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Autore: Charles Wyplosz Pagina 3 di 4

Charles Wyplosz, PhD ottenuto alla Harvard University, è professore di Economia Internazionale all’Istituto di Studi Internazionali di Ginevra dal 1995. E’ direttore dell'International Centre for Monetary and Banking Studies di Ginevra ed è stato consulente di Banca Mondale, FMI e dell’Harvard Institute for International Development.

ASPETTANDO UN EURO PIU’ DEBOLE *

Oggi l’euro è forte, ma tornerà a deprezzarsi. Quando? Probabilmente, abbastanza presto. L’amministrazione Bush sembra correre ai ripari sul disavanzo pubblico. E con la crisi del mercato immobiliare le famiglie americane riscoprono il risparmio. Per accelerare l’indebolimento dell’euro, la Bce potrebbe abbassare i tassi d’interesse. Ma la Banca teme a ragione l’impatto dell’aumento del prezzo del petrolio sull’inflazione. Se la recessione si espande, però, la quotazione del greggio si abbasserà. E il provvedimento sarà di nuovo all’ordine del giorno.

DOVE FINISCE L’INDIPENDENZA DELLA BCE*

L’indipendenza della Banca centrale europea è senz’altro un bene. A patto che siano rispettate quattro condizioni: la Bce deve rispondere delle sue azioni; i suoi obiettivi devono essere accettati a larga maggioranza; deve illustrare chiaramente le decisioni adottate e le loro motivazioni. E tra Bce e governi deve sussistere un dialogo continuo, per garantire il necessario coordinamento nella gestione della politica macroeconomica. Per questo servono alcuni cambiamenti. Per esempio, a definire l’obiettivo di inflazione dovrebbe essere l’Eurogruppo.

UN PATTO DA RINAZIONALIZZARE*

Anche dopo i cambiamenti introdotti nel 2005, il Patto di stabilità e crescita non costituisce la giusta risposta alla necessità di imporre ai governi una disciplina di bilancio. Meglio sarebbe affidare a ogni stato membro l’incarico di mettere a punto un meccanismo efficace di controllo del deficit, che si fondi su un maggior potere del ministero delle Finanze, una procedura di preparazione del bilancio in due tempi, l’impossibilità per il Parlamento di modificare il saldo di bilancio e l’istituzione di un’alta commissione di esperti con compiti di controllo.

Navigazione a vista per la Bce *

La Banca centrale europea seguirà l’esempio della Fed e taglierà i tassi di interesse? E’ poco probabile in questa fase. Intanto, perché ormai i cicli economici americani precedono i cicli europei di più di dodici mesi. E la crisi è tutto sommato di proporzioni modeste. La Bce cerca un difficile equilibrio per far tornare la fiducia nei mercati senza “premiare” le banche troppo imprudenti. Lo scenario più probabile è che continui la situazione d’instabilità, col rischio di sfociare in una vera e propria recessione mondiale.

La Francia abbassa le tasse. Sugli straordinari *

Se si considera che la manovra avrà scarso impatto sull’occupazione e che i costi per il bilancio saranno elevati, la defiscalizzazione degli straordinari sembra proprio una cattiva idea. E’ sbagliato decidere per legge l’orario di lavoro, meglio sarebbe lasciare libere le parti sociali di trovare un accordo, settore per settore. Però, il provvedimento contribuirà comunque a ridurre il costo del lavoro e ad aumentare le ore lavorate. Un bene per l’economia francese. Anche se per raggiungere gli stessi scopi esistono altri strumenti, meno distorsivi.

Wolfowitz “graziato” dagli europei *

L’affare Wolfowitz è un esempio lampante dell’incomprensibile sudditanza verso gli Stati Uniti che molti paesi dimostrano all’interno delle organizzazioni internazionali. Primi fra tutti quelli europei. Il presidente della Banca Mondiale non è difeso da nessuno, tranne Bush. I suoi giorni sono sicuramente contati. Tra qualche settimana al massimo darà le dimissioni “per motivi personali”. Ma lasciarlo andar via a testa alta è scandaloso e appanna l’immagine della Banca Mondiale, rafforzando per giunta l’impressione di strapotere Usa.

Una campagna senza Europa*

Nella campagna elettorale francese si parla molto poco di Unione Europea. Difficile credere che i francesi si disinteressino della questione e che i candidati non abbiano niente da dire. Probabilmente evitano un argomento scottante. Ma perché la Francia, un tempo al vertice della costruzione europea, ha perduto gran parte della sua influenza? Per due malintesi, dagli effetti disastrosi: l’idea di Europa-potenza e il rifiuto dell’economia di mercato.

Dopo Singapore*

La riunione annuale del Fondo monetario non ha indicato come aumentare l’influenza dei paesi in via di sviluppo senza ridurre quella degli americani e degli europei. Non c’è da stupirsene. Ora, si continuerà a negoziare e si correggerà leggermente il sistema delle quote. Ma una vera redistribuzione dei poteri sarà ancora rinviata. E ciò non cambierà la determinazione dei grandi a conservare il loro potere. Intanto alcuni paesi potrebbero decidere di organizzarsi tra loro e di ignorare l’Fmi. E’ un’idea molto in voga in Asia.

Perché l’Fmi è in tumulto*

Acque agitate al Fondo monetario internazionale. Già da tempo si discute su come adeguare l’assetto della dirigenza. Ora arriva la proposta di aumentare il peso dei paesi asiatici. Naturalmente, a scapito degli europei che crescono molto più lentamente. Ma che all’interno del Fondo, insieme agli Stati Uniti, hanno maggior potere. Una riforma passa allora per una revisione del sistema delle quote e delle circoscrizioni che portano alla nomina dei direttori. Mentre anche il tacito accordo che vede sempre un europeo al vertice è ormai superato dalla storia.

Il cinismo della Francia*

Il primo ministro britannico ha provato a utlizzare il bilancio per imporre una profonda riforma dell’Unione Europea. Non ci è riuscito e ora assistiamo ai soliti mercanteggiamenti venati di nazionalismo. Eppure, la Commissione va liberata dalle procedure burocratiche pesantissime che le impediscono di agire. Così come bisogna rinunciare alla distribuzione a pioggia delle risorse. Pac e ai fondi strutturali non sono altro che enormi spechi di denaro. Eliminarle non avrebbe alcun effetto sul recupero e sulla coesione dei paesi all’interno dell’Unione.

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