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E alla fine arrivò il papa straniero

Con l’operazione Kkr, Tim potrebbe archiviare la prospettiva di una rete unica e ottenere nuove risorse per la convergenza tra telecomunicazioni e contenuti e per un ruolo da protagonista nel 5G. Ma quali sono invece gli interessi dell’Italia?

L’offerta di Kkr

Tanto tuonò che piovve. Dopo una serie di notizie contrastanti e di difficile interpretazione, ultima la presunta volontà di Tim di scendere in minoranza in una nuova società che riunisse le infrastrutture di rete fissa italiane, è arrivata l’offerta totalitaria sull’intero gruppo di telecomunicazioni del fondo Kkr, già azionista della società Fibercop, a maggioranza Tim, che possiede la rete secondaria dell’ex-monopolista,.

Il governo ha sinora reagito mantenendo la neutralità riservata a una operazione tra privati assieme alla vigile attenzione per l’importanza dei soggetti e delle infrastrutture coinvolte. Due sono quindi le prospettive da cui valutare l’operazione: dal punto di vista del gruppo di telecomunicazione e da quello del paese.

Dal punto di vista di Tim

Per Tim tre appaiono i tavoli principali su cui è impegnata oramai da tempo e su cui ha impostato le strategie per il futuro prossimo. Quello più complesso e non esente da ripensamenti, accelerazioni e una notevole incertezza di fondo riguarda il futuro della rete fissa e lo sviluppo della rete ultrabroadband in fibra. Negli anni Tim ha ripetutamente oscillato tra una prospettiva di modernizzazione della propria rete tradizionale, con la progressiva sostituzione delle connessioni in rame con la fibra ottica, accettando la competizione con la più moderna infrastruttura sviluppata negli ultimi anni da Openfiber, e la proposta alternativa di unificare le due infrastrutture.

Convitato di pietra, nella periodica oscillazione tra le due opzioni, è la questione fondamentale della proprietà e del controllo di una possibile società della rete unica. Dove, accanto al pretendente Tim, oggi si muovono Cassa depositi e prestiti, in maggioranza in Openfiber e con il 10 per cento di Tim, Kkr, entrata con il 37,5 per cento in Fibercop, e il fondo Macquarie subentrato a Enel nell’azionariato di Openfiber.

Sulla vicenda della rete unica, tuttavia, la parola di Bruxelles pare aver definitivamente chiarito che non sia accettabile per l’Italia, oggi caratterizzata da due reti ultrabroadband di Tim e di Openfiber in concorrenza tra loro, tornare a una rete unica controllata da una impresa come Tim, tuttora tra gli attori principali nell’offerta di servizi di telecomunicazione. L’operazione Kkr, quindi, sembra fare giustizia alle voci degli ultimi tempi e sistemare definitivamente la questione: il fondo americano non investirebbe nel gruppo Tim senza mantenere in pancia il principale asset, la rete di telecomunicazione, e il pronunciamento di Bruxelles, quindi, sbarra la strada alla prospettiva di una rete unica attraverso la fusione con Openfiber.

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Il secondo capitolo importante per Tim riguarda il forte investimento, finanziario e di immagine, portato avanti con l’operazione Tim/Dazn e l’aggiudicazione dei diritti sulla Serie A di calcio. La mossa può rappresentare uno snodo decisivo per lo sviluppo dei servizi di intrattenimento via Internet delle famiglie italiane e si giustifica, al di là delle momentanee difficoltà nel lancio dell’operazione, in una prospettiva di medio periodo. In essa Tim ha dimostrato prontezza di riflessi e sguardo lungo.

La terza partita riguarda il 5G e lo sviluppo impetuoso atteso nei prossimi anni nel mondo dell’Internet delle cose, dalla logistica alla guida assistita, alla telemedicina e all’e-government, ai sistemi di automazione di fabbrica. Un mondo che ancora oggi deve spiegare compiutamente le sue potenzialità, ma delle cui prospettive è difficile dubitare. Un mondo dove un grande operatore di telecomunicazioni, attivo nel segmento fisso e in quello mobile, può giocare un ruolo decisivo sia nello sviluppo dei servizi e delle reti locali sia come rete di supporto a sistemi locali che si sviluppino autonomamente. La capacità di giocare su più tavoli, da questo punto di vista, pone Tim in una posizione di vantaggio rispetto agli operatori attivi solamente nel mobile.

Per Tim e le sue prospettive a medio termine, l’operazione Kkr potrebbe dunque chiarire definitivamente la vicenda delle reti, archiviando la prospettiva di una rete unica, e dare nuove risorse per la convergenza tra telecomunicazioni e contenuti, avviata con l’operazione Dazn, e per un ruolo da protagonista nel mondo del 5G. Ma per il paese è una notizia altrettanto buona?

Dal punto di vista del paese

Per quanto riguarda gli interessi del paese, lascerei perdere la questione meramente di bandiera dell’italianità. In primo luogo perché la storia del gruppo Telecom, dalla privatizzazione del 1998 in poi, ha visto una ben misera figura prima dei vecchi rappresentanti dei salotti buoni, uniti solamente nel braccino corto e nella voracità con cui hanno partecipato all’operazione iniziale, e poi dei capitani coraggiosi, capaci di gravare di un debito quasi insostenibile il gruppo senza portare una chiara idea di sviluppo. L’uscita di scena di questi iniziali protagonisti ha visto la famosa italianità annacquarsi a ogni giro di giostra, con gli spagnoli di Telefonica e poi l’ingombrante ma indecisa presenza di Vivendi, di cui, dopo anni, continua a essere difficile individuare eventuali finalità strategiche.   

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Gli interessi per il paese riguardano invece in primo luogo le prospettive di sviluppo di una moderna infrastruttura ultrabroadband, rafforzate dalle ulteriori risorse apportate dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, e di valorizzazione delle competenze tuttora esistenti nel gruppo, assieme alla garanzia per la sicurezza della rete interna e internazionale. La presenza del sottosegretario Franco Gabrielli, con delega ai Servizi, nel comitato ristretto che, dal lato governativo, seguirà la vicenda, segnala come l’aspetto della protezione e gestione in sicurezza dei dati sia riconosciuta come uno dei fronti strategici dell’operazione. Riguardo alla rete, nella prossima primavera si svolgeranno le gare per l’assegnazione dei fondi Pnrr per lo sviluppo delle infrastrutture nelle zone (grigie) a medio sviluppo e sarà importante che anche dal lato del ministero dello Sviluppo economico si gestisca l’operazione avendo oramai chiara la prospettiva che due grandi operatori, Tim e Openfiber, saranno tra gli attori principali.

In conclusione, l’impressione è che dopo anni in cui il settore ha viaggiato a velocità ridotta, spesso sembrando rimanere a bagnomaria in attesa di tempi migliori, l’arrivo di un papa straniero nella figura del fondo Kkr, assieme alle risorse del Pnrr, abbia riacceso i fuochi. Con tutti i rischi e le opportunità che le fasi di movimento comportano

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  1. bob

    Prof.re dopo gli Spagnoli i Francesi i Normanni e gli Austriaci e l’ora dei Cinesi . E’ la Storia ,,soprattutto di questo Paese

  2. Sicuro che l’esito finale invece non sia rete che confluisce tutta a Cdp compresa open fiber e Kkr si tiene mobile e servizi ? Sarebbero tutti felici e contenti

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