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Il mito dei tassi Bce negativi

Si continua a parlare di tassi d’interesse negativi sui depositi delle banche presso la Bce. Ma sarebbe una misura inutile, se non addirittura controproducente. Non porterebbe a un aumento dei prestiti alle imprese, mentre potrebbe farne crescere il costo. Il progetto dell’unione bancaria.
ASPETTANDO IL CONSIGLIO
In vista della riunione del Consiglio direttivo della Bce del 6 giugno, si rincorrono le voci sulle possibili misure non convenzionali di politica monetaria che dovrebbero essere adottate per favorire una ripresa del credito bancario. Tra queste, vi è l’introduzione di tassi d’interesse negativi sui depositi detenuti dalle banche presso la Banca centrale europea (meglio, presso l’Eurosistema, formato dalla Bce e dalle banche centrali nazionali). Lo stesso presidente Mario Draghi (nella conferenza stampa del 2 maggio) è sembrato aprire uno spiraglio verso un’evoluzione del tutto nuova della politica monetaria: in quella sede ha detto che la Bce è tecnicamente pronta a questo passo e di avere una “open mind” sull’argomento. Nell’ultimo Economic Outlook (presentato il 29 maggio), l’Oecd afferma: “The ECB should adopt a negative deposit rate, driving the overnight rate below zero” (pag. 56). Tuttavia, vi sono buone ragioni per ritenere che la misura sarebbe inutile, se non addirittura dannosa. Vediamo perché.
DEPOSITI INOPEROSI?
L’ammontare di depositi delle banche presso l’Eurosistema è ingente, seppure in netta riduzione dopo i picchi raggiunti nella prima parte del 2012: la somma dei fondi depositati dalle banche dell’area euro sulla deposit facility e sul current account è passata dagli 850 miliardi del maggio 2012 ai 376 miliardi dello stesso mese di quest’anno. (1)
Ciò può indurre qualcuno a pensare che le banche detengono soldi inoperosi presso la banca centrale; quindi penalizzarle, facendo loro pagare un interesse per detenere i depositi, le porterebbe a prestare quei soldi all’economia reale. Purtroppo, questa conclusione è sbagliata. I depositi detenuti dal sistema bancario presso la banca centrale non indicano necessariamente che essi siano inoperosi. Ce ne possiamo rendere conto facendo un semplice esempio. Poniamo che una banca A presti denaro a un’impresa X, che li usa per acquistare un macchinario da un’impresa Y; questa deposita i soldi ricevuti presso una banca B. Il risultato è un pagamento dalla banca A alla banca B. A sua volta, il pagamento si traduce in un addebito del conto che la banca A detiene presso la banca centrale, e in accredito del conto della banca B presso la banca centrale stessa. Se guardiamo all’ammontare di depositi aggregato del sistema bancario presso la banca centrale, non è cambiato nulla; quindi potremmo pensare che quei soldi non sono stati usati, mentre è vero il contrario. (2)
Naturalmente, l’argomento precedente non esclude che i depositi delle banche presso l’Eurosistema nascondano fondi inoperosi. Tuttavia, anche quando ciò fosse vero, imporre tassi d’interesse negativi non risolverebbe il problema. Poniamo che una banca con un eccesso di liquidità (raccolta maggiore dei prestiti) tenga fondi inoperosi presso la banca centrale. Perché lo fa? Il motivo risiede nel rischio che corre nel prestare quei soldi a una impresa o a un’altra banca. Di fronte a questo rischio, l’introduzione di una penalità di 25 o anche 50 punti base potrebbe indurre quella banca a sostituire il deposito presso la banca centrale con altre attività liquide, ad esempio titoli di Stato. Oppure potrebbe indurla a ridurre la sua liquidità in eccesso, restituendo soldi ricevuti in prestito da altre banche o dalla banca centrale stessa. Difficilmente potrebbe spingerla a prestare quei soldi alle imprese. Si noti che se la banca decidesse di mantenerli sul deposito presso l’Eurosistema, l’interesse da pagare si tradurrebbe in una sorta di tassa sulla gestione della liquidità della banca, e come tutte le tasse potrebbe essere traslata sulla clientela: alla fine, a pagare sarebbero i clienti, come è già accaduto in Danimarca. (3)
DICOTOMIA NORD-SUD
I depositi presso l’Eurosistema sono per la maggior parte fatti dalle banche tedesche, francesi e di alcuni paesi “nordici” più piccoli (come Finlandia e Lussemburgo), mentre il contributo della banche italiane e spagnole (e degli altri paesi “periferici”) è assai inferiore. (4) Ciò riflette i flussi di capitali che, a partire dall’esplosione della crisi del debito sovrano nel 2010, sono andati dal secondo gruppo di paesi verso il primo. Pur in attenuazione a partire dall’estate scorsa (dopo la svolta della Bce), il fenomeno ha creato un sistema bancario europeo spezzato in due: quello del “Nord” con un eccesso di liquidità, in parte depositata presso l’Eurosistema; e quello del “Sud” con un fabbisogno di liquidità, soddisfatto in buona parte con i prestiti ricevuti dall’Eurosistema. La dicotomia sparirà, e con essa i saldi in eccesso che osserviamo presso la Bce, solo quando le banche del Nord torneranno a prestare soldi alle banche del Sud; in altri termini, quando non sarà più necessario che la Bce sostituisca il mercato interbancario. Non sappiamo quando ciò avverrà. Certo, non sarà una piccola tassa a risolvere il problema. Piuttosto, qualche speranza può venire dal progetto di unione bancaria: speriamo che non subisca battute di arresto.
 (1) Le banche possono detenere le loro riserve presso la banca centrale su due conti: overnight deposit facility e conto corrente. Il primo aveva una remunerazione positiva fino al luglio 2012, mentre il secondo non rende nulla (tranne per le somme depositate per soddisfare la riserva obbligatoria). Quando nel luglio scorso la remunerazione del deposito overnight è stata portata a zero, la naturale reazione delle banche è stata quella di trasferire riserve dal conto overnight al conto corrente, il cui costo-opportunità è stato azzerato. Alla luce di questo aspetto tecnico, la proposta dell’Oecd appare particolarmente ingenua: imporre un tasso negativo solo sull’overnight non farebbe altro che indurre le banche a trasferire sul conto corrente le somme rimaste tuttora sul conto overnight.
(2) Per una esposizione più tecnica di questo argomento, si veda l’articolo di G. Scarpelli.
(3) Si veda l’articolo di R. Milne sul Financial Times on line del 9 maggio 2013.
(4) Questa divergenza tra i due gruppi di paesi si riflette nei rispettivi saldi nel sistema dei pagamenti Target: positivi per i paesi nordici e negativi per i paesi periferici. Si veda l’articolo sui Target balances nel Bollettino mensile Bce di maggio 2013.

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10 commenti

  1. Federico B

    Analisi che fa chiarezza ed argina possibili speculazioni mediatiche. Mi domando se non si debba piuttosto, da un lato, riflettere sull’eccesso di capacità e di mancanza di impieghi produttivi del capitale in questa fase dell’economia (asset bubble alimentata a debito) in cui tutti, non a caso, hanno gli occhi rivolti ad Oriente (BoJ); e, dall’altro lato, affrontare finalmente il tema clou dell’assenza di regolamentazione efficace dei mercati finanziari, arbitraggio normativo ed eccesso di leva tollerata, nonchè ingegneria finanziaria decisamente troppo creativa. Se non si regolamentano tali profili, i rischi saranno sempre più elevati, a mio avviso. Sarebbe anche bene discutere sull’ammissibilità di talune pratiche (es. CDOs). cordiali saluti

    • lavoceinfo

      Approe
      Inviato da iPhone
      Il giorno 04/giu/2013, alle ore 05:07 PM, “Disqus” ha scritto:

  2. Piero

    Concordo pienamente su tutto l’articolo, ad eccezione della speranza dell’autore che l’unione bancaria possa risolvere positivamente il problema, ritengo che tale unione, necessaria per l’avvicinamento all’effettiva Unione europea, in presenza dell’attuale indirizzo di politica monetaria dettato dalla Merkel alla Bce, produca effetti più negativi che positivi.
    Le banche per la loro attività creano la base monetaria, imbrigliare loro con un’unione bancaria come lo sono stati gli stati area euro con l’unione monetaria completano il progetto di conquista della Merkel dell’Europa.

  3. Federico B

    Ricordo che Ernst&Young ha pubblicato il report sull’attrattività dei vari sistemi Paese europei. L’Italia si colloca all’ultimo posto con 60 FDIs. Il primo è occupato dal Regno Unito con 697 FDI (Germania 624, Francia 471; Paesi Bassi 161; Spagna 274). Les Echos ha suonato l’allarme competitività per la Francia. L’Italia ha vitale bisogno di semplificazione burocratica, normativa, fiscale ed efficienza della giustizia, prima che di negative deposit rates, a mio avviso. Cordiali saluti

  4. gianni

    La Germania per riequilibrare l’eccesso di liquidità che si sta accumulando nel Nord Europa e travasarlo verso le economie del Sud Europa farà credito alle PMI spagnole.
    http://www.reuters.com/article/2013/06/03/us-eurozone-germany-spain-idUSBRE95209N20130603

  5. andreag

    Non so quanto questo progretto potrà trovare accoglimento, dato che la liquidità in eccesso ce l’hanno i paesi del Nord Europa:Germania (93,4
    miliardi), Francia (23,6 miliardi), Austria (11,3 miliardi) e Finlandia (18,5 miliardi), che quindi sosterrebbero la maggior parte dei costi e non sentono il bisogno di finanziare i PIIGS neppure su sollecitazione…
    Condivido l’idea che una riduzione in territorio negativo del solo tasso sui depositi o/n non avrà effetti se non riallocare i depositi in eccesso sugli altri conti correnti; Condivido anche che un taglio di TUTTI i tassi di deposito produrrà un aumento degli acquisti di titoli di Stato a breve specie dei paesi del Sud Europa (che hanno rendimenti più alti del Nord).
    In tal senso il miglior effetto che tale politica della Bce otterrà verrebbe più dal canale dei tassi piuttosto che da un aumento della circolazione monetaria e per l’Italia sarebbe già un bel regalo in tempi di governi inconcludenti.
    Ma rimane aperto il dubbio forte della quantificazione dell’erosione della redditività bancaria e come questo si scaricherebbe sui prenditori di fondi: se la liquidità in eccesso delle banche italiane è quantificabile in ca. 40 miliardi, supponendo un taglio di 0,20%, stiamo parlando di perdite pari a 80 milioni di euro, non cifre imponenti per il Sistema nella sua interezza, ma che dovrebbero essere comunque sommate agli interessi pagati sugli LTRO (0,50%*140miliardi=700 milioni di euro). Se a questo aggiungiamo che i fondi LTRO sono stati utilizzati per acquistare titoli di Stato a breve, e che il rinnovo alle scadenza avverrà a tassi decrescenti, il margine per le banche si ridurrà: il BOT scadenza 05/2014 ha già rendimento netto 0,61%…
    Potrebbe addirittura essere che siano le banche del Sud europa a correre a rimborsare i LTRO, togliendo quindi liquidità al mercato dei bonds in rinnovo, con gli effetti ben immaginabili sui tassi. Dico giusto?

  6. Alessandro

    Perchè l’unione bancaria dovrebbe fare quello che un normale governo europeo farebbe in maniera naturale? Perchè prima le banche e poi la politica?? Non sarebbe meglio sperare in un Presidente europeo che in un unione bancaria in mano ai soliti privati che si autoassolvono e si autogiustificano…, si autoarricchiscono e fanno invece morire di fame i popoli?

    • Perfetto, ma ciò non potrà avvenire nel breve periodo, anzi brevissimo (tra sei mesi avremmo altri 500.000 disoccupati e 100 suicidi per motivi economici), oggi di esce solo cambiano la politica monetaria, la liquidità serve ai paesi del sud.

  7. Alessandro

    Speriamo solo che questo possa avvenire in tempi brevi….altrimenti meglio fuori dall’Euro e con una banca centrale in mano al tesoro!

  8. andrea

    A me sembra una lezione di economia all’università, una verità “UTET”, come amo definire tutto quello che succede sui libri ma non nella realtà. Portando i tassi in negativo è evidente che i depositi overnight si ridurrebbero, a favore di “buffer” più remunerativi; quell’eccesso di liquidità di cui si preoccupa l’autore non ha ragion d’essere una preoccupazione visto che Basilea III già li sa indirizzare. Poi, le posizioni esposte in possibilità di fallimento (default o come meglio volete chiamarlo) delle pmi, hanno bisogno di ossigeno per salvarsi e salvare gli interessi delle banche.

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