Ha suscitato clamore la sentenza della Corte suprema indiana sulla possibilità di produrre a basso prezzo un farmaco altrimenti molto costoso. Ma il caso India-Novartis induce riflessioni più generali sul prezzo delle medicine, sull’accesso a terapie efficaci e sull’innovazione in questo campo.
L’INDIA E NOVARTIS
Qualche settimana fa, un colosso farmaceutico, la Novartis, ha perso in India un ricorso per la concessione del brevetto per il chemioterapico imatinib (Glivec) perché il farmaco, o meglio una sua variante cristallina, non è stato ritenuto innovativo rispetto al prodotto di origine del 1993. In quel paese un’azienda di farmaci generici può così produrlo a 175 dollari per mese di terapia, quindici volte meno rispetto ai 2600 della multinazionale svizzera. (1)
Questo è solo l’ultimo di vari contenziosi legali, avvenuti soprattutto in India. Tra il 2012 e il 2013 altri esempi di battaglie legali perse dalle multinazionali con diverse motivazioni hanno riguardato il chemioterapico sorafenib (Nexavar della Bayer), il cui costo mensile per malato è sceso da 5.600 a 175 dollari, e l’interferone per il trattamento dell’epatite C (Pegasys – Roche). (2)
PERCHÉ I PREZZI SONO COSÌ ALTI?
L’industria farmaceutica è il comparto produttivo che spende di più in ricerca e sviluppo in rapporto ai propri ricavi. E proprio con la necessità di coprire gli investimenti in questo campo giustifica i prezzi così elevati dei farmaci. Tanto per dare un’idea, molte aziende del settore spendono, in termini relativi, più del triplo rispetto ai colossi automobilistici o dell’elettronica. (3) La ricerca di base è realizzata prevalentemente da istituzioni accademiche, mentre le aziende investono soprattutto nelle fasi di sviluppo, ovvero nella valutazione della sicurezza e dell’efficacia della molecola e dei dosaggi e forme farmaceutiche che sono infine approvate dalle autorità regolatorie.
Gli investimenti in ricerca e sviluppo sono tuttavia inferiori alle spese di marketing: i primi vanno in media dal 13 per cento (stima di uno studio indipendente) al 20 per cento dei ricavi (stima dell’industria), contro una stima del 25 per cento per quanto riguarda le spese di marketing. (4) Anche considerando un progressivo aumento negli anni dei costi di ricerca e sviluppo, i ricavi delle aziende sono in proporzione aumentati molto di più: ad esempio, nel 2010 le multinazionali americane del farmaco hanno speso 34 miliardi di dollari in più in ricerca e sviluppo rispetto a quindici anni prima, ma i ricavi del 2010 rispetto al 1995 sono stati superiori di 200 miliardi di dollari (sei volte in più).
Un recentissimo editoriale sulla rivista Blood ha evidenziato come il costo annuo del Glivec per paziente negli Stati Uniti fosse stato calcolato nel 2001 in 30mila dollari, considerando il recupero dei costi d’impresa entro due anni e un ampio margine di profitto per l’azienda produttrice negli anni successivi; ma nel 2012, il costo appare più che triplicato, a 92mila dollari. (5) Da notare che il costo del farmaco risulta progressivamente inferiore in paesi con Pil decrescente: in Italia è circa un terzo rispetto agli Stati Uniti e, nonostante ciò, appare comunque sproporzionato rispetto al recupero dei costi di impresa.
Tutto ciò mostra come la decisione sui prezzi dipenda soprattutto dalle potenzialità di profitto e dalla assenza di concorrenza per farmaci dello stesso tipo: famosa a questo proposito è un’affermazione fatta nel 2002 dal chief executive officer della Merck, che sottolineò come il prezzo non dipenda da quanto è costato lo sviluppo del farmaco, ma da quanto medici e pazienti (o per loro i sistemi sanitari) sono disposti a pagare. (6) Però il sistema di ricerca e sviluppo dei farmaci è di fatto misto: la ricerca è prevalentemente pubblica e lo sviluppo è prevalentemente realizzato dalle aziende, anche con il generoso e fondamentale contributo dei pazienti che partecipano agli studi clinici. Per questo una logica puramente commerciale per calcolare il prezzo dei farmaci è contestabile.
QUALE IL RAPPORTO TRA COSTI E INNOVAZIONE?
C’è poi una seconda domanda da porsi a margine del caso India-Novartis, che riguarda il rapporto tra i costi e la reale innovatività dei farmaci, da cui dipende il loro valore sociale. Anche secondo le aziende, solo il 10-15 per cento dei nuovi farmaci costituiscono vere innovazioni o forniscono vantaggi clinici per i pazienti rispetto alle migliori alternative disponibili. (7) Troppo spesso l’industria sembra focalizzare la sua attenzione sul massimo sfruttamento economico di quelli esistenti più che sulla ricerca di prodotti che apportino rilevanti benefici clinici. Questa strategia viene ad esempio perseguita attraverso modifiche non sostanziali alle molecole, che hanno lo scopo principale di estendere la durata dei brevetti (strategia definita “evergreeing”) e quindi mantenere alti i prezzi, senza dimostrare un miglioramento dell’efficacia terapeutica.
Il caso India-Novartis sembra rappresentare una lezione in tal senso. La legge indiana sui brevetti specifica che “(…) La semplice scoperta di una nuova forma di una sostanza nota che non risulta nel miglioramento dell’efficacia di quella sostanza … [non costituisce invenzione]” e quindi non è brevettabile. (8) È qui evidente l’obiettivo di contrastare la strategia dell’evergreeing: l’imatinib è un farmaco di grande importanza, ma è stato brevettato venti anni fa. La Novartis ha tentato di brevettare in India una sua forma beta-cristallina, che migliorerebbe la biodisponibilità del 30 per cento rispetto alla precedente forma. La Corte suprema indiana ha contestato che ciò costituisca miglioramento dell’efficacia del farmaco (peraltro non dimostrato da indicatori clinici). Un farmaco molto innovativo ai tempi della sua scoperta, non lo è più venti anni dopo, e pertanto non è più brevettabile.
COSA PUÒ INSEGNARCI IL CASO INDIA-NOVARTIS?
Il caso India-Novartis sottolinea la necessità di promuovere una maggiore sostenibilità dei costi dei farmaci, in particolare in alcune aree terapeutiche, e di favorire lo sviluppo di nuovi prodotti sulla base di un profilo di efficacia e sicurezza sostanzialmente migliore rispetto alle molecole già disponibili. Lo evidenzia anche un recente rapporto Ocse, secondo il quale “(…) i decisori sono sempre più preoccupati dall’introduzione di nuovi farmaci che costano molto, ma hanno limitata o incerta efficacia clinica (…) e non sempre sono disposti a rimborsare farmaci con un basso rapporto tra costi ed efficacia e/o con benefici clinici incerti”. (9)
Sarebbe opportuno avviare un confronto internazionale sia nell’ambito dell’Organizzazione mondiale di sanità, dei governi e delle agenzie regolatorie per una sostanziale ridefinizione delle attuali modalità, troppo unilaterali, di definizione dei prezzi, con un maggiore coinvolgimento dei terzi paganti; sia nell’ambito Trips (Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights) per definire quali caratteristiche dovrebbe avere un farmaco per essere considerato innovativo e dunque brevettabile. In gioco ci sono la salute pubblica e la sostenibilità complessiva del sistema.
* Area valutazione del farmaco, Agenzia sanitaria e sociale, Regione Emilia-Romagna
(1) Chatterjee P. “India’s patent case victory rattles Big Pharma”. Lancet 2013;381:1263. Su lavoce.info si veda il commento alla vicenda di Vincenzo Carrieri e Cinzia Di Novi “Quando il brevetto è questione di vita o di morte”
(2) Vedi rispettivamente “India Appeals Body Rejects Bayer’s Plea on Nexavar”, The Wall Street Journal, 4 marzo 2013; “India revokes Roche patent”, The Wall Street Journal, 3 novembre 2012.
(3) “The global innovation 1000”, Booz&co 2011
(4) La stima dichiarata dall’industria farmaceutica è tratta da: The Congress of the United States – Congressional Budget Office (2006), “Research and Development in the Pharmaceutical Industry”. Lo studio indipendente, da cui sono ripresi anche dati indicati in seguito è quello di Light DW, Lexchin JR. “Pharmaceutical research and development: what do we get for all that money?” BMJ 2012;345:e4348.
(5) “Price of drugs for chronic myeloid leukemia (CML), reflection of the unsustainable cancer drug prices: perspective of CML Experts”, Blood 2013; doi:10.1182/blood-2013-03-490003.
(6) Relman AS, Angell M., “America’s Other Drug Problem. How the drug industry distorts medicine and politics”, The New Republic, December 16, 2002.
(7) Barral PE, “20 years of pharmaceutical research results throughout the world: 1975-94”. Rhone-Poulenc Rorer Foundation, 1996.
(8) La sentenza completa è disponibile su http://www.scribd.com/doc/133343411/Novartis-patent-Judgement
(9) Ocse, “Value for money in Health Spending”, 2010.
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