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Come cambia il reddito di cittadinanza

La legge di bilancio 2022 introduce alcune modifiche alla normativa sul reddito di cittadinanza. Riguardano il finanziamento della misura, le procedure di controllo e i correttivi per ridurre i possibili effetti di disincentivo alla ricerca di un lavoro.

Il reddito di cittadinanza nella legge di bilancio

La legge di bilancio per il 2022 introduce alcune modifiche alla normativa sul reddito di cittadinanza: riguardano la spesa totale finanziata, le procedure di controllo e alcune caratteristiche del disegno della misura, con l’obiettivo di ridurne i possibili effetti di disincentivo alla ricerca di un lavoro.

Il fondo per il Rdc viene incrementato annualmente di circa 1,06 miliardi, raggiungendo così una spesa totale di 8,4 miliardi per il 2022. Considerato un importo mensile di circa 550 euro, lo stanziamento permette di erogare stabilmente il sussidio a circa 1,3 milioni di famiglie.

Con l’obiettivo di favorire la transizione verso il lavoro, la legge di bilancio attenua i requisiti che definiscono la “congruità” di un’offerta di lavoro. I beneficiari del Rdc possono infatti continuare a percepirlo anche se rifiutano offerte, nel caso non risultino congrue. Riassumiamo per comodità le novità nella seguente tabella.

Incentivi alla ricerca di lavoro

Per incentivare maggiormente i beneficiari alla ricerca attiva del lavoro, si prevede inoltre la riduzione progressiva dell’importo del Rdc: a partire dal sesto mese scende di 5 euro al mese. La norma non vale per i nuclei con bambini sotto i tre anni di età, o con disabili gravi o non autosufficienti, o per le famiglie in cui tutti i componenti non sono tenuti agli obblighi di attivazione previsti in generale per il Rdc. La riduzione si applica anche in caso di rinnovo, e solo se il beneficio mensile è superiore a 300 euro al mese, moltiplicati per la scala di equivalenza. Inoltre, viene sospesa se un membro del nucleo inizia a svolgere un lavoro dipendente o autonomo.

Gli sconti contributivi per i datori di lavoro che assumono beneficiari del Rdc, prima riservati solo ad assunzioni a tempo pieno e indeterminato, vengono estesi anche al tempo determinato e parziale, ampliando decisamente gli spazi di inserimento lavorativo dei percettori di Rdc. C’è il rischio che si riduca la qualità degli sbocchi lavorativi e che le imprese siano spinte a incrementare la quota di assunzioni a tempo determinato piuttosto che indeterminato. Nel breve periodo gli effetti sull’occupazione sarebbero positivi, nel lungo i beneficiari potrebbero di nuovo aver necessità di ricorrere al Rdc e a interventi pubblici per formazione e reinserimento.

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La legge di bilancio stabilisce inoltre che la domanda di Rdc all’Inps per sé e tutti i componenti maggiorenni del nucleo equivale a dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro, ed è trasmessa dall’Inps all’Anpal. La domanda che non contiene la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro è improcedibile.

Come verranno differenziati i due diversi percorsi di inserimento lavorativo e di inclusione per soggetti maggiorenni del nucleo non attivabili?

Aumentano infine i compiti di controllo per l’Inps e i comuni. Saranno svolti a campione al momento del ricevimento delle domande, relativamente alle caratteristiche del nucleo (composizione, cittadinanza, residenza e così via) e saranno facilitati dalla condivisione delle banche dati tra i comuni e l’Inps. Le nuove regole sui controlli hanno anche l’obiettivo di rispondere alle frequenti polemiche sugli abusi associati alla misura, che spesso trovano ampio spazio nei media. Sicuramente le irregolarità esistono, ma sono in parte inevitabili per una misura che riguarda più di un milione di famiglie. Vanno contrastate con ogni mezzo possibile, ma non possono mettere in dubbio la sua utilità.

A proposito dei progetti utili alla collettività (Puc) ai quali i beneficiari sono tenuti a partecipare, si precisa che i comuni vi devono impiegare almeno un terzo dei beneficiari residenti, e che queste attività devono essere svolte a titolo gratuito e non comportano l’instaurazione di un rapporto di pubblico impiego. Ciò determinerà un incremento significativo degli oneri organizzativi dei comuni, finora lontani dal poter coinvolgere in questi progetti un terzo dei percettori.

Le modifiche proposte e quelle previste

Le modifiche alla struttura del Rdc che la legge di bilancio introduce cercano di recepire alcune delle indicazioni emerse nell’ampio dibattito sviluppatosi negli ultimi due anni sulla misura, ma lo fanno solo in piccola parte. Vediamo, molto in breve, quali cambiamenti sono stati proposti da vari contributi recenti (per esempio qui e qui):

  • Ridurre la discriminazione a danno degli stranieri extracomunitari: per presentare domanda devono essere residenti in Italia da ben 10 anni, un periodo molto lungo.
  • Differenziare l’importo tra aree geografiche, altrimenti il trasferimento rischia di essere troppo basso nelle aree con alto costo della vita e troppo alto (e quindi disincentivante il lavoro) nelle zone meno sviluppate.
  • Migliorare il raccordo con le politiche attive.
  • Ridurre la penalizzazione per le famiglie numerose, dovuta a una scala di equivalenza molto particolare e derivante dall’eccessivo livello del trasferimento per una persona sola.
  • Diminuire molto l’aliquota marginale effettiva che colpisce i beneficiari che iniziano a lavorare. Oggi l’aliquota marginale effettiva è dell’80 per cento (se il mio reddito da lavoro dipendente aumenta di 1 euro, perdo 80 centesimi di Rdc, quindi il reddito netto cresce solo di 20 centesimi), che diventa del 100 per cento quando si ripresenta la dichiarazione Isee (le regole per chi inizia un lavoro autonomo sono diverse).
  • Più in generale, raccordare meglio il Rdc con l’intero sistema di tax-benefit per rendere conveniente intraprendere, se le condizioni personali e familiari lo consentono, un’attività lavorativa, anche attraverso forme di in-work benefit già applicate in altri paesi (Francia, Usa, Regno Unito, ne avevamo parlato qui).
  • Definire il ruolo del Rdc nel quadro del sistema degli ammortizzatori sociali. L’Rdc, infatti, è il sostegno al reddito che rimane disponibile una volta terminati gli ordinari strumenti assicurativi (Cig, Naspi).
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Nei giorni scorsi, inoltre, il Comitato scientifico per la valutazione del Reddito di Cittadinanza istituito dal Ministero del Lavoro ha presentato la sua relazione che contiene un’analisi dei molteplici aspetti critici che riguardano la misura (criteri di definizione dei beneficiari e del trasferimento, platea raggiunta, inserimento lavorativo e sociale, ecc.) e anche dieci concrete proposte di riforma.  Solo una frazione molto piccola di esse viene accolta nell’attuale versione della legge di bilancio. Non si ritrova alcuno dei molti suggerimenti formulati dal Comitato scientifico su schema di calcolo e definizione dei beneficiari, mentre sui versanti dell’inserimento lavorativo e degli incentivi ai datori di lavoro ci sono aspetti che richiamano – ma solo in parte – le sue proposte. Mancano soprattutto modifiche che abbiano l’obiettivo di rendere più conveniente per i beneficiari accettare offerte di lavoro.

La legge di bilancio è quindi un primo timido passo nella direzione giusta (con l’eccezione dell’antipatica e probabilmente inutile riduzione di 5 euro al mese), ma il dibattito su come cambiare il Rdc è destinato a proseguire.

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  1. Savino

    Cosa c’entrano i Caf con l’incrocio domanda-offerta di lavoro? Perchè per un sussidio si fa domanda ai Caf e non a servizi di assistenza pubblica? Perchè i sindacati continuano a non registrare la propria personalità giuridica e a non pubblicare i propri bilanci?

  2. Francesco G.

    Da Navigator, ho un’opinione abbastanza precisa sull’efficacia di queste misure. Alcune sembrano poco utili, come i 5 euro di riduzione mensile, o l’obbligo di accettare la seconda offerta congrua anziché la terza (accettare un’offerta e poi farsi scartare al colloquio è la cosa più facile del mondo).
    Altre però sembrano parecchio efficaci, in particolare:
    – la sostanziale eliminazione del disincentivo ad accettare un’offerta di lavoro, facendolo incidere solo per il 20% (tutti i beneficiari mi chiedono se accettando un lavoro perderanno il RdC);
    – l’estensione degli incentivi anche per le offerte di lavoro a tempo determinato (le offerte di lavoro a tempo indeterminato per attività poco qualificate sono quasi inesistenti);
    – l’intenzione di inserire i disoccupati nei progetti di utilità collettiva (quel terzo dei beneficiari che i comuni devono chiamare sostanzialmente coincide con quelli in grado di lavorare).
    Con queste condizioni, il numero di beneficiari che preferisce non trovare lavoro (sono la maggior parte) potrebbe diminuire sensibilmente.

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