Per un più largo uso di energia rinnovabile mancano alcune condizioni essenziali: dall’aumento della capacità di stoccaggio all’ammodernamento della rete. Se non vi si rimedia, la produzione da fonti non programmabili porta solo a sprechi e inefficienze.
Un ostacolo alle rinnovabili
La realizzazione dei necessari nuovi impianti di energia rinnovabile in Italia non trova ostacolo soltanto nella sussistenza di regole incerte e contraddittorie, come abbiamo mostrato in un nostro recente articolo. Mancano altre condizioni essenziali, come l’aumento della capacità di stoccaggio e l’ammodernamento della rete, senza le quali la produzione di energia elettrica da fonti non programmabili genererebbe grandi sprechi e inefficienze.
I contenuti dell’articolo hanno trovato riscontro nell’intervento del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Bruno Tabacci sul tema delle energie rinnovabili, pubblicato sul Sole-24Ore di alcuni giorni fa, e nella successiva audizione parlamentare del Ministro alla Transizione ecologica Roberto Cingolani. Entrambi hanno ribadito l’importanza di creare un’adeguata capacità di stoccaggio. Tale esigenza, peraltro, diventa maggiormente pressante quanto più si preveda un aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili non programmabili.
Tabella 1 – Quote di produzione di energia da fonti rinnovabili
Più rinnovabili
Secondo le prime valutazioni dell’impatto del pacchetto Fit for 55 (FF55) dell’Ue realizzate da Rse, la quota di consumi finali da soddisfare con energie alternative (Tabella 1) dovrà aumentare al 36,7 per cento entro il 2030 (contro il 30 per cento previsto dal Piano nazionale integrato per l’energia e il clima, Pniec); e le fonti rinnovabili non programmabili dovranno contribuire 145TWh di energia, contro i 115 previsti dal Pniec (Figura 1).
Figura 1 – Generazione elettrica per fonte
A ciò vanno aggiunti gli impegni per l’indipendenza energetica che conseguiranno dall’adozione del piano RePowerEu recentemente proposto dalla Commissione europea in risposta alla crisi ucraina: nell’ambito del pacchetto FF55, prevede per il 2030 l’incremento dal 40 al 45 per cento dell’obiettivo di quota di produzione di energia da fonti rinnovabili.
Né va dimenticato l’ambizioso obiettivo di mobilità sostenibile del Piano di transizione ecologica, che indica in 6 milioni il numero di vetture elettriche che dovranno circolare in Italia nel 2030, il cui consumo di energia varrà un terzo dei consumi totali nazionali.
Quanta capacità di stoccaggio serve?
Nel lungo termine (oltre il 2030), i piani per l’Italia prevedono sistemi di stoccaggio di 30-40GW rispetto a una produzione complessiva di energia pari a 70-100TWh. Considerando che l’impatto del pacchetto FF55 e l’effetto del piano RepowerEu portano la previsione di produzione di energia da fonti rinnovabili non programmabili a oltre 145TWh, la necessità di capacità stoccaggio per il 2030 si attesterà a non meno di 60-70GW.
Si tratta di numeri tutt’altro che irrilevanti, soprattutto se raffrontati agli obiettivi previsti dal Pniec, pari a circa 6GW di nuovi impianti di accumulo centralizzato (pompaggio idroelettrico e batterie) e circa 4,5GW di impianti di accumulo distribuito (soprattutto nel settore fotovoltaico), relativi soltanto allo stoccaggio nelle fasi di over-generation, cioè l’eccesso di produzione di energia rispetto alla domanda (Figura 2).
Figura 2 – Stoccaggio di energia da fonti rinnovabili non-programmabili
L’esempio del Portogallo
Sul modo di arrivarci, il Portogallo offre un valido esempio. I risultati dell’asta governativa, tenutasi nel 2020, per aggiudicare l’ingresso di società produttrici nel mercato dell’energia fotovoltaica hanno di gran lunga ecceduto persino le migliori aspettative. L’asta è stata la prima del suo genere a sollecitare offerte che includevano una componente di stoccaggio (non inferiore al 20 per cento della produzione richiesta). Le società aggiudicatarie potevano in tal modo offrire elettricità e generare reddito dalla fornitura di servizi di stoccaggio, in cambio di uno sconto sul prezzo d’asta e accettando di corrispondere al gestore la differenza fra questo e i prezzi di picco, applicata al 90 per cento della capacità totale assegnata all’impianto, per un periodo di 15 anni.
Oggi, dunque, e per il periodo di validità del contratto (15 anni), le società produttrici ricevono un pagamento fisso per la fornitura di energia e servizi di stoccaggio e compensano il sistema nel caso in cui il prezzo di mercato ecceda quello d’asta. Grazie a questa soluzione, sono le società produttrici a fornire capacità di stoccaggio al sistema in cambio della possibilità di sfruttare la rete, e assorbono il costo dell’oscillazione dei prezzi.
L’asta è risultata talmente competitiva che le società aggiudicatarie hanno ridotto la remunerazione attesa sino a valori negativi: il vero vincitore è lo stato, che riesce così a massimizzare il valore di scarsità della capacità della rete.
Se davvero l’Italia intende accrescere la propria indipendenza energetica e aumentare la sicurezza dell’approvvigionamento di energia da fonti alternative, si dovranno introdurre misure per la creazione delle necessarie enormi quantità aggiuntive di capacità di accumulo, offrendo ai grandi operatori adeguati stimoli per il loro sviluppo. Si tratta di quantità per diversi ordini di grandezza superiori alla capacità aggiuntiva ottenibile con gli incentivi attualmente previsti.
*Le opinioni espresse in questo articolo sono personali degli autori e non implicano le istituzioni con cui sono affiliati.
Lavoce è di tutti: sostienila!
Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!
Marcello Romagnoli
Il fatto che in questo articolo non si citi tra i metodi di accumulo l’idrogeno è molto strano. La più probabile soluzione sarà: pompaggio idroelettrico; batterie+H2.
paolo
Il problema tecnico dello stoccaggio (cioè del come realizzarlo senza sprecare nel processo di accumulo e rilascio più di metà dell’energia, come attualmente avviene con l’idrogeno) è solo parte della questione.
Ci sono in italia già oggi 7 GW di pompaggi pronti ad essere usati come sistemi di accumulo, sostanzialmente inutilizzati. Perchè? Perchè per essere utili al sistema dovrebbero accumulare energia quando il fotovoltaico produce (cioè di giorno, quando i prezzi sono più alti perchè c’è maggiore domanda) e reimmetterla in rete quando il fotovoltaico non produce (cioè di notte, quando i prezzi sono più bassi perchè c’è minore domanda).
E’ evidente che ciò non avverrà mai spontaneamente, perchè comporterebbe un danno economico ingente per l’incauto operatore che lo facesse a prezzo di mercato.
perciò la richiesta non dipende solo dall’innovazione tecnologica, ma dalla quantità di incentivi che gli stati sono disposti a metterci (devono essere dell’ordine di circa la metà del prezzo dell’energia, perchè la differenza dei prezzi di mercato è quella).
Chi pagherà? La soluzione (provvisoria, ma comunque di medio periodo) è spingere sul fotovoltaico in autoconsumo, che non ha bisogno di accumuli perchè installato sopra strutture che l’energia la consumano sul posto, negli impianti industriali che gli edifici ospitano.