forte risalita dello spread), è da ritenersi che il Governo Monti, pur dimissionario, dovrebbe adottare tutti gli atti necessari a tutelare gli interessi nazionali. Ovviamente, in simili ipotesi, è da ritenersi che ogni atto sarebbe il frutto di un confronto con la presidenza della Repubblica e con le forze politiche rappresentate in Parlamento, come vuole la correttezza costituzionale.

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  1. Luigi Oliveri

    La storia della prorogatio, inventata dall’idelologo grillino, invece di essere subito derubricata, come meriterebbe, in ridicola boutade, sta ricevendo un’attenzione ed uno sforzo di energie, degni di molto migliore sorte.
    Non solo, nel caso di specie, ci si trova di fronte a un Governo dimissionario, ma anche ad un Parlamento costituito diversamente da quello precedente che a quel Governo aveva dato la fiducia.
    Il governo attuale, dunque, non trae alcuna legittimazione ad agire nè da se stesso, a causa delle dimissioni, nè dal Parlamento, che non ha espresso la fiducia. Non può svolgere alcuna funzione politica, cioè determinare l’indirizzo politico, perchè non c’è alcuna maggioranza che lo sostenga e gliela indichi.
    E’, dunque, un Governo privo di poteri sostanziali, nemmeno legittimato ad attivare l’iniziativa legislativa e, dunque,elaborare e proporre leggi di bilancio o finanziarie.
    Potrebbe farlo il Parlamento, ma senza poter avvalersi delle strutture amministrative nel pieno delle loro funzioni e, quindi, senza coordinamento di manovra.
    Il concetto di “affari correnti” è posto ad evitare che un Governo possa svolgere azione politica ed amministrativa in barba ad una nuova maggioranza o alle elezioni. Altrimenti, il Governo sarebbe del tutto indipendente dalla maggioranza e si potrebbero aprire crepe nel sistema democratico-rappresentativo

  2. Andreamaurizi87

    Strano…sembra proprio che vogliano farci credere il contrario…chissà perchè….

    • Eros

      Quid iuris quando il parlamento nuovo si sarà insediato?
      Occorrerà un voto di fiducia?
      Potrà il governo monti pur dimissionario con un parlamento nuovo fare decreti leggi? Saluti ermione

  3. Assolutamente no: Costituzione Italiana, art 77 par 1: Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria

    • Paolo Lucà

      Magari l’art 77 leggilo tutto:
      Art. 77.
      Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria.
      Quando, in casi straordinari di necessità e d’urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.
      I decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione.
      Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.
      Il governo dimissionario può fare decreti legge come ogni altro governo.

      • Assolutamente no perché manca la delega del nuovo Parlamento mentre quella concessa da quello vecchio ha perso valore giuridico.
        Nulla vieta aquesto parlamento di concederla, ma, Scelta Cinica a parte, quale partito lo farebbe senza suicidarsi politicamente?

  4. Nicola Fusco

    Cosa accade se il neogoverno incaricato non riceve neanche la fiducia di partenza da parte delle camere? Resta in carica quello dimissionario precedente (che ha presentato le dimissioni perché sfiduciato o per termine naturale della legislatura) o entra comunque in carica il governo mai fiduciato fino all’espletamento di nuove elezioni e nuove consultazioni?

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