Nella campagna elettorale per le regionali in Lazio, il tema della gestione dei rifiuti è rimasto sottotraccia. Ma in una regione che produce 2,9 milioni di tonnellate di rifiuti urbani non si può più tergiversare. È tempo di prendere decisioni nette.

Il piano di Roma

Ogni anno il Lazio produce circa 2,9 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, un volume in grado di riempire dodici Stadi Olimpici: di questi 1,6 milioni vengono dal comune di Roma e altri 0,6 dai comuni della provincia.

Era la metà del 2021 quando su questa testata avevamo sottolineato le difficoltà del Lazio nella gestione dei rifiuti urbani. Da allora qualcosa è cambiato, ma i problemi cronici dei rifiuti nella regione – e segnatamente nella capitale, che con i suoi rifiuti vale più di metà del totale – sono ancora lontani dal potersi dire risolti.

Dopo una campagna elettorale per le elezioni capitoline abbastanza fumosa sul tema, nella quale non si è mai parlato apertamente di inceneritori, l’emergenza dei rifiuti rimasti nelle strade è entrata nell’agenda della giunta Gualtieri. Dopo essere stato nominato commissario straordinario dal governo Draghi, il sindaco ha indicato un Piano per la gestione dei rifiuti di Roma capitale: una strategia incardinata sull’aumento delle raccolte differenziate (dal 45 per cento attuale al 65 per cento nel 2030 e al 70 per cento nel 2035), sul potenziamento del riciclo, sul recupero energetico dei rifiuti non riciclabili e sulla riduzione dello smaltimento in discarica (da 500 mila tonnellate all’anno a poco più di 20 mila nel 2035). La via indicata è quella di una rete di impianti, da quelli per la selezione dei rifiuti secchi (carta, cartone e plastica) a impianti per la produzione di biometano e compost dalla frazione organica, alla realizzazione di un inceneritore da 600 mila tonnellate all’anno, a servizio della capitale. È presto per dire se agli intenti seguiranno i fatti, ma certamente l’impostazione appare corretta.

Si tratta di un percorso che inevitabilmente ha riacceso le polemiche e gli animi, non senza alcune prese di consapevolezza, come la nascita del primo “Comitato del sì” all’inceneritore, con la partecipazione di cittadini stanchi delle promesse non mantenute e di associazioni per un ambientalismo “razionale”.

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Il dibattito cittadino ha portato alcune risposte ai tanti temi che attanagliano le coscienze quando si parla di recupero di energia dai rifiuti e si cita la parola “inceneritore”: dalla pericolosità per la salute, alla compatibilità di questa tecnologia con gli obiettivi dell’economia circolare, alle raccomandazioni Ue sul ruolo degli inceneritori nella transizione ecologica, alla taglia coerente o in eccesso rispetto ai bisogni della capitale. 

Domande complesse che non hanno risposte semplici

L’Europa chiede a tutti i paesi di riciclare il 65 per cento dei rifiuti urbani entro il 2035. Al contempo, chiede di fare scendere sotto al 10 per cento i rifiuti urbani che finiscono in discarica. La distanza tra le due cifre delimita lo spazio per quello che oggi è il migliore complemento al riciclo: il recupero di energia dai rifiuti, che per il 50 per cento è anche considerato rinnovabile.

È abbastanza immediato verificare che un impianto della taglia proposta per la capitale, circa 600 mila tonnellate all’anno di rifiuti trattati, simile a quella di Acerra in Campania, è una risposta coerente con gli indirizzi europei: il 35 per cento dei rifiuti non riciclabili prodotti nel Lazio equivale a circa 1 milione di tonnellate all’anno, quello della sola Roma a circa 600 mila tonnellate, appunto.

La realizzazione di un impianto a servizio di Roma non è certamente l’unico ingrediente di una strategia, ma è condizione necessaria per uscire dall’emergenza e affrontare con serenità una nuova prospettiva: l’aumento e il miglioramento della qualità delle raccolte differenziate presuppone la capacità di gestire gli scarti del riciclo. Il 20 per cento delle raccolte differenziate è ancora oggi rappresentata da scarti non riciclabili che devono essere smaltiti, rappresentando un costo e un problema, scarti che però possono diventare un combustibile ed essere utilizzati per produrre energia elettrica e calore in un impianto dedicato, l’inceneritore. 

L’inceneritore non è chiaramente la risposta a tutti i problemi di gestione dei rifiuti né tantomeno una soluzione per sempre: in futuro, sapremo certamente produrne di meno e gestirli meglio, ripensando in funzione del riciclo e del riuso tutto ciò che consumiamo, cambiando produzione e consumo per aumentare il contenuto di condivisione e servizio, come si è già iniziato a fare.

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Ma il meglio è nemico del bene recitavano già gli antichi. E tanti lustri di emergenza nella capitale insegnano che non è possibile indugiare oltre.

Finora il recupero di energia dai rifiuti è l’unica alternativa allo smaltimento in discarica, una tecnologia di transizione che abilita l’economia circolare, certamente non la penalizza: le regioni più avanti del nostro paese negli obiettivi ambientali, le esperienze dei maggiori paesi europei indicano chiaramente che il recupero energetico è complementare al riciclo, condizione necessaria a quest’ultimo ancorché non sufficiente.

Le elezioni regionali sono alle porte e occorre dirsi chiaramente quali sono gli orientamenti, in una città con 35 milioni di presenze turistiche all’anno e un Giubileo alle porte. 

Il piano di gestione rifiuti partorito dalla precedente amministrazione regionale a guida Pd-M5s aveva accuratamente evitato di affrontare le questioni, rimandando a politiche di prevenzione e alle “fabbriche dei materiali” il compito di sottacere i reali bisogni, con le conseguenze che sono drammaticamente sotto gli occhi di tutti.

Nella campagna elettorale per le elezioni amministrative del 12 e 13 febbraio il tema della gestione dei rifiuti è ancora una volta rimasto un po’ sottotraccia. Non è più possibile glissare. Ciascun partito dovrebbe guardare in faccia i cittadini, senza evadere la questione della gestione dei rifiuti, e dire chiaramente cosa intende fare. Le soluzioni ci sono e sono scritte, occorre sostenerle. Senza se e senza ma.

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