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Conseguenze della guerra: scenari per l’economia italiana

Quali saranno le conseguenze della guerra in Ucraina per l’economia italiana? Molto dipenderà dalla sua durata, ma alti prezzi di gas, petrolio e altri prodotti incideranno in modo strutturale sulla crescita del Pil almeno per i prossimi due anni.

Lo shock della guerra

Nel primo trimestre del 2022, a livello globale, si sono manifestati diversi segnali di shock di offerta, a causa della forte ripartenza dell’economia dopo la pandemia: penuria di materie prime, difficoltà a reperire manodopera, colli di bottiglia nelle filiere produttive internazionali. La guerra tra Russia e Ucraina, iniziata il 23 febbraio, oltre a enfatizzare alcuni fenomeni già in corso, ha indotto un ulteriore shock economico-finanziario che si esplica attraverso molteplici canali di trasmissione:

  • l’ulteriore aumento dei prezzi energetici (in particolare gas e petrolio) e dei beni agricoli, che erode significativamente i margini operativi delle imprese, con riflessi negativi sull’attività economica;
  • il peggioramento delle difficoltà nel reperimento di materie prime e materiali, in particolare quelli provenienti dai paesi coinvolti;
  • il forte incremento dell’incertezza (visibile ancora solo parzialmente dai dati di febbraio) che influenza negativamente la fiducia degli operatori penalizzando le decisioni di investimento delle imprese e di consumo delle famiglie: l’indice di incertezza della politica economica per l’Italia è salito del 21,1 per cento nella media dei primi due mesi del 2022 rispetto al quarto trimestre del 2021, ma è destinato ad aumentare ancora. Nei primi quattro mesi della pandemia (marzo – giugno 2020) aveva avuto un incremento medio del 62,8 per cento rispetto ai 12 mesi precedenti, in quelli successivi al fallimento di Lehman Brothers salì del 30,7 per cento e dopo l’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001 dell’85 per cento;
  • le sanzioni e le contro-sanzioni economiche applicate alla Russia; 
  • il livello di rischio sui mercati finanziari, che cresce e dovrebbe ulteriormente peggiorare, per via della possibilità di default del governo russo, di istituzioni bancarie e industrie e dell’elevata volatilità di alcuni tassi di cambio.

Previsioni sulla crescita

La complessità del quadro attuale rende estremamente incerto un esercizio previsivo. Può essere utile, però, l’elaborazione di scenari alternativi rispetto all’ipotesi di base che indica una durata del conflitto di circa quattro-cinque mesi, la più comune tra i principali istituti di previsione. In questo scenario, il Pil italiano salirebbe dell’1,9 per cento nel 2022, circa 2,2 punti percentuali in meno delle previsioni di ottobre, e dell’1,6 per cento nel 2023. Questo profilo di crescita per il 2022 è di oltre 1 punto percentuale inferiore a quello precedentemente ipotizzato dal Ministero dell’Economia e Finanza e dalla Banca d’Italia, e di 0,4 per cento a quello del Fondo monetario internazionale. Per il 2023 è minore di 0,7 per cento rispetto a quello del Mef, di 1,5 per cento rispetto alla Banca d’Italia, di 0,1 per cento a quanto previsto dal Fmi.

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Le due simulazioni alternative sono state condotte sotto le assunzioni che la guerra, o quanto meno i suoi effetti su alcune quotazioni, possa durare per tutto il 2022 (scenario “avverso”) o fino alla fine del 2023 (“severo”). 

Scenario avverso

Lo scenario avverso include un’ipotesi di moderato peggioramento rispetto al caso di base, che si distingue dagli scenari alternativi proposti da Mef e Banca d’Italia (molto più pessimistici). Nel caso il conflitto o il blocco delle esportazioni si estendano fino a dicembre 2022, si è ipotizzato che il prezzo del gas europeo (che influenza il costo dell’elettricità in Italia), del petrolio (Brent), del carbone e di alcune commodities agricole (in particolare grano e frumento) mantengano il livello previsto per il secondo trimestre di quest’anno (136 euro a mwh per il gas, 114 dollari al barile per il Brent) fino a dicembre 2022, tornando su livelli più bassi, ma comunque elevati in prospettiva storica, entro l’anno successivo. Allo stesso tempo, si è ipotizzato che il grado di stress sui mercati finanziari, misurato dall’Ofr Financial Stress Index, sia maggiore di quello dello scenario di base. Questa variabile viene presa come proxy per il grado di incertezza sui mercati.

Nello scenario avverso il prezzo del petrolio è stato fissato a un livello medio annuo di 111,9 dollari (3,25 dollari superiore allo scenario base) nel 2022 e di 94,8 dollari (5,25 dollari in più rispetto alla baseline) nel 2023, quello del gas a 126,5 a mwh nel 2022 e 102,5 nel 2023, lo stress finanziario è di 1,79 punti superiore nel 2022 e di 0,91 punti nel 2023 (tabella 1).

L’effetto totale dello scenario avverso sulla crescita del Pil italiano sarebbe di -0,3 per cento nel 2022 e di -0,6 per cento nel 2023 (-0,8 per cento cumulato nel biennio).

Scenario severo

Lo scenario severo si muove dall’assunzione che la guerra o il blocco delle esportazioni si prolunghino fino a tutto il 2023. Nel 2022 differisce da quello avverso solo per un più forte shock finanziario: si ipotizza che il grado di stress finanziario si attestasti su un livello superiore a quello dello scenario avverso nel secondo trimestre del 2022 fino a dicembre 2023. Nel 2023, invece, il prezzo del petrolio (Brent) è stato fissato a un livello medio annuo più alto di 24,5 dollari rispetto allo scenario base, quello del gas a 31 euro a mwh in più, mentre lo stress finanziario sarebbe di 4,66 punti (Ofr Financial Stress Index) maggiore. Si tratta di un quadro simile a quello del primo scenario alternativo del Mef (dove però si ipotizzano valori medi del prezzo del gas superiori nel biennio con picchi di oltre 200 €/MWh nel periodo novembre 2022-febbraio 2023, ma non si include l’incertezza finanziaria) e dello scenario “intermedio” della Banca d’Italia (che immagina degli strascichi sulla fiducia e sull’incertezza di durata inferiore ma aumenti più significativi del prezzo del gas, più elevati di circa il 40 e il 50 per cento nel 2022 e nel 2023 rispetto alle quotazioni dei contratti futures nelle dieci giornate lavorative precedenti il 1° aprile, e del petrolio, di circa il 30 e il 20 per cento). 

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Figura 1 – Pil Italia (Dati trimestrali annualizzati, Dic 2019=100)

Fonte: elaborazioni CSC su dati Istat

L’impatto complessivo sul Pil italiano in caso di scenario severo è di -0,4 punti percentuali di crescita in meno nel 2022, di -1,7 per cento nel 2023 (-2 per cento cumulato nel biennio 2022-2023). La crescita annua sarebbe negativa (-0,1 per cento) nel 2023. L’effetto prodotto dallo scenario avverso del Centro Studi Confindustria è dunque minore di quello risultante dal primo scenario alternativo del Mef (-0,8 per cento nel 2022; -1,1 per cento nel 2023) e dallo scenario “intermedio” della Banca d’Italia (-0,9 per cento nel 2022; -1,3 per cento nel 2023), per via di ipotesi meno forti sui prezzi del gas (Mef, BdI) e sui prezzi del petrolio (BdI) nel caso il conflitto o il blocco delle esportazioni si protraggano fino alla fine del 2023. D’altra parte, l’effetto si applica a un’ipotesi centrale che nel quadro previsivo del Centro Studi Confindustria è molto meno ottimistica. Mef e Banca d’Italia hanno poi elaborato degli scenari ulteriormente peggiorativi.

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  1. Carlo

    Le previsioni del brent sotto i cento dollari sembrano difficili da raggiungere perchè la domanda mondiale è già a 100 milioni di barili al giorno e poi gli Stati Uniti sono uno dei maggiori produttori per cui se hanno inflazione interna e stretta monetaria aumentano i costi di produzione in quanto aumentano i costi della manodopera e degli interessi passivi per non parlare degli azionisti che vogliono dividendi più alti perché se no è più conveniente investire in titoli di stato statunitensi per cui alle imprese non rimane altro che abbassare la produzione o chiedere prezzi più alti per cui l’aumento del wti trascinerà in alto anche il brent.

  2. Stefano La Porta

    GUERRA, INFLAZIONE E SCENARI
    Di questi tempi si parla molto delle conseguenze della guerra in Ucraina sulla nostra economia e della posizione che dovrebbe assumere il nostro paese. Per capire dove si può arrivare, vediamo alcuni numeri.
    La Relazione annuale della Banca d’Italia del maggio 2021 relativa al 2020 riporta il dato sull’ampia contrazione del reddito delle famiglie che è quasi del 7% per le famiglie con redditi da lavoro dipendente e del 12% per quelle con redditi da lavoro autonomo. Si tratta ovviamente di un valore medio tra chi il reddito lo ha perso totalmente e chi invece non ha subito riduzioni. Se il fenomeno stava lentamente rientrando nel corso del 2021, come ci dice il parziale recupero del PIL, il Bollettino della Banca d’Italia di aprile 2022 evidenzia che i consumi delle famiglie, dopo aver ristagnato alla fine dello scorso anno, sono di nuovo diminuiti nei primi mesi del 2022 a causa anche della “perdita del potere di acquisto ascrivibile agli ulteriori aumenti dei prezzi”.
    I prezzi, nota sempre il Bollettino, sono aumentati a marzo 2022 sui 12 mesi del 7% , proseguendo la tendenza al rialzo in atto dalla seconda metà del 2021, quando ancora di guerra non si parlava.
    Dall’inflazione alla perdita di potere di acquisto, in mancanza di aumenti retributivi, il passo è immediato: meno potere di acquisto equivale a meno soldi da spendere, da cui meno domanda di beni e a catena un eccesso di produzione invenduta. Se per un breve tempo questa può assestarsi nella voce scorte di magazzino, alla lunga può diventare un problema produttivo e occupazionale. Insomma, al momento siamo tutti più poveri e senza una guerra in casa. Per tornare al titolo, molti italiani non accenderanno il condizionatore.
    La Banca d’Italia nello stesso bollettino costruisce alcuni scenari valutando gli impatti della guerra in Ucraina sull’economia del nostro paese. Nello scenario più favorevole ipotizza una rapida soluzione del conflitto (ovviamente auspicabile) che vedrebbe a metà del 2022 un ritorno dei prezzi di gas e petrolio ai livelli di gennaio scorso, ma non ai livelli di 6 mesi fa, prima di questo forte aumento. L’inflazione del 2022 si attesterebbe al 4%.
    Lo scenario più severo ipotizza un prolungarsi delle ostilità e una conseguente minor disponibilità di gas per l’Italia che strozzerebbe molte attività manifatturiere, con conseguente diminuzione di occupazione, redditi, domanda aggregata e pil. L’inflazione del 2022 sarebbe all’8%. Il prezzo del gas si assesterebbe ad almeno 130 punti percentuali sopra a quello di gennaio e la perdita di fiducia di famiglie e imprese contribuirebbe ad una spirale negativa pericolosa.
    La BdI non si lancia in uno scenario ancor più sfavorevole (la guerra in casa?) limitandosi a non escluderlo per via del contesto internazionale di fortissima incertezza.
    Insomma, siamo già in guerra, non con la Russia ma con l’economia e con i nostri soldi. Possiamo permetterci un’altra guerra, una guerra militare da esiti per lo meno temporalmente incerti? La base di partenza è un’economia pesantemente provata dalla pandemia e dai feroci aumenti del prezzo dell’energia e delle materie prime che finora si sono fatti sentire sulle nostre tavole solo parzialmente. La riduzione del reddito familiare difficilmente sarà recuperata dalla contrattazione collettiva per via delle difficoltà che hanno anche le aziende.
    Stiamo diventando più poveri giorno dopo giorno ed è difficile prevedere nel breve e nel medio termine un’inversione di tendenza. Già oggi il 15% degli italiani non arriva a fine mese o lo fa con enormi rinunce.
    E tutto questo con una guerra a 1500 km da noi. Figuriamoci se in seguito ad alcune decisioni politiche ce la trovassimo in casa, sul nostro territorio. Perché è chiaro, se noi andremo là, loro verranno qua. Basta esserne consapevoli.
    Non credo che il cittadino debba essere messo di fronte alla scelta tra la pace o il condizionatore, è una stortura, mi aspetto invece che gli uomini politici lavorino con lungimiranza per evitare queste gravi situazioni, possibilmente prevenendole e comunque risolvendole con le armi in loro possesso, quelle della diplomazia. E’ il loro lavoro, li abbiamo eletti per questo, quasi tutti.

  3. Luca

    Stefano ciao..quali manovre concrete sono auspicabili per salvare il risparmio degli italiani. Ed inoltre e consigliabile uscire da eventuali investimenti in borsa come fondi o sicav per poi eventualmente rientrate a guerra finita?

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