Dopo aver vinto le primarie del centro-destra francese, Fillon sarà molto probabilmente il prossimo inquilino dell’Eliseo. La sua filosofia economica è di impronta fortemente liberale, tanto da rivendicare un debito verso Margaret Thatcher. Ma altri temi potrebbero essere il suo tallone d’Achille.
Autore: Andrea Goldstein Pagina 2 di 5
Andrea Goldstein è Senior Economist al Dipartimento economico dell’OCSE e dirige il desk India/Indonesia (ma le opinioni espresse nei suoi interventi sono personali). In precedenza è stato è Managing Director e Chief Economist di Nomisma, Vice Direttore UNESCAP e Heiligendamm-L’Aquila Process Support Unit e consulente IADB, DfID e Esteri. Andrea collabora regolarmente con Sole 24 Ore e Aspen Institute Italia e ha pubblicato libri sulle economie emergenti (Il miracolo coreano, 2013, L’économie des BRIC, 2013, L’economia del Brasile, 2012 e Bric, 2011), l’Italia (The Italian Economy after COVID-19, 2020 e Agenda Italia 2023, 2018) e le multinazionali emergenti (Multinational Companies from Emerging Economies, 2007). Il suo ultimo libro è Il potere del pallone (2022, ed. spagnola 2023). È Past President di BAA Parigi e insegna regolarmente in Cattolica, UNIBO e ISTAO.
Con il suo avanzo delle partite correnti, la Germania è oggi il maggior responsabile degli squilibri finanziari globali. Imprese e famiglie risparmiano e non fanno gli investimenti che contribuirebbero alla crescita europea. Il confronto con la Cina e l’importanza delle filiere internazionali.
Al G20 di Hangzhou, la Cina ha giocato tutte le sue carte per presentarsi come una vera superpotenza. E ha ottenuto alcuni risultati importanti su innovazione e sviluppo sostenibile. Minori i progressi sul commercio. L’impegno, insieme agli Stati Uniti, a ratificare l’accordo di Parigi sul clima.
L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea preoccupa la Cina. Le prime conseguenze vanno dalla volatilità dei cambi alla perdita di un alleato per il riconoscimento dello status di economia di mercato. E si complicano le prospettive economiche del paese alle prese con una delicata transizione.
Con l’eccezione di alcuni settori, l’Italia importa sempre più dalla Cina ed esporta meno. Perché consumiamo più beni e le nostre filiere industriali incorporano più Made di China. Mentre non accade il contrario. Per restringere il divario bisogna puntare sui settori giusti.
Il nostro paese e il Regno Unito hanno stretti rapporti economici. E le conseguenze per l’Italia e gli italiani di una eventuale Brexit potrebbero non essere irrisorie, anche se è difficile quantificarle in questo momento. Effetti dell’abbandono delle quattro libertà fondamentali comunitarie.
Il rallentamento della Cina mette a rischio sia l’armonia all’interno del paese asiatico sia il benessere del resto del mondo. Condividere le responsabilità globali è la maniera migliore per traghettare la seconda economia mondiale verso un sentiero di crescita più modesto, ma anche meno fragile.
Al di là degli stereotipi, Germania e Italia non sono così lontane tra loro. Anzi, le cifre rivelano l’interdipendenza tra due economie sempre più simili, con un commercio bilaterale tutto sommato equilibrato. Anche in Europa gli interessi sono spesso gli stessi. Manifatturiero e sfide del futuro.
Dalla fine del 2014, il rallentamento della crescita cinese preoccupa Pechino e il resto del mondo. Ma per essere sostenibile nel tempo, dovrà contare sempre di più sulla domanda interna e meno su quella estera. Per questo è significativo che lo yuan entri nel paniere di valute che utilizza il Fmi.
La Francia ha subito due attacchi terroristici nel 2015. Se a gennaio gli effetti economici sono stati tutto sommato contenuti, ora le conseguenze potrebbero essere più pesanti. Il turismo è tra i settori più colpiti. Come cambiano consumi e mercato immobiliare. I costi dei controlli alle frontiere.