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Mercato dell’energia: una politica da cambiare

Gli ultimi due governi hanno adottato politiche per il mercato dell’energia che rischiano di produrre nuove concentrazioni e una riduzione della concorrenza. Ne faranno le spese i clienti finali, che avranno meno possibilità di scelta e di risparmio.

Le misure di due governi

Mentre la maggior parte dei paesi europei mette in campo misure per sostenere la liquidità dei venditori di energia elettrica e gas, l’Italia ha adottato una serie di provvedimenti che impongono loro ulteriori oneri. Non fa eccezione il decreto Aiuti quater appena varato dal Governo Meloni, il quale si pone – sotto questo profilo – in piena continuità col precedente.

Il decreto impone ai venditori di luce e gas di offrire alle imprese clienti un piano di rateizzazione, per un massimo di trentasei rate mensili, della spesa per la materia prima delle fatture riferite al periodo 1° ottobre 2022 – 31 marzo 2023 qualora l’importo ecceda quello contabilizzato nel 2021. Se la norma cautela i venditori contro il rischio credito (attraverso un’apposita assicurazione Sace), non tiene conto in alcun modo della loro esigenza di finanziare il capitale circolante. È paradossale: per tutelare dagli aumenti imprese per le quali la spesa energetica incide in media per l’8-9 per cento, si sposta l’onere su altre (i venditori di energia, appunto) per le quali l’acquisto della materia prima incide per oltre il 95 per cento.

Questo è solo l’ultimo di una serie di interventi che, oltre a un crescente assorbimento di liquidità, hanno causato un progressivo aumento del rischio finanziario che grava sull’attività di vendita. Già con la legge di stabilità per il 2022, il Governo Draghi aveva disposto che, in caso di inadempimento del pagamento delle fatture emesse tra il 1° gennaio e il 30 giugno 2022, i venditori di elettricità e gas fossero tenuti a offrire ai clienti domestici un piano di rateizzazione a tasso zero, di durata non superiore a dieci mesi. Si aggiunge poi il decreto 21/2022, che ha imposto la tassa sui cosiddetti extraprofitti. In ultimo, il decreto 115/2022 ha vietato ai venditori di modificare unilateralmente le condizioni di offerta sino al 30 aprile 2023.

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Le conseguenze sulla concorrenza

Proprio quest’ultima misura rischia di avere due conseguenze sulla concorrenza. La prima è di “impiccare” i venditori a offerte formulate assai prima che la crisi si manifestasse, quando l’attuale andamento dei prezzi non era prevedibile. L’impossibilità di rinegoziarle potrebbe compromettere la sostenibilità economico-finanziaria delle loro attività. Per la stessa ragione, qualunque venditore oggi si guarda bene dall’offrire sul mercato prezzi competitivi, facendo prevalere un pricing ultra-cautelativo che, quindi, tende a gonfiare i prezzi.

Nel corso degli ultimi mesi, non a caso, si è assistito a una progressiva riduzione delle offerte a prezzo fisso. I grafici che seguono riportano l’evoluzione del numero di offerte disponibili dal 2020 al primo semestre del 2022 (Fonte: Autorità di regolazione per energia reti e ambiente, 2022. Rapporto di monitoraggio dei mercati retail per l’anno 2021).

Eppure, tutte le tipologie di clienti preferiscono sottoscrivere le offerte a prezzo fisso: tra il 2018 e il 2021, in media, l’84 per cento dei clienti domestici ha scelto una offerta a prezzo fisso. L’incentivo implicito per i venditori di formulare offerte assai conservative rischia di far svanire le potenzialità di risparmio che pure la concorrenza offre (figure 5-6).

Cominciano a emergere evidenze aneddotiche di venditori di piccole-medie dimensioni che, non potendo sostenere il costo e il rischio di forniture ai clienti a prezzi bloccati o di dilazioni di pagamento, hanno rescisso i contratti. Questo probabilmente porterà a una ri-concentrazione del mercato, dopo un lungo periodo di tempo in cui invece gli incumbent avevano gradualmente ridotto la propria quota a favore di concorrenti più dinamici. Ciò lascia presupporre un calo della pressione concorrenziale e, dunque, delle possibilità per i clienti finali di conseguire benefici in termini di varietà di scelta e risparmi di spesa.

In sostanza, gli ultimi due governi hanno adottato politiche che rischiano di produrre una ri-concentrazione dei mercati, un rafforzamento degli ex monopolisti, una riduzione della concorrenza e forse perfino il fallimento di alcuni operatori.

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  1. Savino

    Siamo carenti di una vera tutela del consumatore, che non è posto al centro del sistema concorrenziale di mercato e che assiste impotente alle speculazioni subendole. Occorre un atteggiamento proatttivo delle istituzioni per tutelare il contraente debole.

  2. Maurizio Cortesi

    Interessante, finalmente qualcuno che parla di liquidità, capitale circolante ecc.: cioè di economia monetaria, visto che in Italia tutti parlano di soldi -che naturalmente non ci sono mai, il “non si arriva a fine mese” è il leitmotiv di politici e giornalisti che ci sia l’inflazione o la deflazione- ma nessuno capisce la moneta. Però al solito, questi piccoli e medi che rischiano di chiudere non potrebbero fondersi tra loro per continuare a fare concorrenza agli ex-monopolisti? O come al solito in Italia, la concorrenza e la libertà di mercato si risolve in logiche di nicchia, cioè di micromonopoli? Magari ci vorrebbe qualche piccola merchant bank o una Mediobanca per i piccoli, ma dov’è il Cuccia che arreda un salottino buono per veri cultori della concorrenza e del libero mercato?

  3. Pietro Della Casa

    Non è che il concetto stesso di liberalizzazione del mercato dell’energia, con la creazione di innumerevoli piccoli operatori finanziariamente deboli, sia essenzialmente insostenibile nel mondo reale, date le periodiche fluttuazioni dei prezzi e l’interesse strategico del settore?

    • Stago

      Rispondo SI a questa domanda retorica. La liberalizzazione e i supposti benefici per gli utenti si sono rivelati una utopia con la scoperta (dell’acqua calda) che le fonti energetiche sono un’arma nelle mani dei governi dei paesi produttori e che sull’energia si sta combattendo una guerra economica di portata mondiale. L’unico risultato delle politiche di liberalizzazione è stata la proliferazione smisurata di imbonitori telefonici insistenti che spacciano promesse fasulle e bugie vere e proprie.

  4. Rick

    Un paio di commenti.

    Le offerte fisse sono oggi meno desiderate dai clienti per motivi indipendenti dall’intervento del regolatore. L’aumento del tutto inaspettato del prezzo del gas e la grandissima incertezza sulla sua evoluzione futura costringono le imprese ad offrire tariffe fisse ad un livello di prezzi che i consumatori non reputano piú desiderabile.

    Un intervento del regolatore per ridurre il numero di retailers ed imporre requisiti minimi di capitalizzazione é secondo me desiderabile, e non vedo particolari rischi. La struttura del mercato – molte centinaia di operatori che competono sul prezzo – non mi sembra sia a particolare rischio di concentrazione.

  5. marcello

    Associatre alla liberalizzazione del mercato dell’energia la crescita della concorrenza e quindi prezzi più bassi é una indimostrata leggenda metropolitana o meglio é falsa. In UK dopo un avviso rampante si é stabilizzato un mercato con pochissimi operatori che si comportano come un oligopolio con leadership di prezzo se non come un vero e proprio trust. In Italia, prima della guerra, la bolletta media sul mercato libero era superiore per un 15-20%, rispetto a quella delj’acquirente unico.. per le aziende anche peggio, dall’inizio. Quindi la tesi che un monopolio naturale funzioni meglio privatizzato é semplicemente falsa. Unica eccezione, ma solo in Iralia, é la telefonia, dove però le pratiche di squeezing (qualcuno sa dirmi dove Iliad prende I margini?) stanno distrugggendo il mercato e le imprese che non posdono vedere sotto costo: ricordate la condizione di chiusura del mercato? la concorrenza di cui parlate anticipa solo l’ologopolio collusivo.

  6. L’articolo ignora la triste realtà del mercato energetico italiano, ovvero che si basa essenzialmente sulla truffa. Centinaia di fornitori luce e gas non sono altro che reseller di compagnie più grandi, i loro prezzi non sono mai competitivi e dunque approfittano della difficoltà di confronto delle offerte da parte del cliente finale per far accettare condizioni che questi non accetterebbe mai.
    Altro che maggiore concorrenza, per far scendere i prezzi bisognerebbe chiudere immediatamente almeno metà delle società operanti sul mercato!

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