Il Consiglio dei ministri ha varato i primi provvedimenti sulla scuola. Sono tre sono le questioni che avranno gli effetti maggiori sul suo funzionamento: gestione del personale insegnante, rigidità degli insegnamenti e ruolo dei dirigenti. Per tutte e tre restano aperti i problemi di attuazione.
Autore: Daniele Checchi Pagina 4 di 8
Professore di economia del lavoro all’Università Statale di Milano. Attualmente Dirigente del Centro Studi e Ricerche di Inps. Ha collaborato come consulente economico del sindacato e successivamente ha partecipato a diverse ricerche sulla contrattazione decentrata. Si occupa di comportamenti sindacali e di economia dell’istruzione. È stato membro del Consiglio Direttivo di ANVUR (Agenzia Nazionale per la Valutazione delle Università e della Ricerca) nel periodo 2015-19.
Redattore de lavoce.info.
Dal 2015 tutte le scuole statali saranno coinvolte in un processo di autovalutazione. Il problema è che potrebbero non avere tutte le informazioni necessarie per compilare il rapporto. Dati disomogenei potrebbero portare a valutazioni errate. Linee guida del ministero e priorità di miglioramento.
La “buona scuola” del Governo Renzi prevede a regime investimenti massicci. Ma dove è meglio indirizzare le risorse? Sui primi gradi di istruzione o sul livello universitario? I dati sembrano suggerire che il divario più consistente da colmare con i paesi europei è nella formazione terziaria.
A due anni dall’ultimo concorso, si ritorna a parlare di reclutamento nella scuola. La proposta del ministro Giannini proroga una graduatoria che doveva avere validità limitata, rimettendo in discussione i punti fermi raggiunti.
I dati del Rapporto Anvur sullo stato del sistema universitario ci dicono che su cento iscritti a un corso di laurea triennale, solo cinquantacinque arrivano alla laurea e quattordici alla laurea magistrale. Tocca alla politica decidere gli obiettivi dell’università e le risorse per conseguirli.
Il decreto legge approvato lunedì dal Consiglio dei ministri rappresenta una chiara inversione di tendenza rispetto a quanto realizzato dai due governi precedenti, Monti e Berlusconi. Aver preso atto che il settore della scuola non poteva essere ulteriormente sacrificato per ragioni di pareggio di bilancio, e che gli insegnanti italiani stanno andando in pensione a ritmi sempre più elevati per ragioni puramente anagrafiche ci sembra un segnale politico importante
La neoministro dell’Istruzione è chiamata ad affrontare subito questioni complesse come il reclutamento, la valutazione e la conseguente premialità nella scuola e nell’università. Sono temi spinosi, ma chi valuta e seleziona i percorsi formativi dei giovani non può sottrarsi a processi analoghi.
Lascia molto a desiderare l’auto-valutazione del Governo su scuola e università. Un lungo elenco che pare più un programma (o una lista di desideri) che una serie di obiettivi centrati. E in tema di finanziamento agli atenei, assoluta continuità con il precedente Governo.
Le slides della presentazione che il professor Checchi ha tenuto in occasione del Convegno del 4 luglio, nel giorno del decennale de Lavoce.info. Scarica l’allegato in pdf.