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Olanda: la casa in affitto è un miraggio

Per ottenere un alloggio sociale ad Amsterdam bisogna aspettare quattordici anni. Né va molto meglio a chi cerca di comprare casa. Il problema nasce da una carenza strutturale di abitazioni. Per risolverlo se ne dovrebbero costruire 900 mila in dieci anni.

Il problema della casa nel Nord Europa

Gli abitanti del Sud dell’Europa spesso guardano con ammirazione i paesi del Nord per il buon funzionamento dei loro modelli di welfare state e per la capacità di affrontare problemi difficili, contenendo le tensioni. Non sembra, però, una chiave del tutto adeguata per leggere ciò che succede sul mercato della casa. A Berlino, si discute della nazionalizzazione dei grandi patrimoni ritenuti responsabili degli affitti troppo alti, mentre in Svezia, su una proposta di parziale liberalizzazione della contrattazione dei canoni è caduto il governo. Anche nei Paesi Bassi la questione delle abitazioni è all’ordine del giorno, tant’è che la popolazione ha promosso dimostrazioni di piazza per sollecitare le autorità pubbliche a varare interventi adeguati. Ma qual è la situazione della casa in Olanda e come viene interpretata?

Lo squilibrio domanda-offerta

Sette olandesi su dieci vivono in un’abitazione di proprietà e i restanti tre in un alloggio in affitto. Entrambi i segmenti del mercato sono caratterizzati da forti criticità strutturali che rendono difficile trovare casa, per gli studenti addirittura un incubo.

L’insufficiente offerta di abitazioni in vendita è tale che mediamente le agenzie immobiliari impiegano poco più di tre settimane per trovare un acquirente e, si legge nei rapporti della banca centrale olandese, poiché la domanda supera di gran lunga l’offerta, il prezzo che il primo potenziale acquirente è disposto a pagare è spesso superato da quello di altre “persone che sono in grado di offrire più soldi”.

Chi non può acquistare una casa deve riversare la sua domanda abitativa sul mercato dell’affitto, dove non è facile soddisfarla, anche a causa di canoni elevati, nonostante vi prevalga nettamente l’edilizia sociale.

Sono considerati alloggi sociali quelli il cui canone mensile non può superare i 752,33 euro (canone regolato). Le associazioni di abitazioni, in sostanza cooperative, proprietarie di sette alloggi di edilizia sociale su dieci, devono assegnare il 90 per cento del loro patrimonio a soggetti con reddito di poco inferiore ai 46 mila euro, un livello ritenuto evidentemente medio-basso per lo standard olandese. Nel complesso, le cooperative possiedono oltre i tre quarti dei poco meno di 3 milioni di alloggi destinati alla locazione.

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Un aspetto che merita di essere evidenziato è che all’85 per cento degli alloggi a canone regolato concorrono anche i proprietari privati e gli investitori istituzionali. Le abitazioni che questi ultimi affittano a canone regolato sono un numero più alto di quelle che locano a canone libero. L’offerta di alloggi sociali è, comunque, molto carente rispetto alla domanda, tant’è che il periodo medio di attesa per l’assegnazione di un alloggio è di sette anni. Ad Amsterdam ne servono quasi 14, sebbene la città si collochi solo al 13° posto della graduatoria dei tempi di attesa per l’assegnazione.

Nel 2019 è stato stimato uno squilibrio tra la domanda e l’offerta di alloggi sociali di 92 mila unità, a cui vanno aggiunte 83 mila abitazioni mancanti nel segmento di mercato con canoni leggermente superiori al livello massimo del canone sociale. Nel complesso, considerando sia il mercato dell’affitto sia quello della proprietà, è stato stimato un eccesso di domanda, rispetto all’offerta, di 330mila alloggi.

L’origine del problema

Il governo, per alleggerire il peso del canone di locazione, concede un contributo fino a 360 euro mensili. L’importo erogabile al singolo inquilino è determinato considerando un insieme di fattori. Le famiglie con i redditi più bassi possono ottenere dal sussidio un aiuto relativamente consistente. La misura governativa ha certamente un rilievo sociale, ma non è di ausilio per i soggetti che non riescono a trovare un alloggio a causa della carenza fisica dell’offerta rispetto al fabbisogno di abitazioni.

Nel dibattito sulle cause della situazione e sui possibili rimedi si confrontano diversi orientamenti. Le analisi della banca centrale ritengono che vi sia un contrasto tra il mercato dell’affitto e quello della proprietà, dovuto a una normativa fiscale favorevole e alla grande disponibilità di credito che faciliterebbero l’acquisto delle abitazioni restringendo il patrimonio destinato all’affitto. I ricercatori della Banca d’Olanda evidenziano sì che i prezzi delle case sono elevati, ma ritengono che “siano correlati più strettamente alla capacità di prestito che alla carenza di alloggi (…), siano stati fortemente guidati dalla capacità di indebitamento delle famiglie”. I prezzi aumentano, quindi, con la crescita dell’importo dei mutui che possono essere ottenuti dagli acquirenti: non è l’alto prezzo dell’abitazione che obbliga ad aumentare l’importo del mutuo, bensì è la possibilità, offerta dalla riduzione dei tassi di interesse, di ammortizzare un prestito più alto che fa lievitare il valore dell’immobile. È un’interpretazione del mercato della casa alla luce della teoria quantitativa della moneta: i prezzi crescono per l’abbondanza di moneta a buon mercato.

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Un contributo importante alla soluzione del problema deriverebbe, quindi, da politiche che al tempo stesso comportino una riduzione degli sgravi fiscali e limitino “la crescita dei prezzi delle case e gli importi dei mutui ipotecari richiesti”. La riduzione dei prezzi accresce la platea di famiglie che può accedere alla proprietà. Ma gli effetti sul mercato degli affitti delle misure ipotizzate dalla banca centrale sono però contrastanti: limitano la domanda, perché chi l’acquista non ha più necessità di una casa in affitto, ma al tempo stesso, fermo restando la dimensione del patrimonio, riducono anche l’offerta per la locazione. Tali misure possono cambiare la composizione per titolo di godimento del mercato residenziale, ma, da sole, non intaccano il problema da cui origina la crisi della casa in Olanda, cioè la carenza di alloggi.

Gli economisti del colosso del credito Abn Amro stimano che per risolvere il problema è necessario costruire 900 mila nuovi abitazioni nei prossimi dieci anni. Un compito non facile, per le tante sue implicazioni, a partire dall’occupazione di territorio, dai risvolti ambientali e dalla capacità di panificazione delle autorità pubbliche.

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Rifiuti “speciali”, ma non troppo

  1. Henri Schmit

    Trovo l’articolo interessante ma poco strutturato: Tutto questo è ovvio. Tassi bassi poco volatili permettono condizioni di indebitamento favorevoli che MECCANICAMENTE fanno aumentare i prezzi delle case. La conferma è il primo decennio del millennio quando la convergenza monetaria poi i tassi dell’euro hanno fatto più che raddoppiare il valore delle case. Gli altri fattori sono la domanda (demografia e crescita economica, soprattutto degli STIPENDI) e l’offerta (non tanto l’attività edile, una conseguenza molto elastica, quanto lo spazio disponibile e la politica delle concessioni edilizie che determinano un limite in parte volitivo
    dell’offerta). Poi ci sono condizioni giuridiche e fiscali che “sporcano” (in Italia pesantemente) il “gioco” delle condizioni precedenti. Anche la normativa e la prassi del finanziamento bancario del settore immobiliare (i mutui ipotecari) hanno un loro peso. La best practice in tema mutui è la Svizzera, come sostengo da 20 anni, dopo averci vissuto per tre anni; ma non interessa nessuno.

    • Henri Schmit

      È saltata, la citazione prima del corsivo, senza la quale non si capisce il mio testo.

      I ricercatori della Banca d’Olanda evidenziano sì che i prezzi delle case sono elevati, ma ritengono che “siano correlati più strettamente alla capacità di prestito che alla carenza di alloggi (…), siano stati fortemente guidati dalla capacità di indebitamento delle famiglie”.

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