Si può fare impresa in aree ad alta densità mafiosa? L’esperienza delle aziende di reggioliberareggio dimostra di sì. Facendo luce su successi e difficoltà, la prima indagine esplorativa delinea un quadro nuovo, pur in una situazione ancora complessa.
La rete di imprese “libere”
È possibile fare impresa con successo in un’area ad altissima densità mafiosa, facendo una chiara “scelta di campo” contro la criminalità organizzata? E come e quanto la mafia condiziona oggi il sistema produttivo in queste aree secondo le imprese?
A queste domande ha cercato di rispondere la prima indagine esplorativa condotta sulle imprese iscritte a reggioliberareggio, rete nata nel 2010 su iniziativa di Libera Reggio Calabria dopo l’attentato all’imprenditore Tiberio Bentivoglio e formata da un gruppo di imprese reggine che condividono e sottoscrivono una campagna di legalità e di contrasto alla mafia. L’indagine ha coinvolto circa trenta imprese, molto diverse dal punto di vista settoriale e dimensionale.
Emerge innanzitutto che la “scelta di campo” contro la mafia, ossia l’adesione alla rete, non penalizza le imprese, ovvero non determina contraccolpi negativi in termini di risultato economico e mercato. Anzi, forse le premia. Circa il 90 per cento delle imprese intervistate risultava infatti in utile, e sei su dieci presentavano un utile superiore al 10 per cento del fatturato: un dato al di sopra delle performance medie registrate tra le imprese reggine e calabresi. Osservando poi l’andamento di fatturato, margini e addetti negli ultimi tre anni emerge che circa il 70 per cento presenta una performance stabile o in crescita (Figura 1). Peraltro, alla richiesta di indicare se queste variabili sono migliorate o peggiorate successivamente all’anno di adesione alla rete, l’80 per cento circa dichiara che sono rimaste stabili o sono in crescita.
Figura 1– Utile netto su fatturato; e dinamica utile netto, fatturato e addetti negli ultimi tre anni
L’indagine ha permesso di evidenziare come queste imprese non perdono clienti B2C (business to consumer) o B2B (business to business) dopo l’adesione alla rete, ossia la loro capacità di stare e presidiare il mercato non ne viene significativamente intaccata. Né, tantomeno, incontrano problemi rilevanti nell’organizzare la produzione (si pensi, per esempio, ai possibili problemi nella gestione della rete di fornitura in ambienti ostili).
La comunità locale, evidentemente, anche in una zona tradizionalmente a fortissima pressione mafiosa come la provincia di Reggio Calabria, sta forse cambiando e, nella logica del consumo etico, premia evidentemente chi fa una scelta di legalità e trasparenza, considerandola un valore aggiunto, ancor più che un “marchio negativo”.
I fattori di competitività e i problemi
La buona performance aziendale è spiegata da diversi fattori di competitività, secondo le imprese stesse. Innanzitutto, la qualità e le risorse umane (il territorio, evidentemente, nonostante le sue criticità è capace di offrire profili formativi adeguati). A questi fattori si aggiungono la specializzazione (produzioni tipiche, esclusive, di nicchia), l’innovatività e la varietà dei prodotti (o servizi) offerti.
Le imprese che aderiscono alla rete incontrano invece più difficoltà su tre aspetti: capacità commerciale; innovazione di processo, in particolare riguardo alla digitalizzazione; internazionalizzazione. Il mercato è infatti prevalentemente locale e regionale; in alcuni casi tutt’al più nazionale; quasi mai estero. Su questi aspetti le imprese rivelano ritardi e debolezze organizzative che, loro malgrado, condividono con tante altre realtà imprenditoriali meridionali.
Per quanto riguarda invece la valutazione dei condizionamenti mafiosi sull’economia, viene fuori un quadro fosco, ma non quanto e come ci si aspetterebbe. È evidente che, secondo la testimonianza delle stesse imprese, la mafia rimane un problema drammatico, che grava pesantemente sulle attività economiche sotto varie forme (in diversi casi, le stesse imprese intervistate hanno sperimentato direttamente i condizionamenti mafiosi, via danneggiamenti, minacce, attentati). Come evidenzia la Tabella 1, il libero e pieno esercizio dell’attività d’impresa non è garantito a Reggio Calabria.
Ciononostante, secondo una parte rilevante degli imprenditori, la situazione in termini di possibilità di fare impresa liberamente è migliorata rispetto al passato (Tabella 2). L’azione dello stato di contrasto alla criminalità organizzata, giudicata dalla quasi totalità degli intervistati positivamente (o comunque non negativamente), ha consentito di rendere l’ambiente socioeconomico più vivibile rispetto al passato.
I condizionamenti mafiosi rimangono forti e pervasivi, ma quanto meno hanno “cambiato pelle”: sono meno diretti e tutt’al più mirati su specifici settori e funzioni aziendali. Secondo gli imprenditori, il business del pizzo è diventato più marginale e i condizionamenti rimangono forti su settori quali costruzioni e grande distribuzione, e su funzioni aziendali quali forniture e reclutamento del personale.
Un quadro più ottimista
Si tratta di risultati certamente da approfondire con ulteriori e più aggiornate indagini che tengano conto dell’impatto della pandemia. In ogni caso, aprono un quadro che, pur confermando tante situazioni, sorprende e propone elementi di novità e ottimismo. La libera imprenditorialità, magari con successo, non è facile, rimane rischiosa, in un contesto fortemente condizionato dalla criminalità organizzata come quello reggino, ma oggi appare decisamente più fattibile rispetto al passato.
Proprio perché tante imprese stanno cominciando a fare rete e a sganciarsi da determinate logiche, oggi più che in passato non vanno lasciate sole. Il supporto a 360 gradi (economico, ma non solo) da parte del tessuto istituzionale e associativo locale, per esempio attraverso premialità per chi denuncia e ulteriore potenziamento della vigilanza e del controllo sul territorio, appare un passaggio fondamentale. Il sostegno a queste imprese non può quindi essere meramente delegato alle reti volontaristiche, che pur operano egregiamente e coraggiosamente.
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