La Commissione europea propone diverse ricette per gli eurobond. Meglio quella che prevede una sostituzione parziale del debito con garanzia congiunta da parte degli stati dell’area euro. Il trasferimento di sovranità fiscale proposto dalla Commissione è solo burocratico; occorre una maggiore legittimazione politica. Intanto comincia a crollare il mito della Bundesbank, costretta a comprare il debito tedesco.
Autore: Angelo Baglioni Pagina 16 di 20
È professore ordinario di Economia Politica presso l’Università Cattolica di Milano. È direttore di Osservatorio Monetario e membro del Comitato direttivo del Laboratorio di Analisi Monetaria (Università Cattolica e ASSBB). E’ presidente di REF Ricerche. Dal 2018 al 2020 è stato membro del Banking Stakeholder Group della European Banking Authority. Dal 1988 al 1997 è stato economista presso l’Ufficio Studi della Banca Commerciale Italiana (ora Intesa Sanpaolo). I suoi interessi di ricerca si collocano nell’area dell’economia monetaria e finanziaria. Ha scritto numerosi articoli su riviste internazionali e libri; l’ultimo è Monetary policy implementation (Palgrave 2024).
I mercati finanziari hanno accolto molto bene i risultati del vertice europeo del 26 ottobre. I governi sono stati capaci di evitare una rottura drammatica tra di loro e con le banche, dando l’impressione di avere preso misure importanti e promettenti. A ben vedere, però, il comunicato finale desta qualche perplessità . Sulla Grecia si è arrivati a una insolvenza mascherata, che potrà avere effetti destabilizzanti. L’intervento sulle banche potrebbe provocare una stretta creditizia. La riforma del Fondo europeo di stabilità è ancora avvolta nella nebbia.
Gli Eurobond non sono necessariamente un regalo della Germania ad altri paesi dell’area euro. Possono essere concepiti in modo tale da abbassare il costo del debito pubblico per alcuni paesi, senza infliggere oneri sugli altri. Bisogna però osservare alcune regole. In particolare, per evitare sussidi incrociati, ciascun paese potrebbe contribuire a garantire gli Eurobond in due modi: alta reputazione di solvibilità o deposito in cash.
La crisi di liquidità nell’area euro si aggrava e investe le banche italiane. Che si difendono aumentando i tassi alla clientela, in controtendenza rispetto ai tassi del mercato finanziario. E appoggiandosi alla costosa stampella della Banca centrale europea. Prima o poi si dovranno rassegnare ad abbassare i loro obiettivi di redditività . Intanto, a pagare il conto della crisi sono sempre i soliti: le famiglie e le imprese.
Eurobond, Project bond, EuroUnionBond campeggiano sulle pagine dei giornali. Possono sembrare tutti uguali, ma non lo sono. Cerchiamo di capirci qualcosa, mettendo in evidenza gli elementi essenziali di ciascuna proposta, le differenze che le caratterizzano e i rispettivi pregi e difetti.
Il mercato monetario dell’area euro mostra oggi i sintomi di una crisi di liquidità , come quella che ebbe inizio nell’agosto 2007. Questa volta però le banche italiane sono molto più esposte alla bufera, perché i titoli pubblici italiani hanno preso il posto dei famosi asset tossici che causarono la crisi di allora. Se questi primi sintomi dovessero aggravarsi, la stabilità del nostro sistema bancario poggerebbe sullÂ’assistenza della Bce.
Quella a cui stiamo assistendo da venerdì scorso sui mercati finanziari è una crisi di fiducia nella governance politica dell’Italia, ma anche dell’Europa. Il vertice dell’Eurogruppo di lunedì non ha raggiunto alcun vero risultato. Il coinvolgimento del settore privato pesa come un macigno sulla trattativa relativa al piano di assistenza finanziaria alla Grecia. Con proposte di soluzione diverse tra il piano tedesco, quello francese e l’ipotesi del buyback. E così l’euro rischia sempre di più.
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La crisi greca è stata gestita davvero male e ha provocato un notevole aumento dei suoi costi. Ma il caso Grecia mette in luce la debolezza della governance europea e la mancanza di leadership dei governanti. Che si sono mossi sotto la pressione di scadenze elettorali immediate, senza una visione di lungo periodo. Per evitare che si ripetano gli stessi errori, si deve fare un salto di qualità , puntando su un grado di integrazione maggiore dell’attuale. Un primo passo potrebbe essere quello di affidare la gestione delle crisi debitorie a un organismo tecnico e indipendente.
Grazie dei commenti. È bene chiarire che non si dovrebbe fare alcuna distinzione tra diverse categorie di detentori dei titoli di stato greci destinati a diventare junior rispetto al credito vantato dallo Efsf. Ovviamente non sarebbe tollerabile (e neanche legalmente possibile) danneggiare maggiormente i piccoli risparmiatori. Questi ultimi sarebbero danneggiati al pari delle banche e degli altri investitori istituzionali da un calo del valore dei titoli in seguito al buyback. DÂ’altronde, come spiego nellÂ’articolo, una qualche forma di trasferimento di ricchezza dai detentori di titoli circolanti sul mercato allo stato debitore è necessario, affinché lÂ’operazione sia utile ad alleggerire il peso del debito per la Grecia. La soluzione avanzata nellÂ’articolo (buyback finanziato da un prestito senior da parte dello Efsf) mi sembra la meno traumatica. Può sembrare un intervento forzoso, come osserva un lettore, e in un certo senso lo è, poiché introducendo un nuovo creditore senior (lo Efsf) produce una svalutazione dei titoli in circolazione. Tuttavia lÂ’operazione si baserebbe sulla partecipazione volontaria dei creditori: ciascuno può decidere se vendere i suoi titoli oppure no. Inoltre essa non modifica unilateralmente alcuna caratteristica dei titoli in circolazione: valore facciale, interessi, scadenza. Ciò avrebbe il vantaggio, ad esempio, di non fare scattare la clausola di credit event nei Cds; probabilmente consentirebbe alla Bce di continuare ad accettare i titoli di stato greci come collaterale nelle operazioni di politica monetaria. Per queste ragioni, la soluzione proposta nellÂ’articolo (leveraged buyback con status di creditore privilegiato dello Efsf) mi sembra preferibile al buyback puro (finanziato dalla stessa Grecia con risorse proprie) e ad altre soluzioni già discusse in lavoce.info.  Â
La ristrutturazione del debito greco è destinata ad avere pesanti effetti destabilizzanti sui mercati finanziari e sui debitori sovrani periferici. Per contenere al minimo questi effetti, bisogna adottare una soluzione che veda una partecipazione volontaria dei creditori. Qui si suggerisce un riacquisto di parte del proprio debito da parte del governo greco, finanziato da un prestito senior del Fondo europeo di stabilità .