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Polonia (e Ungheria) verso un limbo giuridico

Dopo la Corte costituzionale tedesca, è ora quella polacca a negare la prevalenza del diritto Ue su quello nazionale. Ma in questo caso la legge controversa riguarda il rispetto stesso dello stato di diritto, un principio fondativo dell’Unione.

Le conseguenze di una decisione tedesca

Eravamo stati facili profeti quando avevamo definito la sentenza del 5 maggio 2020 della Corte costituzionale tedesca un bicchiere di veleno inoculato nel corpo della Ue. Ora quel veleno comincia a produrre i primi effetti e proprio laddove li si immaginava, ossia in Polonia. 

La Corte tedesca aveva qualificato sia il programma di acquisto di attività del settore pubblico sui mercati secondari della Banca centrale europea (Pspp, Public Sector Purchase Programme) sia la sentenza Weiss della Corte Ue che lo aveva legittimato, come atti ultra vires, ossia non rientranti nelle competenze attribuite all’Unione, e pertanto non vincolanti per gli organi costituzionali, amministrativi e giudiziari tedeschi, nonché per la Bundesbank. La pressoché totalità dei giuristi in Europa aveva immediatamente denunciato il gravissimo pericolo insito nel mettere in discussione l’efficacia e il primato del diritto europeo: se ciascuno stato membro può non rispettare le parti del diritto dell’Unione che non ritiene condivisibili, l’intera Unione è destinata a disgregarsi in poco tempo. Era stupefacente come giuristi accorti quali i giudici della Corte costituzionale tedesca non avessero tenuto in conto le conseguenze sistemiche derivanti dalla negazione del pilatro principale sul quale si regge la casa europea, ossia il primato del diritto dell’Unione sui diritti nazionali. 

Cosa affermano i giudici polacchi

Puntuali, le conseguenze sistemiche si sono manifestate. Il 14 luglio 2021, la Corte costituzionale polacca ha negato efficacia a una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione (20 aprile 2020, C-791/19 R) che chiedeva alla Polonia di sospendere una legge nazionale in quanto poneva a rischio l’indipendenza dei giudici polacchi rispetto ai poteri esecutivo e legislativo. Echeggiando le parole dei colleghi tedeschi, i giudici supremi polacchi hanno qualificato la sentenza della Corte Ue come resa ultra vires, e pertanto priva dell’efficacia prevalente sul diritto interno.

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La parte del diritto dell’Unione che la Corte costituzionale polacca vorrebbe disattendere è ancora più cruciale di quella indigesta ai giudici costituzionali tedeschi. Non si tratta del problema, importante ma non esistenziale, della legittimità dell’acquisto di titoli nei mercati secondari, bensì del rispetto delle regole dello stato di diritto, che sono il fondamento della democrazia. Per l’Unione, lo stato di diritto è più di un principio fondamentale, è un principio fondativo. Lo dice a chiare lettere l’articolo 2 del trattato Ue: “l’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’eguaglianza, dello stato di diritto e del rispetto dei diritti umani”. Quando un paese terzo chiede di aderire all’Unione deve dimostrare di possedere una struttura politica e istituzionale che garantisce i valori dell’articolo 2 e, accedendo, il paese si impegna solennemente a rispettarli e a promuoverli. 

La sentenza della Corte Ue che la Corte costituzionale polacca ritiene ultra vires aveva chiesto alla Polonia di sospendere, almeno provvisoriamente, l’applicazione di una legge interna che attribuisce a una speciale Sezione della Corte costituzionale poteri disciplinari e di regolazione dei rapporti di lavoro e del trattamento pensionistico concernenti i giudici della Corte stessa. L’invasività della legge sull’attività dei giudici sembra evidente, poiché, tra l’altro, consente che le decisioni giudiziarie possano essere qualificate come illecito disciplinare, prevede un Consiglio superiore della magistratura dominato dal potere politico e limita la libertà dei giudici di rivolgersi alla Corte di giustizia.

La Ue e lo stato di diritto

Tuttavia, la Polonia sa che la questione non si chiude qui. Da diversi anni il problema del rispetto da parte sua e dell’Ungheria dello stato di diritto è materia incandescente sui tavoli della Commissione e della Corte di giustizia, che si è già pronunciata numerose volte, condannando, in particolare, le misure che i due Stati continuano ad adottare per sottoporre i loro giudici ai condizionamenti dell’esecutivo. Il Parlamento e il Consiglio dell’Unione hanno adottato il 16 dicembre 2020 un regolamento (n. 2020/2092) che consente alle istituzioni europee di sospendere i pagamenti e i programmi finanziari nei confronti di quegli stati membri in relazione ai quali sia stata accertata una violazione dei principi dello stato di diritto. Se ne avesse la volontà politica la Commissione potrebbe iniziare sin da ora la procedura di applicazione di questo regolamento contro la Polonia.

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L’Unione europea non prevede l’estromissione di uno Stato membro, ma solo il suo recesso volontario, come ha fatto il Regno Unito. Tuttavia, disattendendo i suoi valori fondativi e scontrandosi sistematicamente con le istituzioni e gli altri partner europei, uno Stato rischia di collocarsi in un limbo giuridico che lo condanna all’irrilevanza. La strada non conduce all’uscita, ma a un vicolo cieco. La Polonia e l’Ungheria sembrano aver deciso di imboccarlo, a fari spenti e nella notte.

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  1. Firmin

    Mi sembra che questo sia il frutto avvelenato della mancanza di democrazia interna nella UE. La maggior parte delle decisioni vengono prese tramite accordi intergovernativi e non dopo un normale processo parlamentare. Tuttavia i governi passano mentre gli stati nazionali restano. Non si può pretendere che non si creino pulsioni “sovraniste” e “populiste” se pochi “tecnici” scrivono in bella copia le decisioni di comitati ristretti senza passare per l’approvazione dei parlamenti nazionali.

    • Pietro Manzini

      Tutti gli atti legislativi fondametali dell’Unione europea, ripeto tutti, sono adottati congiuntamente dal Parlamento europeo e dal Consiglio. Ossia da un organo eletto dai cittadini e da un organo dove siedono i governi di Stati, che sono sostenuti da maggioranze democaratiche nei loro paesi. Se il Parlamento europeo vuole impedire l’adozione di un atto legislativo lo può fare tranquillamente. E i governi non possono farci niente. Può anche emendare e modificare ogni proposta legislativa.
      La UE può legittimamente non piacere e si la può tranquillamente criticare su tanti aspetti. Ma continuare a ripetere nel 2021 la tesi degli accordi intergovernativi non è accettabile. Perché è semplicemente falsa.

      • Firmin

        L’autore è troppo colto per non sapere che nella UE, come in ogni altro paese, esiste una costituzione formale ed una materiale. La prima prevede percorsi bizantini per la minima decisione, con decine di rimpalli tra consultazioni pubbliche, Commisisone, Consilium, parlamento e “commisisone di conciliazione”. La costituzione materiale, invece, prevede decisioni quasi unilaterali della Commissionee del Consilium, spesso supportate dall’approvazione di scatole legislative vuote fatte passare dal parlamento con lo stesso approfondimento e accuratezza mostrata da quello italiano nel ratificare le 2500 pagine del PNRR in ben 3 ore. Secondo i trattati, la Commissione europea ha il monopolio dell’iniziativa normativa e sui temi che contano davvero, come la fiscalità, la concorrenza e i rapporti internazionali, il Parlamento europeo esprime soltanto un parere consultivo, di cui il Consiglio può infischiarsene. La Commissione si limita ad informare il Parlamento quando intende concludere un accordo volontario tra governi, senza passare per il processo legislativo ordinario. La Commissione può “dare attuazione” alla legislazione esistente consultando dei comitati di esperti (nominati dai governi e dalla Commissione) con il solo obbligo di informarne il parlamento europeo. Per i non addeti ai lavori rimando a un documento del parlamento europeo (non di alcuni anarcoinsurrezionalisti-sovranisti): https://www.europarl.europa.eu/about-parliament/it/powers-and-procedures/legislative-powers.

        • Giampiero

          Non si può pretendere che l’Unione Europea rivendichi lo Stato di Diritto per gli altri ma non lo rispetti per se stessa. In questo modo gli interessi dell’Unione non corrispondono a quella dei cittadini che non hanno nessun potere a determinarli essendo affare ristretto di una Commissione di cui non è espressione. Quindi pieno diritto hanno i cittadini attraverso le proprie istituzioni nazionali a rivendicarli.

  2. Stefano Micossi

    Non sono certo che si possa dire che la posizione della corte costituzionale polacca sia uguale a quella della Corte di Karlsruhe nel begare il primato del diritto europeo. Questa vale comunque solo per le materie disciplinate dai Trattati europei. per quel poco che capisco da non giurista, la Corte tedesca ha sempre visto la sua funzione nel fare argine a modifiche nell’equilibrio dei poteri (ad esempio in materia di politiche fiscali) realizzate ‘by stealth’, cioè senza decisione esplicita del parlamento tedesco. L’ultima sentenza in materia di politiche di quantitative easing si spinse fino a dire che il parlamento tedesco non aveva esercitato le sue prerogative nell’ottenere adeguata giustificazione da parte della BCE riguardo alle sue azioni di politica monetaria. Ma non vedo in questa posizione analogie con le posizioni cella Corte polacca che contesta il primato della Corte europea in materie regolate dai Trattati.
    questa seconda è già fuori dei Trattai, la prima secondo me assolutamente no.
    S M

  3. Alberto Isoardo

    Credo che negli ultimi anni l’Unione Europea sia stata una esclusiva unione economica e non sono mai stati evidenziati in modo esaustivo e vincolante principi giuridici e, meno che meno, fondanti a vantaggio e tutela dei cittadini.
    Gli stessi tribunali nazionali, e la pandemia lo dimostra quotidianamente, negano i principi europei a vantaggio delle esigenze immediate dei governi nazionali.
    Mi riferisco ad esempio alla Convenzione di Oviedo sul consenso informato nelle terapie sanitarie che quindi riguarda gli obblighi relativi ai tamponi ed ai vaccini. In questa ottica la sospensione dello stipendio ai medici che rifiutassero il vaccino potrebbe anche configurare il reato di estorsione.
    Il blocco del processo di democratizzazione della UE e gli interessi nazionali fanno si che sia consentito violare norme di ogni genere a danno dei cittadini senza colpo ferire. Di contro la UE si preoccupa dei formaggi di fossa o della misura dei pesci pescati invece di imporre un certo numero di letti di terapia intensiva opportunamente rapportato alla popolazione.

  4. Non condivido il giudizio dell’autore che secondo me semplifica troppo e fuorvia dal vero problema, anzi dai veri problemi. Può sembrare teorico, ma in democrazia il diritto è di per sé sempre incompleto, indeterminato o indecidibile. Non esiste una soluzione al dilemma fra scelta democratica (la maggioranza) e applicazione del diritto (rule of law, stato di diritto, giudici indipendenti). È per definizione sempre un regresso all’infinito. Questo paradosso gioca doppiamente nel caso esaminato. 1. Supremazia del diritto europeo in un’organizzazione internazionale (non uno stato costituzionale), dominata dagli SM e dai loro organi. Questo dilemma ha ricevuto una risposta autorevole dal BVerfG 05/05/2020 punto di arrivo di un’importante dottrina (che condivido appieno, https://www.lavoce.info/archives/67969/sentenza-di-karlsruhe-piu-di-una-tempesta-in-un-bicchiere-dacqua/), in una materia di competenza delegata dagli SM all’UE! Si trattava di determinare il titolare della competenza per definire la competenza (UE). Nel caso presente non è così. Siamo nell’ambito delle garanzie di organizzazione politica e dei diritti politici negli SM. Questa materia non è stata delegata. La democrazia propria dell’UE è imperfetta, approssimativa. Non esiste una costituzione, ma un trattato internazionale. Il tentativo solo di chiamare un nuovo trattato Costituzione è stato formalmente rifiutato da alcuni SM fondatori nel 2005. La vera democrazia dell’UE è quella degli SM. 2. Presunta rule of law imposta dall’alto (da un giudice supremo indipendente o dalla CGUE) o scelta (presunta) democratica in uno SM. Premetto che disprezzo davvero le deviazioni illiberali in PL e H. Sono quindi contento che la UE faccia la voce grossa e chiami questi SM al rispetto dei nostri valori. Questi valori, la democrazia e la Law del RoL sono però concetti elastici, da ridefinire e perfezionare continuamente, non un insieme di regole pronte all’uso (paradosso 2) e non imponibili normativamente dall’UE ai singoli SM (paradosso 1). Contrariamente alla decisione sui poteri della BCE la decisione commentata non riguarda una materia di competenza dell’UE, ma dei valori presupposti dall’UE, però ancora da definire. Le sentenze SOLANGE I e II del BVerG concede la supremazia del diritto UE in materia di diritti fondamentali SOLO FIN QUANDO (semplifico) questi non sono in contraddizione con quelli del GG tedesco protetti dal tribunale supremo federale. Conclusione: approfittiamo della sovranità-responsabilità stigmatizzata dal BVerfG per mettere le cose in ordine in casa nostra (pensando al CSM, alla prescrizione dell’azione penale, al G20 di Genova, alla L elettorale etc ci sarebbe tanto da fare), senza rinunciare di giudicare gli altri, ma non minacciandoli senza misure concrete o costringendoli con principi fumosi che siamo i primi a piegare alla nostra convenienza, ma CONVINCENDO I LORO ELETTORI di eleggere rappresentanti che la pensano come (diciamo, non come spesso facciamo) noi.

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