Dopo la pubblicazione del Rapporto Draghi, l’attenzione si è concentrata sugli ingenti investimenti necessari per stimolare crescita e aumenti di produttività. Ma i punti strategici centrali riguardano il diritto della concorrenza e il commercio con l’estero.
Autore: Alessia Amighini Pagina 1 di 9
Professore associato di Politica economica presso l’Università del Piemonte Orientale e Associate Senior Research Fellow nel programma Asia dell'ISPI. E' stata visiting scholar presso il Department of International Business and Economics dell'Universita' di Greenwich ed economista presso la United Nations Conference on Trade and Development. Ha pubblicato numerosi articoli sull’economia cinese e sull'espansione delle imprese cinesi all'estero su riviste accademiche internazionali quali China Economic Review, China and the World Economy, International Economics, World Development, World Economy. Tra i libri: L'economia della Cina nel XXI secolo (con F. Lemoine), Il Mulino, 2021; L'économie de la Chine au XXIè siècle (con F. Lemoine), La Découverte (in corso di pubblicazione); China Dream: Still coming True?, ISPI, 2016; Xi Jinping's policy gambles: The bumpy road ahead (con A. Berkofski), ISPI, 2015 e L'economia della Cina (con S. Chiarlone), Il Mulino, 2006.
La transizione cinese verso un nuovo modello di crescita è segnata dall’incoerenza tra obiettivi economici e fiscali. Il governo non affronta il problema centrale della debolezza della domanda interna, cosicché la crescita dipende ancora dall’export.
I sussidi statali ricevuti dalle case automobilistiche cinesi hanno contribuito al loro successo sui mercati internazionali. Si giustificano così i dazi compensativi imposti dall’Ue. Sembra cadere l’illusione di Pechino come partner commerciale affidabile.
Sono dazi compensativi quelli imposti dall’Unione europea ai veicoli elettrici prodotti in Cina. Ma la speranza che Pechino possa diventare un partner commerciale stabile e affidabile è un’illusione che mette a rischio la sicurezza industriale dell’Europa.
Il nuovo Piano Mattei raccoglie in un quadro generale una serie di progetti di sviluppo socio-economico e industriale avviati con i paesi africani. Permette così di rendere esplicita la portata complessiva della cooperazione italiana in Africa.
Sulla democrazia e sull’attività economica di Taiwan pende il nodo dei rapporti con la Cina, a maggior ragione dopo le ultime elezioni generali. Per il momento però non dovrebbero esserci conseguenze di rilievo, almeno per quanto riguarda l’economia.
La Cina è un pilastro dell’economia mondiale. Un suo rallentamento prolungato danneggerà sicuramente gli altri paesi. Ma comporterà anche una ricomposizione qualitativa e geografica di domanda e produzione globali. Cosa succederà nelle nazioni povere.
L’Italia gestisce l’uscita dalla Bri con equilibrio, mostrandosi aperta ad altre forme di collaborazione con Pechino. Ne potrebbe derivare quel miglioramento delle relazioni commerciali tra i due paesi che l’adesione al Memorandum nel 2019 non ha portato.
Dopo trent’anni di crescita costante, l’India ha una vivace attività manifatturiera ed è diventata uno snodo importante di commercio internazionale. Potrebbe diventare un alleato cruciale per il raggiungimento di alcune delle priorità strategiche dell’Ue.
Le tensioni geopolitiche spingono i paesi ad adottare politiche per rafforzare la capacità produttiva nazionale in fasi cruciali delle filiere di settori strategici, come quello dei microchip. Gli Stati Uniti sono i più attivi, ma anche la Ue si muove.