È difficile ipotizzare futuri aumenti salariali “alla tedesca” nei contratti collettivi di lavoro italiani. A limitare lo spazio di manovra di sindacati e Confindustria è la stagnazione della produttività. Più facile procedere impresa per impresa.
Autore: Andrea Garnero Pagina 5 di 7
Economista del lavoro presso il Direttorato per l’Occupazione e gli Affari Sociali dell’OCSE. Ha ottenuto il PhD in economia presso la Paris School of Economics e l’Université Libre de Bruxelles. In precedenza, ha lavorato alla Commissione Europea e come assistente per gli affari economici e il G20 del Presidente del Consiglio. Fa parte della redazione de lavoce.info.
Un sistema di estensione formale dell’efficacia dei contratti può aiutare a combattere il fenomeno degli accordi pirata e a ridurre le disparità di trattamento. Non deve essere automatico, ma subordinato alla valutazione degli effetti economici e sociali.
Con la campagna elettorale si torna a parlare di salario minimo. Vale la pena allora discutere alcune obiezioni che vengono spesso sollevate contro la misura. Dal rischio di cancellare la contrattazione collettiva al livello ideale al quale fissarlo.
La mobilità è oggi il tratto caratterizzante del mercato del lavoro. La soluzione non è un ritorno all’articolo 18, ma dare priorità alle politiche attive, alla formazione professionale e soprattutto cominciare a pensare a nuove forme di protezione.
Il sistema delle relazioni industriali in Italia è percepito come eccessivamente conflittuale. Mentre invece il coinvolgimento delle parti sociali nelle decisioni più importanti può contribuire ad aumentare la consapevolezza di sfide e obiettivi comuni.
In Italia sindacati e associazioni datoriali sono ancora relativamente forti, almeno rispetto al declino generalizzato nella maggior parte degli altri paesi. Secondo i dati Ocse, la quota di lavoratori coperti da contratti collettivi è tra le più elevate.
La contrattazione collettiva offre minimi elevati, ma un’ampia fetta di lavoratori dipendenti ne è esclusa, in particolare al Sud e nelle piccole imprese. Non servono pene più severe: la soluzione passa per un sistema più semplice e più informazione.
Il mercato del lavoro italiano ha imboccato la direzione giusta, ma la strada per la creazione sostenuta di posti di lavoro di qualità è ancora lontana. Perché restano alcuni problemi strutturali. Come la produttività che non cresce da quindici anni. Importanti passi avanti con il Jobs act.
Un’indagine Ocse permette di delineare un quadro della qualità del lavoro nei vari paesi. L’Italia è vicina alla media nelle remunerazioni, debole nelle condizioni dell’ambiente lavorativo e agli ultimi posti per la protezione nel mercato del lavoro. Miglioramenti possibili.
L’esperienza di altri paesi suggerisce che un salario minimo definito a livello adeguato e, soprattutto, differenziato per età e aggiornato spesso può essere uno strumento utile per combattere il rischio povertà. Ma da solo non basta.