La Lega calcio si appresta a vendere i diritti della Serie A per il triennio 2018-2021. Il bando accoglie i rilievi dell’Antitrust, ma resta ancorato al concetto di piattaforma. Più vantaggiosa per tutti sarebbe stata una vendita per prodotto.
Autore: Augusto Preta Pagina 5 di 6
Fondatore di ITMedia Consulting, è stato consulente dell’Agcom in qualità di esperto e coordinatore del Libro Bianco sui contenuti. E’ stato consulente di Vivendi in occasione della fusione Newscorp / Telepiù. Ha partecipato a studi e ricerche per conto della Commissione Europea. Ha pubblicato presso Vita e Pensiero “Economia dei Contenuti” (2007) e “Televisione e mercati rilevanti” (2012). Docente di economia dei media, è Presidente del chapter italiano e membro del Board of Directors dell’International Institute of Communications (www.iicom.org). aupreta@gmail.com
Con una decisione molto attesa, l’Agcom ha accertato che la partecipazione azionaria di Vivendi in Tim e Mediaset viola le norme. Ma il vero problema è una legge sulle telecomunicazioni che non risponde più allo sviluppo del mercato.
Dopo aver cambiato il modo di guardare la tv, Netflix e Amazon si affrontano su scala mondiale per conquistare l’egemonia nel mercato della produzione e distribuzione di contenuti televisivi. Il processo riguarda anche l’Italia e sarebbe bene occuparsene prima che sia troppo tardi.
Prima un accordo per lo scambio di azioni, poi la rottura, oggi la scalata di Vivendi al capitale di Mediaset. I passaggi di questa travagliata vicenda alla luce delle trasformazioni in corso nel mercato della televisione. Con nuovi modelli di business, nuove tecnologie e nuovi protagonisti.
L’accordo Vivendi-Mediaset conferma che i contenuti audiovisivi sono il fattore chiave per lo sviluppo delle reti a banda larga e ultra larga. Se la sfida si gioca sulla produzione dei contenuti e sulla loro distribuzione online, gli operatori europei studiano le strategie per rispondere a Netflix.
Finalmente arriva anche in Italia Netflix, la società che offre film e serie in streaming. Come cambierà il nostro panorama televisivo? Nei primi tempi è probabile che si affermi un modello complementare di fruizione da parte dei consumatori. Ma poi a soffrire saranno soprattutto le pay tv.
Sul tema dello zero rating si combatte in Europa un’aspra battaglia che rischia di far arenare anche la proposta di legge europea sulla neutralità della rete. Eppure, a prima vista sembrerebbe un falso problema, visto che a trarne vantaggio è il consumatore. Perché è meglio decidere caso per caso.
Il principio di net neutrality, cardine del modello di Internet aperto che conosciamo, è stato recentemente rimesso in discussione da una Sentenza della Corte di Columbia. Un’analisi economica dell’evoluzione della rete. Questione che anche l’Europa prima o poi dovrà affrontare.
La crisi della Rai è più profonda di quello che appare all’esterno e non basta nominare manager capaci e sganciati dai partiti per farla ripartire. Il taglio di circa 250 milioni al bilancio ha sottratto risorse anche agli investimenti su prodotto e contenuti. Ma è proprio su qualità e innovazione che si gioca il futuro della Rai. Perché la competizione per un editore televisivo, soprattutto se di servizio pubblico, è oggi più che mai sui contenuti e sulla loro capacità di essere attraenti, convenienti e accessibili in ogni momento, in ogni luogo e su ogni apparato e piattaforma.
Il ministro Bondi ha avanzato l’ipotesi di una Rai senza pubblicità, sull’onda di una recente riforma francese. Ma in Francia ci si proponeva almeno di redistribuire le risorse pubblicitarie tolte al servizio pubblico a canali privati, radio, stampa e nuovi media. Un progetto fallito per l’insorgere della crisi. E che ora si trasforma in un impoverimento di tutti i media, pubblici e privati. In Italia, le perdite per la tv pubblica sarebbero ben più consistenti e avrebbero conseguenze ancora più negative sull’intero sistema televisivo nazionale.