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Imparare a gestire il denaro è un affare di famiglia

La scuola non svolge alcun ruolo nell’educazione finanziaria degli adolescenti, che passa tutta attraverso la famiglia. Ne deriva un approccio alla gestione del denaro ancorato al passato. Rafforzare le proprie competenze sarebbe utile a genitori e figli.

I genitori insegnano la gestione del denaro

Il livello di educazione finanziaria in Italia è basso e non mostra segnali di miglioramento significativo. Gli sforzi fatti dagli educatori, in un decennio e più, non sono serviti a molto per tante ragioni, compreso il fatto che l’educazione finanziaria si impara in famiglia. La scuola e i soggetti terzi non riescono a proporre, purtroppo, un modello educativo integrativo.

Il nucleo familiare rimane per i ragazzi il centro focale dell’apprendimento dei principi necessari per affrontare la vita. Lo confermano i risultati di una recente indagine campionaria “Genitori e figli: quanto conta la famiglia nell’approccio all’uso del denaro da parte delle nuove generazioni” condotta tra settembre e ottobre del 2022 su 311 nuclei familiari rappresentativi della popolazione italiana.

Il quadro che emerge è quello di famiglie in grado di dialogare efficacemente al loro interno, ma che non trovano spazi dialettici esterni neanche con la scuola.

La dinamica relazionale all’interno della famiglia è fatta di quotidianità. La comunicazione sia in presenza che via sms, whatsapp ed e-mail avviene più volte al giorno. La dimensione familiare viene rafforzata dalle uscite ricreative comuni, che avvengono almeno due volte al mese per il 69 per cento dei genitori e il 67 per cento dei figli. Si tratta di comportamenti che si modulano diversamente a seconda dell’età dei figli, ma che sorprendono se si considera che si tratta di giovani in età adolescenziale (14-20 anni) usualmente allergici alla presenza di genitori.

I modelli educativi legati al rischio e all’avventura appaiono di prevalente competenza dei padri, mentre l’incoraggiamento verso le novità sembrerebbe più vicino a una sensibilità tipica delle madri. I genitori nei momenti di difficoltà rimangono un punto di riferimento certo per il 63 per cento del campione. Ma il 6 per cento degli adolescenti pensa di non poter trovare alcun conforto in famiglia; stessa percentuale per coloro che non si sentono mai incoraggiati a fare domande e a partecipare alle discussioni. Sembra, quindi, che circa il 6 per cento degli adolescenti si senta escluso dalla famiglia o senza ancora di salvezza.

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Per quanto riguarda gli aspetti relativi all’educazione alla gestione del denaro, appare lampante il role model genitoriale, più sentito per le figlie femmine (92 per cento) che per i figli maschi (88 per cento), e caratterizzato da un certo eccesso di fiducia dei padri (95 per cento) rispetto alle madri (92 per cento).

Concretamente, l’educazione alla gestione del denaro passa anche dalla condivisione con la prole delle scelte quotidiane e delle scelte economiche importanti che le madri, più dei padri, affermano essere una pratica molto frequente. È invece ridotta al minimo la dialettica dei ragazzi sui temi economici con soggetti terzi, come scuola, amici, parenti (figura 1).

Figura 1 – Domanda rivolta ai figli: con chi parli di questioni legate al denaro?

Quanto al ruolo della scuola, l’88 per cento dei genitori ritiene che sia un loro compito esclusivo parlare ai figli di denaro, e della sua gestione, anche se il livello di competenze autodichiarato è basso. Il 43 per cento dei figli afferma di non aver mai parlato della gestione del denaro a scuola con insegnanti e compagni. Le famiglie guardano alla scuola come luogo di formazione con prospettive divergenti: i ragazzi in modo più positivo dei genitori, mentre padri e madri sono maggiormente critici verso la classe insegnante.

L’atteggiamento verso spese e risparmio

Nell’insieme il passaggio di competenze e di atteggiamenti in materia di denaro sembra efficace per quanto riguarda il risparmio e la gestione del budget (di fatto le famiglie italiane sono tra le meno indebitate). Efficacia legata all’esempio più che a predicamenti.

I genitori dichiarano di avere le spese sotto controllo nel 93 per cento dei casi. Stessa cosa per i ragazzi: nel 47 per cento dei casi si dichiarano bravi a controllare le uscite. Madri e padri dicono di avere l’abitudine di pensare alla ripartizione del reddito tra consumo e risparmio nel 94 per cento dei casi. Un’abitudine trasmessa al 46 per cento dei figli che, se hanno soldi a disposizione, preferiscono risparmiare qualcosa per il futuro.

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Il 96 per cento dei genitori ha l’abitudine di pianificare, ma a genitori pianificatori non corrispondono figli portati alla pianificazione.

L’avversione al rischio è misurata attraverso una domanda che traduce numericamente l’opzione dell’uovo oggi verso la gallina domani e tende a misurare la preferenza temporale per il presente, legata alla dimensione del rischio di un rendimento futuro non certo. La preferenza per l’opzione uovo è manifesta in entrambi i gruppi, con una maggiore avversione al rischio delle madri rispetto ai padri (nelle risposte si registra un gap di 10 punti percentuali) che non si riflette sui figli, i quali pur preferendo l’opzione meno rischiosa non manifestano differenze di percentuali significative legate al genere (figura 2).

Figura 2 – Meglio un uovo oggi o una gallina domani?

Nel complesso, la continuità familiare genera un approccio alla gestione del denaro fortemente ancorato al passato, basato su una ripetizione di schemi che possono limitare la progettualità futura e l’autonomia dei figli.

È quindi necessario un maggior coinvolgimento delle famiglie nelle attività di educazione finanziaria, sia per aiutare gli adulti a intraprendere un processo di riqualificazione, sia per aiutare gli adolescenti ad affrontare il futuro grazie all’acquisizione di competenze che sono essenziali per guardare alle possibili difficoltà con serenità e fiducia nelle proprie capacità.

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  1. Firmin

    Sarebbe indispensabile fornire a tutti qualche elemento di calcolo delle probabilità e di teoria dei giochi (che una volta venivano acquisiti giocando a carte, dama, scacchi e altro nelle osterie). Chi è abituato a valutare i rischi, il futuro e le reazioni altrui è un cittadino più consapevole e più critico verso i messaggi di pubblicità, media e politici. Forse è proprio per questo che nelle scuole queste cose non si insegneranno mai.

    • Giovanna Paladino

      Ha ragione. Nel mio lavoro sull’effetto framing che ho descritto anche in un articolo su lavoce.info di qualche mese fa si poteva evince che chi sa calcolare la probabilità semplice e ancor più quella composta ha una maggiore probabilità di ricadere tra coloro che sulla base di vari test, incluso quello della Lusardi e Mitchell, sono tra coloro che possono essere definiti alfabetizzati dal punto di vista finanziario.

  2. L’analisi della dssa Palladino è impeccabile e finalmente ammette il sostanziale fallimento delle politiche in materia, nonché la bassa incisività del Comitato nazionale per l’educazione finanziaria. Ottima l’idea di riferirsi alle famiglie per diffondere la cultura finanziaria.
    Vanno lanciati segnali forti alla politica che volge lo sguardo altrove

    • Giovanna Paladino

      Veramente la ricerca non è contro il lavoro di nessuno. Quello che è evidente è che bisogna lavorare con i genitori se si vuole provare a fare dei progressi anche coinvolgendolo attraverso la scuola. Purtroppo la scuola da sola non funziona e non solo perché il corso di edufin non è obbligatorio ma anche perché i genitori no. Intendono delegare la materia e i ragazzi di soldi parlano prevalentemente con i genitori. Quindi il progresso in questa materia passa anche da un maggior coinvolgimento della famiglia.

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