Tutti i paesi europei hanno una rete finale di sicurezza sociale. Ma si affianca a un sistema di ammortizzatori sociali universale, che interviene prima che tutto il nucleo familiare cada in povertà. In Italia, invece, c’è solo il reddito di cittadinanza.
Il dibattito sul Reddito di cittadinanza
Sul reddito minimo garantito in Italia – il Reddito di cittadinanza – è stato scritto e detto molto, in riferimento alla sua funzione efficace di lotta alla povertà e anche di misura di attivazione/sostegno a soggetti disoccupati, inoccupati o lavoratori poveri. Numerose sono state poi le rimodulazioni del reddito di cittadinanza finalizzate a un inserimento accelerato nel mercato del lavoro dei soggetti work ready di nuclei beneficiari, come l’inclusione delle agenzie private accreditate nel sistema di collocamento, l’attivazione diretta dei beneficiari da parte delle imprese, la concessione di sgravi fiscali alle imprese per la collocazione lavorativa dei destinatari della misura attivabili anche mediante contratti temporanei, fino alla diminuzione del numero e dei livelli dell’offerta congrua dopo rifiuti di proposte lavorative.
Obiettivo di questo contributo non è quello di entrare nel merito di tale dibattito, di interpretare l’efficacia del Rdc nel costituire uno strumento di politica attiva. Su tale aspetto ci limiteremo a due brevi considerazioni 1) la misura è rivolta a tutti i nuclei familiari che presentano una attestazione reddituale (Isee) e patrimoniale sotto un livello predefinito. Come tutte le misure di reddito minimo universalmente riconosciute, il discrimine non è quindi la relazione di un membro del nucleo con il mercato del lavoro (lontana, vicina o attiva), ma la persistenza del nucleo al di sotto di un livello reddituale e patrimoniale; 2) l’offerta congrua è un sistema complesso, multidimensionale, che varia rispetto al numero di offerte di lavoro considerate. Originariamente l’obiettivo di una offerta congrua era quello non solo di determinare una dimensione minima di qualità al lavoro proposto, ma anche di evitare che il soggetto attivabile del nucleo beneficiario, con il lavoro acquisito, per durata e compenso, non riuscisse a far uscire la propria famiglia dai benefici di un sussidio, come invece, in molti casi, avvenuto.
Rdc e lavoratori poveri
Quella che vogliamo proporre in questo articolo è invece una riflessione sulle ragioni per cui una misura sociale di contrasto alla povertà assoluta abbia riguardato un numero considerevole di soggetti occupati o in cerca di occupazione (work ready), circa novecentomila, incidendo significatamene nelle dinamiche del mercato del lavoro e sulle forme di attivazione lavorativa.
In Europa, tutti i paesi hanno una rete finale di sicurezza sociale (ultimi ad approvarlo Italia e Grecia: reddito di solidarietà sociale). Ma in molti contesti l’incidenza sui soggetti inoccupati, disoccupati o lavoratori poveri è meno consistente. Avviene per l’esistenza di un sistema di ammortizzatori sociali più universale, con la presenza nel mercato del lavoro di una o più indennità contro la disoccupazione di livello assistenziale fortemente condizionate, aggiuntive alle indennità contributive, riservate ai soggetti in cerca di lavoro 1) che non hanno mai lavorato (inoccupati); 2) che non hanno accumulato minimi contributivi (anzianità assicurativa) necessari all’ottenimento dell’indennità di disoccupazione; 3) che hanno superato i tempi di erogazione delle indennità assicurative; 4) che sono occupati part-time involontari o con contratti radicalmente occasionali, esposti a diverse forme di carenza reddituale means tested. Questo ulteriore insieme di indennità contro la disoccupazione, definite universalmente o differenziate per specifici gruppi di disoccupati, fortemente condizionate a politiche di attivazione, hanno la capacità di intercettare e sostenere il reddito e l’inserimento lavorativo di molti lavoratori in crisi prima che il loro nucleo familiare precipiti in una condizione di estrema povertà e acceda alla rete di sicurezza sociale finale contro la povertà assoluta (reddito minimo garantito). In generale, con una struttura su tre pilastri – 1) indennità assicurativa (volontaria o obbligatoria), in costanza o meno del rapporto di lavoro; 2) indennità contro la disoccupazione non contributiva per chi non può accedere alla prima; 3) rete di ultima istanza (reddito minimo garantito) per famiglie in povertà assoluta – si determina complessivamente uno schema di protezione nel mercato del lavoro più inclusivo, limitando il ricorso dei work ready al reddito minimo garantito come sostegno di ultima istanza. In Italia questa azione di filtraggio degli ammortizzatori sociali contributivi e assistenziali si riscontra di meno, perché è assente il secondo pilastro. Lo schema in Francia nasce come una allocazione specifica di indennità, in Danimarca come una indennità per la disoccupazione, nel Regno Unito come una indennità per i lavoratori attivi, in Finlandia come un sussidio nel mercato del lavoro, in Spagna come un sussidio per la disoccupazione e come un reddito di inserimento lavorativo, in Portogallo come un sussidio sociale per la disoccupazione, in Germania come una indennità alla disoccupazione. Questi contesti nazionali hanno varato e modificato nel tempo indennità condizionate non assicurative di protezione dei lavoratori contro i rischi della disoccupazione, conferite dopo una attestazione dei mezzi, con percorsi di attivazione immediatamente gestiti dal sistema dei servizi al lavoro.
*Le opinioni espresse sono personali e non rappresentano quelle dell’Istituto di appartenenza.
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Savino
Integrazione salariale, politiche attive e lotta alla povertà sono tre cose diverse,
Leonardo
Sono arrivato da pochi giorni su queste pagine, e trovo molti articoli e analisi potenzialmente molto interessanti. Dico potenzialmente, perché spesso e volentieri il linguaggio è un po’ troppo tecnico per permettere una chiara lettura a chi non ha già una buona conoscenza del campo. E trovo sia un peccato, un po’ lo stesso problema comunicativo che ha la scienza.