Sono molte le questioni ancora aperte nel dibattito sul salario minimo. Da un lato, l’ampia copertura della contrattazione collettiva non basta più a garantire a tutti una base salariale adeguata. Dall’altro, va riconosciuta più flessibilità al sistema.
Autore: Andrea Garnero Pagina 1 di 6
Economista del lavoro presso il Direttorato per l’Occupazione e gli Affari Sociali dell’OCSE. Ha ottenuto il PhD in economia presso la Paris School of Economics e l’Université Libre de Bruxelles. In precedenza, ha lavorato alla Commissione Europea e come assistente per gli affari economici e il G20 del Presidente del Consiglio. Fa parte della redazione de lavoce.info.
L’indice Ipca 2022 ha un valore più alto del previsto. Un vantaggio per i lavoratori che potranno così recuperare parte del potere d’acquisto perso a causa dell’inflazione? No, se ciò allontanerà il rinnovo dei contratti collettivi scaduti o in scadenza.
Anche in Italia i lavoratori dipendenti sono spesso soggetti a patti di non concorrenza. Il rischio è che si trasformino in un ostacolo alla mobilità del lavoro, già bassa nel nostro paese. Dovrebbe occuparsene l’Autorità garante della concorrenza.
L’idea della settimana corta merita attenzione. Non bisogna però confondere i risultati di alcune sperimentazioni con una vera e propria valutazione. Anche perché alla riduzione dei giorni di lavoro si può arrivare in modi diversi con effetti diversi.
Le clausole di non concorrenza vanno ormai ben al di là della protezione dei legittimi interessi del datore di lavoro. Negli Usa si pensa di vietarle. Perché limitano la diffusione della conoscenza, con effetti negativi sull’innovazione e la crescita.
Non sarà la direttiva europea sul salario minimo a risolvere i problemi della contrattazione collettiva italiana, in particolare quello dei contratti pirata. Il lavoro di monitoraggio e raccolta dati potrebbe però aiutare a fare qualche passo avanti.
Secondo i dati Istat gli occupati con contratti temporanei sono a livelli record. Ma gli accordi per periodi molto brevi riguardano solo poche specifiche professioni. Come nell’ultimo decennio, la durata media prevista per il 2021 è di circa 4 mesi.
Non rispettare i minimi tabellari e non applicare le garanzie di un contratto collettivo “leader” consente qualche piccolo guadagno occupazionale. Ma erode progressivamente il sistema di contrattazione collettiva e peggiora la qualità del lavoro.
La relazione del Gruppo di lavoro sugli interventi e le misure di contrasto alla povertà lavorativa in Italia traccia un quadro del fenomeno, indicando il numero dei lavoratori più a rischio. All’analisi affianca un pacchetto di proposte di riforma.
Disoccupazione diffusa e imprese che non trovano lavoratori. È un fenomeno che in Italia si manifesta da tempo, forse determinato in parte da un salto di qualità dell’industria, che ora cerca competenze più alte. Uno sguardo ai dati definitivi per il terzo trimestre, usciti il 14 dicembre.