I cambi di gruppo parlamentare in corso di legislatura comportano un danno di immagine rilevante, con i partiti che reagiscono di conseguenza. Non tutte le strategie, però, sono efficaci allo stesso modo.
Autore: Andrea Ceron
Andrea Ceron (Ph.D. nel 2012) è Ricercatore in Scienza Politica presso l'Università degli Studi di Milano e co-fondatore di VOICES from the Blogs, spin-off dell'Università degli Studi di Milano. Si occupa di partiti, correnti di partito, e social media. Ha pubblicato 5 libri e oltre 30 articoli su riviste scientifiche internazionali. Il suo ultimo libro è intitolato: Social Media and Political Accountability (Palgrave, 2017).
Divisioni interne al partito del presidente del Consiglio e coesione tra i sindacati possono impedire a un governo di realizzare le promesse elettorali. Perché producono veti che, come in una palude, limitano la capacità d’intervento dell’esecutivo.
Confrontando le posizioni espresse nel discorso di insediamento di Giuseppe Conte con quelle dei suoi predecessori emerge un esecutivo a favore dell’intervento dello stato nell’economia, poco europeo, ma molto attento alla lotta alla corruzione.
Il governo Conte si regge su una sorta di divisione in zone di influenza realizzata dalla coalizione. La Lega detta legge nella dimensione sociale, cioè sulla questione immigrati. M5s nella dimensione economica, in particolare sul welfare. Quanto durerà?
L’unità di intenti tra Cgil e Pci (e i suoi eredi) si è interrotta da tempo. Ma ora la frattura può rivitalizzare la concertazione, almeno con le parti sociali moderate. Per il sindacato è un passo avanti rispetto all’unilateralismo degli ultimi anni.
Più della metà degli italiani sono convinti che la rete sia una fonte di informazione credibile. E non sono pochi quelli che la ritengono molto più attendibile dei giornali. Eppure, nei momenti di crisi sono i media tradizionali a generare un circolo virtuoso della fiducia verso le istituzioni.